Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 399 del 10/01/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 399 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: MANNA FELICE

SENTENZA

sul ricorso 28761-2012 proposto da:
DANIELE MARIA DNLMRA61P69C352F, in qualita’ di figlia
ed erede del Sig. DANIELE GENNARO, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA DI VIGNA FABBRI 29 SC. A 1/4,
pesso lo studio dell’avvocato BORELLO
FRANCESCANTONIO, rappresentata e difesa dall’avvocato
2013

MAZZA ANTONIO;
– ricorrente –

2290

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 8018440587, in persona del
Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in

Data pubblicazione: 10/01/2014

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope
legis;
– resistente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 05/11/2013 dal Consigliere Dott. FELICE
MANNA;
udito l’Avvocato BORELLO FRANCESCANTONIO, con delega
dell’avvocato MAZZA ANTONIO difensore della
ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUIGI SALVATO che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

depositata il 07/06/2012 R.G.n. 115j710;

IN FATTO
Con ricorso del 6.12.2010 Maria Daniele adiva la Corte d’appello di
Salerno per ottenere la condanna del Ministero della Giustizia al pagamento di
un equo indennizzo, ai sensi dell’art. 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89, in

dell’uomo (CEDU), del 4.11.1950, ratificata con legge n. 848/55, per
l’eccessiva durata di un processo civile instaurato innanzi al Tribunale di
Cosenza, definito con sentenza pubblicata il 14.12.2009 dalla Corte d’appello
di Catanzaro.
Con decreto del 7.6.2012 la Corte salernitana dichiarava inammissibile il
ricorso e condannava la ricorrente alle spese. Osservava la Corte territoriale
che la ricorrente, a fronte di una specifica eccezione della difesa erariale, non
aveva documentato, con idonea attestazione di cancelleria, la definitività del
provvedimento smclusivo del giudizio presupposto ovvero la pendenza di
questo, di guisa che era possibile verificare la tempestiva proposizione del
ricorso ex lege c.d. Pinto.
Per la cassazione di tale decreto ricorre Maria Daniele, in base a cinque
motivi.
Per il Ministero della Giustizia l’Avvocatura generale dello Stato ha
depositato un “atto di costituzione”, allo scopo di partecipare alla discussione
della causa.
Il Collegio ha disposto che la motivazione della sentenza sia redatta in
forma semplificata.
MOTIVI DELLA DECISIONE

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relazione all’art. 6, paragrafo 1 della Convenzione europea dei diritti

1. – Col primo motivo d’impugnazione la ricorrente deduce la violazione
degli artt. 101 e 112 c.p.c. e 111, 2° comma Cost.
Sostiene che quella che la Corte territoriale ha qualificato come eccezione
della difesa erariale non era altro che una petizione di principio tratta,

Pinto, senza alcuna critica specifica. Il Ministero, pertanto, non avrebbe
eccepito l’intempestività dell’azione né denunciato il difetto di prova delle
relative condizioni di ammissibilità. Si tratterebbe, pertanto, un rilievo
d’ufficio non sottoposto, però, al preventivo contraddittorio fra le parti, con
conseguente nullità del decreto impugnato.
2. – Col secondo motivo è dedotto l’omesso esame di un fatto decisivo,
nonché la violazione degli artt. 115 c.p.c., 111, 1° comma Cost., 2 e 4 legge n.
89/01 e 6 della Convenzione EDU.
Essendo stato proposto il ricorso il 6.12.2010, pendente il termine lungo
d’impugnazione ex art. 327 c.p.c. (la sentenza conclusiva del giudizio
presupposto è stata pubblicata il 1 4 .12.2009), sarebbe stato onere del
Ministero dedurre e dimostrare il compimento del termine breve
d’impugnazione ai sensi degli artt. 325 e 326 c.p.c., provando l’avvenuta
notificazione della sentenza.
3. – Il terzo mezzo espone, ancora, la violazione degli artt. 101 e 112 c.p.c.
e 111, 2° comma Cost.
Il Ministero convenuto non ha negato l’esistenza del giudizio presupposto
e la veste in esso assunta dalla sig.ra Daniele. Pertanto, da parte della Corte
territoriale vi è stata un’ulteriore violazione o dell’art. 112 c.p.c. o degli artt.

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“oziosamente”, dalle difese per solito svolte nel contenzioso ex lege c.d.

101 c.p.c. e 111, comma 2 Cost., per il rilievo d’ufficio di 11 ,-, q questione
sottratta al contraddittorio delle parti.
4. – Il quarto mezzo denuncia, ancora, l’omesso esame di un fatto decisivo,
nonché la violazione degli artt. 115 c.p.c., 111, 1° comma Cost., 2 e 4 legge n.

Per l’ipotesi che l’inammissibilità ritenuta dalla Corte salernitana derivi
implicitamente da un difetto di prova dell’esistenza del giudizio presupposto e
della partecipazione ad esso di Maria Daniele, parte ricorrente osserva che la
data d’inizio e di conclusione della causa davanti al Tribunale di Cosenza, la
data dell’appello, il suo svolgimento e la relativa sentenza, così come la veste
assunta dalla sig.ra Daniela, erano tutte circostanze documentate in atti.
5. – Col quinto motivo è dedotta la violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art.
92 c.p.c.
Nel giudizio presupposto la richiesta del Ministero di compensare le spese
avrebbe dovuto indurre in radice l’esclusione per la Daniele di ogni rischio di
soccombenza in ordine alle spese. La condanna al pagamento delle quali,
pertanto, viola ad un tempo sia l’art. 112 che l’art. 91 c.p.c.
6. – Il secondo motivo, che per la sua autonoma attitudine rescindente va
esaminato per primo, è fonato.
Ai fini della condizione di proponibilità della domanda di equa riparazione,
prevista dall’art. 4 della legge 24 marzo 2001, n. 89, sussiste la pendenza del
procedimento, nel cui ambito la violazione del termine di durata ragionevole
si assume verificata, allorché sia stata emessa la relativa sentenza di primo
grado e non sia ancora decorso il termine lungo per la proposizione
dell’impugnazione, spettando, comunque, all’amministrazione convenuta
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89/01 e 6 della Convenzione EDU.

comprovare la tardività della domanda in relazione all’acquisito carattere di
definitività del provvedimento conclusivo del giudizio nel quale si è verificata
la violazione del termine ragionevole di durata, a seguito dello spirare, in
conseguenza della notificazione, del termine di cui all’art. 325 c.p.c. (Cass. nn.

La Corte territoriale non si è attenuta a tale principio, e così ha finito per
onerare la parte ricorrente, e non il Ministero, della prova che non era decorso
il termine di cui all’art. 4 legge n. 89/01 per la proposizione della domanda
giudiziale.
7. – L’accoglimento di tale motivo assorbe l’esame delle restanti censure.
8. – Pertanto, il decreto impugnato va cassato con rinvio ad altra sezione
della Corte d’appello di Salerno, che si atterrà al principio di diritto su esposto
e provvederà alti esì, ai sensi dell’art. 385, comma 3 c.p.c., sulle spese di
cassazione.
P. Q. M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa il
decreto impugnato in relazione al motivo accolto con rinvio ad altra sezione
della Corte d’appello di Salerno, che provvederà anche sulle spese di
cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile
della Corte Suprema di Cassazione, il 5.11.2013.

841/13 e 3826/06).

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