Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3991 del 18/02/2011

Cassazione civile sez. II, 18/02/2011, (ud. 13/10/2010, dep. 18/02/2011), n.3991

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 10514/2005 proposto da:

B.I. (OMISSIS), P.N.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PIER LUIGI

DA PALESTRINA 63, presso lo studio dell’avvocato CONTALDI Mario, che

li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COSCIA MARCO;

– ricorrenti –

contro

G.V. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA MARCELLO PRESTINARI 13, presso lo studio dell’avvocato

RAMADORI Giuseppe, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato CATERINA FRANCESCO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 573/2004 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 09/04/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/10/2010 dal Consigliere Dott. IPPOLISTO PARZIALE;

udito l’Avvocato Romano RICCI, con delega depositata in udienza

dell’Avvocato Mario CONTALDI, difensore dei ricorrenti che si riporta

agli scritti difensivi;

udito l’Avvocato Marco RAMADORI, con delega depositata in udienza

dell’Avvocato Giuseppe RAMADORI, difensore del resistente che si

riporta agli scritti difensivi;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – G.V., nel novembre del 1990, citava in giudizio i coniugi B.I. e P.N. per aver questi aperto una porta e due finestre sulla loro proprietà in violazione delle distanze, chiedendo la rimessione in pristino.

I convenuti, costituitisi, affermavano di aver semplicemente ripristinato la situazione precedente.

Espletata CTU ed escussi testi, il GOA respingeva la domanda, condannando l’attore alle spese.

2. La Corte d’appello di Torino, con la sentenza oggi impugnata (la n. 573 del 2002), accoglieva il gravame del G.V., ritenendo che erroneamente il giudice di primo grado aveva affermato che incombesse all’attore, che agiva in negatoria servitutis, provare l’avvenuta modifica dei luoghi, dovendo egli solo provare, così come aveva fatto, la violazione delle distanze ed incombendo, invece, ai convenuti provare il proprio diritto a mantenere la porta e le finestre alla distanza inferiore a quella legale.

La Corte territoriale escludeva anche che fosse stata raggiunta la prova dell’esistenza di una servitù al riguardo. Infatti, i coniugi B. – P. avevano acquistato l’immobile nel 1988 e le prove testimoniali, così come la CTU e le foto prodotte, non avevano consentito di far ritenere provato che i coniugi in questione e i loro danti causa avevano posseduto la servitù per vent’anni anteriormente alla notifica dell’atto di citazione (20 febbraio 1990). La Corte riteneva, infine, assorbito l’ultimo motivo di appello sulla regolarizzazione della luce e ciò in assenza di prova sulla avvenuta usucapione della servitù.

3. – Avverso tale decisione propongono impugnazione i coniugi B.I. e P.N., i quali articolano tre motivi.

Resiste con controricorso G.V.. Le parti hanno depositato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – I motivi del ricorso.

1.1 – Col primo motivo si deduce “violazione ed errata applicazione dell’art. 1142 cod. civ. – omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della sentenza, prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio”. La corte territoriale aveva errato perchè, in tema di usucapione, “vige una presunzione posta dall’artìcolo 1142 codice civili della continuità del possesso” con conseguente “inversione dell’onere della prova non essendo il possessore … tenuto a dimostrare la continuità del possesso”, ma incombendo all’altra parte l’onere di “provare l’avvenuta interruzione del possesso”. Inoltre, con i testi e con l’interrogatorio formale del G.V. avevano provato l’esistenza da tempo immemorabile della finestra e della porta. Del resto, senza l’apertura in questione l’immobile sarebbe stato inaccessibile.

1.2- Con il secondo motivo si denuncia “omessa insufficiente contraddittoria motivazione su un punto decisivo della sentenza circa la mancata valutazione di alcune risultante istruttorie”. La corte territoriale non avrebbe tenuto conto “di tutti gli elementi di fatto ampiamente messi in luce dalla difesa del C. nella comparsa conclusionale del 5 giugno 2002”.

1.3 – Col terzo motivo si deduce “violazione dell’art. 112 c.p.c., per ultrapetizione, e violazione dell’art. 345 c.p.c., sul divieto di domande nuove in appello – omessa motivazione su un punto decisivo della controversia”. Gli odierni ricorrenti avevano sollevato la questione dell’inammissibilità del motivo di appello del G. V. circa il mancato ordine di ripristino. La Corte territoriale non ne aveva tenuto conto, omettendo quindi di considerare che “il chiesto ripristino configurava una domanda totalmente nuova” esulante dal petitum originario, proposto solamente la prima volta nella conclusionale del 1 luglio 1999.

2. – Il ricorso è infondato e va respinto.

2.1 – Quanto al primo motivo occorre rilevare che la Corte d’appello ha motivato in ordine all’onere della prova, affermando che avendo il G. agito in negatoria servitutis in relazione alle distanze tra fabbricati e nella sua qualità di proprietario, non aveva alcun onere se non quello di dimostrare la violazione della distanza, incombendo invece ai convenuti di dimostrare il proprio diritto a mantenere la porta e le aperture a distanza inferiore a quella legale. Al riguardo la Corte territoriale ha anche osservato come i convenuti in primo grado non avessero neanche esplicitato in maniera chiara un’eccezione di usucapione della servitù atta a paralizzare la domanda attorea, limitandosi a dedurre prove sull’esistenza da tempo delle aperture oggetto di contestazione. Le affermazioni della Corte territoriale sono corrette e sono in linea con la giurisprudenza prevalente di questa Corte che nega l’onere di fornire la prova rigorosa della proprietà da parte di chi agisca con l’actio negatoria servitutis, prevedendo invece che incombe al convenuto l’onere di provare l’esistenza del diritto a lui spettante. Corretta appare anche la qualificazione della domanda come actio negatoria servitutis, avendo l’odierno intimato proposto domanda di rispetto delle distanze legali di costruzioni, che può essere ravvisata anche ove manchi la richiesta di demolizione delle opere costituenti esercizio della servitù.

Per quanto su esposto il primo motivo risulta del tutto infondato. La Corte territoriale ha, infatti, affermato che gli appellati (odierni ricorrenti) dovevano provare che essi e i loro danti causa avevano posseduto la servitù per un periodo di 20 anni anteriormente alla notificazione dell’atto di citazione. Ciò non era avvenuto, posto che dalle prove testimoniali espletate e valutate dalla Corte d’appello, in relazione allo specifico motivo di impugnazione, era risultato che la teste T.V.D., venditrice dell’immobile, aveva dichiarato che “la porta era visibile all’esterno, ma murata all’interno, e che vi era una sola finestra, ciò nel 1978”. Tale circostanza era stata confermata anche dal teste N., marito della predetta, mentre tutti gli altri testi, ad avviso della Corte territoriale, pur avendo confermato l’esistenza della porta e delle finestre non avevano potuto indicare la data in cui le stesse erano già in loco. Ancora la Corte ha osservato che non potevano soccorrere nè le foto dell’immobile, prive di data, nè la CTU. Sulla base della valutazione del materiale probatorio risultava quindi del tutto escluso che la pretesa servitù potesse essere invocata per un periodo di almeno venti anni prima della citazione in giudizio, posto che l’unica dichiarazione utile risaliva al 1978, l’acquisto era avvenuto nel 1988 e la causa era iniziata nel 1990. Di qui anche l’improprio richiamo all’art. 1142 cod. civ..

2.2 – Il secondo motivo appare inammissibile perchè generico e formulato in violazione del principio di autosufficienza. Infatti i ricorrenti si limitano ad osservare che la Corte d’appello sarebbe giunta a una diversa conclusione solo se avesse valutato “gli elementi di fatto ampiamente messi in luce dalla difesa di B. nella comparsa conclusionale 5 giugno 2002”. I ricorrenti non indicano quali sarebbero gli elementi di fatto non considerati dalla Corte e che avrebbero potuto portare a una diversa conclusione, avendo invece la Corte ampiamente esaminato le risultanze istruttorie e motivato sul punto.

2.3 – Infine, anche il terzo motivo appare infondato. I ricorrenti lamentano che il giudice dell’appello ha ammesso ed accolto il motivo di gravame del G. relativo all’ordine di ripristino dei luoghi e ciò, in violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 345 c.p.c., pur in presenza dell’eccezione d’inammissibilità del motivo di appello proposta dagli odierni ricorrenti.

Dalla esposizione dello svolgimento del processo contenuta nella sentenza impugnata risulta invece che il G.V. con la citazione in data 20 febbraio 1990 aveva chiesto anche la condanna al ripristino dello stato dei luoghi. Nelle conclusioni assunte in sede d’appello la parte appellante ha nuovamente avanzato la relativa domanda, che appare consequenziale all’accertata violazione delle distanze. Sicchè non sussiste la violazione di legge dedotta, nè tantomeno l’omessa motivazione vista la consequenzialità della pronuncia in relazione alla accertata violazione delle distanze.

4. Le spese seguono la soccombenza.

P.T.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese liquidate in Euro 1.500,00 (millecinquecento) euro per onorari e Euro 200,00 per le spese, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 ottobre 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2011

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA