Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 399 del 13/01/2010

Cassazione civile sez. I, 13/01/2010, (ud. 20/10/2009, dep. 13/01/2010), n.399

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo – Consigliere –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 10184/2006 proposto da:

G.M., elettivamente domiciliato in ROMA, CIRCONVALLAZIONE

CLODIA 179, presso l’avvocato PETRUCCI LUCA, rappresentato e difeso

dall’avvocato BAGALINI OTELLO, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

B.T.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 90/2005 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 28/02/2 005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/10/2009 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per la cessazione della materia

del contendere; in subordine, per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 16.07 – 18.08.2003, il Tribunale di Ascoli Piceno dichiarava la separazione personale dei coniugi G.M., ricorrente, e B.T., respingeva le rispettive domande di addebito, affidava alla madre il figlio della coppia, nato nel (OMISSIS), regolando gli incontri del minore con il G., cui imponeva di corrispondere alla B. la somma complessiva di Euro 500,00 mensili, di cui Euro 300,00 quale contributo per il mantenimento del figlio ed Euro 200,00 per il mantenimento della moglie, nonchè di concorrere per quota pari al 50%, al pagamento delle spese straordinarie del minore.

Con sentenza del 9 – 28.02 2005, la Corte di appello di Ancona respingeva sia il gravame principale del G., inerente alle statuizioni di affidamento del figlio minore alla B. e di condanna al pagamento dell’assegno di mantenimento in favore della moglie, che quello incidentale della B., con cui era stato chiesto l’aumento del contributo di mantenimento del figlio e l’assegnazione della casa coniugale. La Corte distrettuale riteneva anche che, poichè non era passata in giudicato la sentenza di delibazione della sentenza ecclesiastica di annullamento del matrimonio contratto dalle parti, ben poteva avvalersi dell’esito della verifica delle condizioni patrimoniali delle stesse ai fini decisori delle censure d’indole economica proposte da entrambe le parti, che conclusivamente respingeva. A quest’ultimo riguardo riteneva di confermare la somministrazione dell’assegno di mantenimento in favore della B. e di non elevare l’entità del contributo economico paterno per il figlio affidato alla madre, dal momento che poteva presumersi sia che il G., padre di un altro bambino nato da diverso rapporto affettivo e di professione musicista, potesse disporre, in aggiunta agli introiti artistici, quanto meno del corrispettivo riscosso per la vendita al fratello della sua abitazione già adibita a casa coniugale e sia che la consorte, pur essendo scaduto il suo contratto di lavoro part-time, fosse in grado di reperire idonea occupazione retribuita.

Avverso questa sentenza il G. ha proposto ricorso per Cassazione affidato a due motivi, notificato il 13.03.2006. La B. non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il ricorso il G. denunzia:

1. “Violazione e falsa applicazione dell’art. 156 c.c., anche in relazione all’art. 2697 c.c., nonchè erronea, insufficiente ed omessa motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 “.

Contesta che ricorressero i presupposti per l’attribuzione alla moglie dell’assegno di mantenimento, sostiene che le ragioni di equità poste a base della concessa somministrazione contrastano con l’esito degli accertamenti espletati dalla G.d.F. ed i principi normativi di cui alla rubricata disposizione, si duole anche che i giudici di merito non abbiano fatto riferimento al basso tenore della vita coniugale nè considerato che la moglie fruiva di maggiore reddito, di tal che le rispettive condizioni economiche avrebbero dovuto essere ritenute paritetiche.

2. “Violazione e falsa applicazione dell’art. 129 c.c., nonchè erronea, insufficiente ed omessa motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”.

Il ricorrente sostiene che è divenuta inammissibile la domanda di alimenti/mantenimento svolta in sede separatizia dalla B., essendo ormai passata in giudicato la sentenza n. 766 del 2004, con cui la Corte di appello di Ancona ha reso esecutiva nello Stato la sentenza ecclesiastica di nullità canonica del matrimonio concordatario contratto dalle parti. Sottolinea anche che in sede di delibazione è stato accertato che, dovendosi pure escludere la sua mala fede, non ricorrevano le condizioni per l’adozione di provvedimenti economici provvisori a favore della medesima B., e che attualmente ella può tutt’al più fruire dell’attribuzione di somme periodiche nei limiti di un triennio, quale prevista dall’art. 129 c.c., che peraltro richiede apposita domanda di contenuto e presupposti diversi da quella azionata in questa sede.

Il secondo motivo di ricorso, che esige in via logica e giuridica esame prioritario, è fondato; al relativo accoglimento consegue anche l’assorbimento del primo motivo di ricorso.

Il G., producendo, come ammissibile (Cass. SU 200613916), la copia della pronuncia corredata dell’attestazione del Cancelliere inerente alla sua mancata impugnazione per cassazione e/o revocazione, ha provato che, dopo la pubblicazione della sentenza impugnata ed in pendenza del termine per l’impugnativa in questa sede, è passata in giudicato la sentenza del 30.11 – 24.12.2004, con cui la Corte di appello di Ancona ha reso esecutiva nello Stato la sentenza ecclesiastica di nullità canonica del matrimonio concordatario contratto dalle parti.

La L. 27 maggio 1929, n. 847, art. 18, (disposizioni per l’applicazione del Concordato dell’11 febbraio 1929 tra la Santa Sede e l’Italia, nella parte relativa al matrimonio) – tuttora in vigore anche a seguito dell’Accordo del 1984 di modifica del Concordato lateranense del 1929 – richiama, per il caso in cui venga resa esecutiva la sentenza che dichiari la nullità del matrimonio celebrato davanti al ministro del culto cattolico, la disciplina del matrimonio putativo. Ciò tramite il rinvio originariamente all’art. 116 c.c., quindi all’art. 128 c.c., del 1942, e, infine, dopo la riforma del diritto di famiglia alla disciplina contenuta negli artt. 128, 129 e 129 bis c.c. (in tema cfr. Corte cost. 200100329; Cass. 199502728).

Ne consegue che, resa esecutiva la sentenza della giurisdizione ecclesiastica dichiarativa della nullità del matrimonio, in pendenza della causa di separazione dei coniugi, e venuto perciò meno il vincolo matrimoniale, viene di conseguenza meno il potere-dovere del giudice di statuire in ordine all’assegno di mantenimento in favore del coniuge separato (in tema cfr. Cass. 200415165; 198902642) e restano nella specie anche travolte le decisioni adottate sul punto nei precedenti gradi di giudizio, dal momento pure che la B. non risulta avere instato per attribuzioni economiche fondate sulla diversa disciplina inerente al matrimonio putativo.

Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile per sopravvenuto difetto d’interesse, e, considerato pure che la dichiarazione di nullità del matrimonio è sopravvenuta nelle more dell’impugnazione in questa sede, ricorrono giusti motivi per compensare tra le parti le spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e compensa le spese dell’intero giudizio. Ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, comma 5, in caso di diffusione della presente sentenza si devono omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.

Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2010

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