Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3981 del 18/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 18/02/2020, (ud. 27/11/2019, dep. 18/02/2020), n.3981

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11138-2018 proposto da:

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

EUCLIDE 2, presso lo studio dell’avvocato EMANUELE VERGHINI,

rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO BIANCHI;

– ricorrente –

contro

GESET ITALIA SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ISONZO, 42/A, presso lo

studio dell’avvocato ANTONELLA PUOTI, rappresentata e difesa

dall’avvocato MARIA VOCCIA DE FELICE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8091/2/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA SEZIONE DISTACCATA di SALERNO, depositata

il 03/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CAPOZZI

RAFFAELE.

Fatto

RILEVATO

che il contribuente C.G. propone ricorso per cassazione nei confronti di una sentenza della CTR della Campania, sezione staccata di Salerno, di rigetto del suo appello avverso una decisione della CTP di Salerno, che aveva rigettato il ricorso da lui proposto avverso due avvisi di accertamento, emessi dalla s.p.a. “GE.SE.T. ITALIA” per conto del Comune di Scafati, per omesso pagamento tassa smaltimento rifiuti anni 2008 e 2009.

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorso è affidato a due motivi;

che, con il primo motivo, il contribuente lamenta un contrasto di giudicati, in quanto, con la sentenza n. 4720 del 23 ottobre 2017 emessa dalla CTP di Salerno e passata in giudicato, era stato definito il medesimo rapporto giuridico, essendo stata accertata in modo definitivo la mancata notifica dei due avvisi di accertamento, notifica al contrario ritenuta regolare nel giudizio, cui si riferiva il presente ricorso; occorreva pertanto evitare la formazione di giudicati contrastanti, non potendosi ritenere che il giudicato esaurisse i suoi effetti nel limitato perimetro del giudizio nel quale si era formato, dovendosi al contrario ammettere la potenziale sua capacità espansiva in altri giudizi fra le medesime parti, onde assicurare la certezza dei diritti e la stabilità delle posizioni giuridiche;

che, con il secondo motivo, il contribuente lamenta violazione D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 24 e 32 e dell’art. 111 Cost., in quanto il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 32 prevedeva espressamente che le parti potevano depositare documenti fino a 20 giorni liberi prima della data di trattazione, mentre invece l’ente resistente si era costituito in primo grado oltre tale termine, essendo stata l’udienza di trattazione fissata per il 13 aprile 2015 ed essendosi esso costituito il 1 aprile 2015; e la CTP, alla quale era stata eccepita l’inutilizzabilità della documentazione prodotta, nulla aveva disposto al riguardo, come pure nulla aveva disposto la CTR, alla quale la circostanza era stata fatta presente nell’atto di appello;

che l’intimata s.p.a. “GE.SE.T. ITALIA” si è costituita con controricorso;

che il contribuente ha altresì presentato memoria;

che il primo motivo di ricorso del contribuente è palesemente infondato;

che, invero, è da escludere che la sentenza impugnata si sia pronunciata su di una questione (regolare notifica degli avvisi di accertamento n. 2141/2014 anno 2009 e n. 9461/2014 anno 2008), in ordine alla quale la CTP, con altra sentenza (la n. 4720 del 23 ottobre 2017), passata in giudicato, già si sarebbe pronunciata, escludendo la notifica di detti due avvisi di accertamento;

che, invero, la sentenza passata in giudicato aveva un petitum differente, concernendo essa non i medesimi due avvisi di accertamento, oggetto della presente controversia, ma un’ingiunzione, con la quale era stato chiesto al contribuente di pagare le somme indicate dai due avvisi di accertamento di cui sopra; e, nel momento in cui era stata impugnata detta ingiunzione, era già pendente l’impugnazione avverso i due avvisi di accertamento, cui detta ingiunzione si riferiva;

che l’efficacia del giudicato è da ritenere estendersi alle questioni che costituiscono presupposti logicamente e giuridicamente ineliminabili della statuizione finale, ma non può essere invocata su di un punto di fatto, ossia sul puro e semplice accertamento di fatti storici, essendo l’affermazione contenuta nella sentenza passata in giudicato (mancata notifica dei due avvisi di accertamento a monte dell’impugnata ingiunzione) storicamente contraddetta dalla pendenza di un autonomo e precedente contenzioso, concernente appunto detti due avvisi di accertamento, i quali, essendo stati impugnati, erano da ritenere essere stati notificati al contribuente (cfr., in termini, Cass. n. 3669 del 2019);

che è altresì infondato il secondo motivo di ricorso, con il quale il contribuente lamenta violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 24 e 32, per non avere la CTR rilevato che i documenti prodotti dalla s.p.a. “GE.SE.T. ITALIA” in primo grado erano stati tardivamente prodotti, si che di essi non avrebbe potuto tener conto;

che, invero, non è contestato che detti documenti erano già in atti nel fascicolo di primo grado, pur se prodotti tardivamente dalla s.p.a. “GE.SE.T. ITALIA”, ed erano pertanto confluiti nel fascicolo d’ufficio di primo grado; e il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 25, comma 2 dispone che i fascicoli di parte restano acquisiti al fascicolo d’ufficio e sono restituiti alle parti solo al termine del processo, potendo le parti ottenere solo copie autentiche degli atti e documenti contenuti nei fascicoli di parte e d’ufficio;

che, pertanto, i documenti in questione, pur se prodotti tardivamente in primo grado dalla s.p.a. “GE.SE.T. ITALIA” in sede di controdeduzioni, appunto per la rilevata inscindibilità dei fascicoli di parte con il fascicolo d’ufficio, di cui al citato D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 25, comma 2, sono da ritenere entrati automaticamente e ritualmente nel procedimento di appello, con il deposito del fascicolo di primo grado in sede di gravame al momento della costituzione, con la conseguenza che di essi ben poteva tener conto la CTR ai fini del decidere (cfr., in termini, Cass. n. 24398 del 2016; Cass. n. 5429 del 2018; Cass. n. 16652 del 2018);

che, pertanto, il ricorso del contribuente va respinto, con sua condanna al pagamento delle spese di giudizio, quantificate come in dispositivo;

che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna il contribuente al pagamento delle spese di giudizio nella misura di Euro 1.000,00, oltre alle spese generali nella misura forfettaria del 15% ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 27 novembre 2019.

Depositato in cancelleria il 18 febbraio 2020

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