Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3988 del 15/02/2017


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Cassazione civile, sez. II, 15/02/2017, (ud. 26/10/2016, dep.15/02/2017),  n. 3988

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19689/2013 proposto da:

F.T., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA P.ZZA

CAVOUR presso la CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato EFREM FRANCESCO RAINERO;

– ricorrente –

contro

S.F., ASD FS SESTRESE CALCIO 1919;

– intimati –

avverso la sentenza n. 107/2013 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 24/01/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/10/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La signora F.T., cessionaria del credito vantato dal signor Fe.Fl. nei confronti dei sig. S.F. e della società FS Sestrese Calcio, convenne questi ultimi davanti al tribunale di Genova per sentirli condannare a corrisponderle la somma di Euro 6.197,48 dagli stessi dovuti al cedente Fe. per l’attività da costui prestata nella stagione sportiva 2001/2002 quale allenatore della squadra di calcio della società dilettantistica di calcio FS Sestrese Calcio 1919, all’epoca rappresentata dal presidente S.F.. Deduceva al riguardo l’attrice che l’ingaggio del Fe. prevedeva un compenso di 20 milioni di lire, da pagare in cinque rate di 4 milioni l’una, per l’intera stagione sportiva e che, dopo il pagamento delle prime due rate, per complessivi 8 milioni di Lire, il Fe. era stato esonerato, restando quindi creditore della residua somma di 12 milioni di Lire (Euro 6.197,48) oggetto della domanda.

Costituitisi i convenuti, il tribunale di Genova rigettava la domanda dell’attrice ritenendo, per quanto qui ancora interessa, che i convenuti avessero offerto la prova del fatto, da loro dedotto come mezzo di eccezione, che il contratto di collaborazione concluso fra il Fe. e la società FS Sestrese Calcio si fosse risolto consensualmente, con conseguente implicita rinuncia del Fe. alla residua retribuzione dovutagli.

La corte d’appello, adita dalla signora F., confermava la sentenza di primo grado, dichiarando inammissibile in secondo grado un documento la cui produzione non era stata ammessa dal tribunale, in quanto proposta dopo la scadenza dei termini di cui all’articolo 184 c.p.c. e senza che, ad avviso del medesimo tribunale, ricorressero i presupposti per la remissione in termini di cui all’allora vigente art. 184 bis c.p.c.. Tale documento consisteva in un telegramma del 6/2/2002 inviato al Fe. dalla società Sestrese Calcio con il seguente contenuto: “Le comunichiamo che a far data 7 febbraio 2002 lei è sollevato dall’incarico di allenatore della prima squadra della società scrivente. Cordiali saluti. FS Sestrese Calcio 1919”. Nel proprio atto d’appello la signora F. aveva chiesto l’ammissione in secondo grado di detto documento argomentando, per un verso, che il tribunale avrebbe errato nel giudicare non provata la sussistenza dei presupposti della remissione in termini ex art. 184 bis c.p.c. e, per altro verso, che in ogni caso il documento sarebbe stato ammissibile sensi dell’art. 345 c.p.c., comma 3, trattandosi di mezzo di prova indispensabile ai fini della decisione. La corte genovese ha ritenuto infondate tali doglianze dell’appellante sulla scorta di un duplice rilievo; nella sentenza gravata, infatti, si argomenta, quanto alla decadenza dalla produzione, che la F. era incorsa in tale decadenza nel giudizio di primo grado (per non aver prodotto il documento nei termini di cui all’art. 184 c.p.c. e per non aver riproposto l’istanza di produzione in sede di precisazione delle conclusioni) e, quanto all’istanza di rimessione in termini, che la stessa F. non aveva dimostrato di non aver potuto produrre tempestivamente il suddetto telegramma per causa a lei non imputabile.

Avverso la sentenza d’appello la signora F. ha proposto ricorso per cassazione sulla scorta di un solo mezzo, riferito al vizio di violazione del disposto dell’art. 345 c.p.c., comma 3; secondo la ricorrente, la corte distrettuale avrebbe violato tale disposizione nel disattendere la richiesta di produzione del ripetuto telegramma senza averne valutato, e quindi avendone trascurato, l’indispensabilità.

Nè il sig. S.F., nè la società FS Sestrese Calcio hanno spiegato attività difensiva in questa sede.

La causa è stata discussa alla pubblica udienza del 26.10.16, per la quale non sono state depositate memorie illustrative e nella quale il Procuratore Generale ha concluso come in epigrafe.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’unico mezzo di ricorso pone la questione della portata della valutazione di indispensabilità per la decisione, ai sensi dell’art. 345 c.p.c. (nel testo, applicabile nel presente giudizio ratione temporis, posteriore alle modifiche recate dalla L. n. 353 del 1990, ma anteriore alle modifiche recate dalla L. n. 69 del 2009), ai fini dell’ammissione in appello di documenti già formatisi al momento della maturazione delle preclusioni processuali di primo grado e dei quali fosse stata tardivamente richiesta l’ammissione al primo giudice.

Su tale questione la giurisprudenza successiva alla sentenza delle Sezioni Unite n. 8203/05 – che, come è noto, ha affermato che la disciplina dettata dell’art. 345 c.p.c., comma 3, riguardo ai “nuovi mezzi di prova” trova applicazione anche con riferimento ai documenti – non ha offerto soluzioni univoche; talvolta la Corte non ha in alcun modo considerato il profilo delle preclusioni processuali, fondando la propria decisione direttamente sulla indispensabilità del documento a provare il fatto controverso (sent. n. 13432/13); b) in altri precedenti la Corte ha valorizzato la portata delle preclusioni maturate in primo grado ed ha quindi collegato strettamente il giudizio di indispensabilità del documento prodotto in secondo grado al contenuto argomentativo della sentenza di primo grado, nel senso di ritenere indispensabili solo quei documenti la cui necessità di acquisizione emerga da tale sentenza e non fosse già apprezzabile come utile o necessaria nel corso dell’istruttoria di primo grado (cfr. sentt. nn. 7441/11, 26020/11, 3493/13 e altre); c) in altri precedenti ancora, pur affermandosi il nesso tra giudizio di indispensabilità e sviluppi del processo, si è negato il peso delle preclusioni, in nome della influenza causale decisiva del documento nuovo, e si sono ritenuti producibili per la prima volta in appello, in quanto indispensabili, anche documenti non tempestivamente prodotti in primo grado nonostante che già sulla base del contraddittorio ivi sviluppatosi si potesse apprezzare la loro utilità astratta (sent. n. 3709 del 2014).

Nel corso del 2016, peraltro, la giurisprudenza di questa Corte, da un lato, ha dato esplicitamente conferma e seguito all’indirizzo sintetizzato sub b), affermando che il giudizio di indispensabilità ex art. 345 c.p.c., comma 3, può avere ad oggetto solo documenti la cui necessità emerga dalla sentenza appellata, dei quali nel pregresso giudizio di primo grado non fosse apprezzabile neppure una mera utilità, mentre non sono ammissibili nuovi documenti che già apparissero indispensabili durante lo svolgimento del giudizio di primo grado e prima del formarsi delle preclusioni istruttorie, sicchè la sentenza non si sia potuta fondare su di loro per la negligenza della parte che avrebbe potuto introdurli (sent. n. 5013/16); d’altro lato, ed in senso convergente, ha affermato che l’eventuale indispensabilità dei documenti nuovi è suscettibile di valutazione solo se la loro ammissione non sia stata richiesta in precedenza e non, quindi, quando tale ammissione, richiesta al giudice di primo grado, sia stata da quest’ultimo respinta per la tardività della produzione e per la insussistenza dei presupposti per la rimessione in termine (sent. n. 7410/16).

Il Collegio aderisce ai precedenti del 2016 da ultimo citati, ritenendo che solo la linea interpretativa dagli stessi emergente possa ritenersi coerente, da un lato, con il carattere del processo di appello come revisio prioris istantiae e, d’altro lato, con il significato della riforma processuale di cui alla L. n. 353 del 1990, la cui essenza va individuata – come si legge nel paragrafo n. 6 della motivazione della menzionata sentenza delle Sezioni Unite n. 8203/05 “nella prefissata scansione logico-temporale del procedimento al fine di pervenire con celerità ad una decisione capace, pur nella sua non definitiva esecutività, di apprestare una efficace tutela ai diritti lesi”.

In definitiva, quindi, la decisione della corte di merito va giudicata conforme all’esatta interpretazione dell’art. 345 c.p.c., comma 3, perchè nel presente procedimento l’accesso alla valutazione di indispensabilità del documento che l’odierna ricorrente pretendeva di produrre in grado di appello era preclusa sia perchè si trattava di un documento la cui produzione era stata già offerta in primo grado (e giudicata inammissibile perchè tardiva) sia perchè detto documento appariva funzionale alle ragioni della parte già nello svolgimento del contraddittorio e prima del formarsi delle preclusioni istruttorie, cosicchè la sentenza appellata non lo ha potuto prendere in considerazione per la negligenza della parte che lo avrebbe potuto produrre.

Il ricorso va quindi, conclusivamente, rigettato.

Non vi è luogo a regolazione delle spese del giudizio di Cassazione, non avendo gli intimati svolto attività difensiva.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, D.Lgs. n. 546 del 1992, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 26 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2017

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