Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 39851 del 14/12/2021
Cassazione civile sez. III, 14/12/2021, (ud. 22/06/2021, dep. 14/12/2021), n.39851
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RUBINO Lina – Presidente –
Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 35410/2019 proposto da:
A.I., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA AUGUSTO
RIBOTY, 23, presso lo studio dell’avvocato VALERIA GERACE, che lo
rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO;
– intimato resistente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositato il 12/10/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
22/06/2021 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.
Fatto
RILEVATO
CHE:
1. – Con ricorso affidato a cinque motivi, A.I., cittadino originario del (OMISSIS) ((OMISSIS)), ha impugnato il decreto del Tribunale di Ancona, reso pubblico il 12 ottobre 2019, che ne rigettava l’opposizione proposta avverso il diniego della competente Commissione territoriale del riconoscimento, in via gradata, dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria, nonché di quella umanitaria.
2. – Il Tribunale di Ancona, per quanto ancora rileva in questa sede, osservava: a) il racconto del richiedente (aver lasciato, dopo la morte dei genitori, il Paese d’origine in ragione dell’intenzione di intraprendere un percorso di studi), anche là dove credibile, era “confinat(o) nei limiti di una vicenda di vita privata e di miglioramento socio-economico, atteso che gli aspetti evidenziati in ricorso integrano personali timori circa la necessità di sostenere la famiglia d’origine”; b) in base ai report EASO del 2016-2017 e Amnesty International del 2017-2018, non sussisteva nella zona di provenienza del richiedente una condizione di violenza generalizzata in situazione di conflitto armato; c) non erano da ravvisarsi, quindi, i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria; d) mancavano i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria dovendo escludersi, nel Paese d’origine, il pericolo di compromissione dei diritti umani, “in quanto la mera deprivazione economica o l’esigenza di una ripartizione della ricchezza tra la popolazione non giustificano un permesso provvisorio”.
3. – L’intimato Ministero dell’interno non ha svolto attività difensiva, depositando unicamente “atto di costituzione” al fine di eventuale partecipazione a udienza di discussione.
Diritto
CONSIDERATO
CHE:
1. – Con i cinque motivi si deduce rispettivamente: a) ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità del decreto impugnato, per aver il giudice di merito omesso pronuncia sulla domanda di riconoscimento della protezione sussidiaria; b) ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 118 disp. att. c.p.c. e dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, per aver il Tribunale reso motivazione meramente apparente in relazione al riconoscimento delle domande di protezione sussidiaria ed umanitaria; c) ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 2, 3, 4,5,6 e 14 e del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, per aver il Tribunale reso motivazione meramente apparente in relazione al riconoscimento delle domande di protezione sussidiaria ed umanitaria; d) ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e 5, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14 e dell’art. 10 Cost., per aver il Tribunale “omesso l’esame delle fonti informative” in punto di riconoscimento della protezione sussidiaria; e) ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e 5, la violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 e art. 19, nonché dell’art. 10 Cost., per mancato riconoscimento della protezione umanitaria.
2. – Il ricorso è inammissibile per difetto di valida procura alle liti.
Al riguardo, si osserva che le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 15177/2021, hanno affermato, componendo il contrasto creatosi fra le sezioni semplici, che: “il D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, comma 13 – nella parte in cui prevede che “La procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato; a tal fine il difensore certifica la data di rilascio in suo favore della procura medesima” – ha richiesto, quale elemento di specialità rispetto alle ordinarie ipotesi di rilascio della procura speciale regolate dagli artt. 83 e 365 c.p.c., il requisito della posteriorità della data rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, prevedendo una speciale ipotesi di “inammissibilità del ricorso”, nel caso di mancata certificazione della data di rilascio della procura in suo favore da parte del difensore. La procura speciale per il ricorso per cassazione, per le materie regolate dal D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, comma 13 e dalle disposizioni di legge che ad esso rimandano, deve contenere in modo esplicito l’indicazione della data successiva alla comunicazione del provvedimento impugnato e richiede che il difensore certifichi, anche solo con una unica sottoscrizione, sia la data della procura successiva alla comunicazione che l’autenticità della firma del conferente””.
Nel caso di specie la procura speciale in calce al ricorso per cassazione non contiene neppure la data nella quale è stata rilasciata, recando unicamente l’autenticazione della firma del richiedente asilo.
Da ciò deriva l’inammissibilità del ricorso predicata dal D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, comma 13.
3. – Pur essendo assorbente il rilievo di inammissibilità che precede, il ricorso si palesa comunque inammissibile sotto ulteriori profili.
Con esso non è data contezza, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, di una pur sommaria esposizione dei fatti di causa, mancando ogni riferimento, intelligibile, alla vicenda personale di esso richiedente e allo svolgimento della vicenda processuale; esposizione che non è neppure dato ricavare, in modo quantomeno comprensibile, dallo sviluppo dei motivi di ricorso.
Inoltre, le stesse prospettate doglianze sono affatto generiche, in palese violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, nonché in assenza della indicazione specifica e intelligibile dei contenuti degli atti e documenti su cui le censure medesime si fondano, oltre ad essere del tutto omessa, di detti atti e documenti, la necessaria localizzazione processuale (ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6).
Infine, con il ricorso non è veicolata una idonea critica della ratio decidendi della sentenza impugnata, non attinta da pertinenti doglianze, le quali si soffermano, piuttosto, su aspetti generali e non aderenti alla singolarità del caso oggetto di cognizione.
4. – Non sono dovute spese, atteso che la controversia viene decisa in adunanza camerale, in relazione alla quale – assente la discussione orale – l’atto di costituzione del Ministero non costituisce controricorso ex art. 370 c.p.c.
Per quanto riguarda la dichiarazione cui questa Corte è tenuta in relazione al contributo unificato, si osserva che la medesima pronuncia richiamata ha enunciato il seguente principio di diritto: “il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, in caso di declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione conseguente alla mancata presenza, all’interno della procura speciale, della data o della certificazione del difensore della sua posteriorità rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, va posto a carico della parte ricorrente e non del difensore, risultando la procura affetta da nullità e non da inesistenza”.
PQM
dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte suprema di Cassazione, il 22 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2021