Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3980 del 19/02/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 3980 Anno 2014
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: BANDINI GIANFRANCO

SENTENZA

sul ricorso 18015-2010 proposto da:
DE NICOLA LIDIA DNCLD148R64H501H, D’ANNUNZIO MARISA
DNNMRS47P49H501M, ODDONE MARIA TERESA
DDNMTR54D48L181J, ROSICARELLI RITA RSCRTI48B56G274E,
BACIARELLO IRENE BCRRN148P68A577H, CANNAFOGLIA NADIA
CNNNDA52P58H501Q,
2013
3808

RSSCMN49T53H501F,
BSCRRT47E60H501P,
CHRFRS45R71B743F,

CLEMENTINA

ROSSIGNOLI
BISCOTTI

D’AGOSTINO

CHIORAZZO
ANNESE

FLORA

ROBERTA
SANTINA
ADELAIDE

NNSDLD43E66C424P,tutti elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA NOMENTANA 76, presso lo studio dell’avvocato

Data pubblicazione: 19/02/2014

PALLOTTA GIAMPIERO, che li rappresenta e difende
giusta delega in atti;

– ricorrenti contro
– COMUNE DI ROMA C.F.

02438750586,

in persona del

ROMA, VIA DEL TEMPIO DI GIOVE

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(AVVOCATURA COMUNE


ROMA), presso Lo stludIa4a/LI, ‘ avvocat4 SPORTELLI CARLO,
Ch-Ek;14A Gruc,L.;&- c14–;
che lo rappresentatoe difendetwunitamente l rall’avvocatol
EDE

giusta delega in atti;

– I.N.P.D.A.P. – ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA PER
I DIPENDENTI DELL’AMMINISTRAZIONE PUBBLICA, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA

29,

presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e
difeso dall’avvocato GRANATA MARIA FRANCESCA,

Mie

id

delega in atti;

appresenta

– controricorrenti avverso la sentenza n.

3126/2010 della CORTE D’APPELLO

di ROMA, depositata il 12/04/2010 r.g.n.

5425/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza

del

20/12/2013

dal

Consigliere

Dott.

GIANFRANCO BANDINI;
udito l’Avvocato PALLOTTA GIAMPIERO;
udito l’Avvocato GRANATA MARIA FRANCESCA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in

Generale Dott. ALBERTO CELESTE, che ha concluso per
l’accoglimento del primo motivo, assorbimento del

secondo motivo.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 7-12.4.2010 la Corte d’Appello di Roma rigettò il
gravame proposto dalle odierne ricorrenti nei confronti dell’Inpdap e

della domanda diretta, in via prioritaria, al riconoscimento, nei

confronti dell’Inpdap, del diritto alla ricongiunzione, senza oneri, del
servizio prestato alle dipendenze del Patronato scolastico di Roma
con quello svolto presso il Comune di Roma, con condanna, alla
conclusione del rapporto di lavoro, al pagamento dell’indennità di
premio di servizio riferita al complessivo periodo di attività
lavorativa;

della domanda, svolta in subordine, di condanna del Comune

di Roma a pagare la differenza tra il trattamento erogato
dall’Inpdap e quello che sarebbe spettato per effetto della
ricongiunzione.
La Corte territoriale, a sostegno del decisum, osservò quanto segue:

la peculiare disciplina dettata dall’invocato art. 2 legge n. 482/88

non poteva trovare applicazione allorquando, come nel caso di
specie, il transito al Comune di Roma era avvenuto per effetto di
assunzione diretta e previo accordo con il Patronato ancora
operante, prima quindi della soppressione di quest’ultimo;

dalla deliberazione del Comune di Roma n. 968 del 1980 – da

ritenersi illegittima qualora fosse stata intesa come diretta a far
rientrare la fattispecie, in difetto dei presupposti di legge, nell’ambito
di una vicenda successoria dalla quale sarebbero scaturite rilevanti

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del Comune di Roma avverso la pronuncia di prime cure reiettiva:

implicazioni pubblicistiche – non era desumibile la volontà e
l’impegno dell’Ente di accollarsi in proprio la differenza di trattamento
circa l’indennità premio di servizio.

Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, Rosicarelli Rita,
Chiorazzo Flora Santina, Baciarello Irene, Biscotti D’Agostino
Roberta, Cannafoglia Nadia, Oddone Maria Teresa, Rossignoli
Clementina, De Nicola Lidia, Annese Adelaide e D’Annunzio Marisa
hanno proposto ricorso per cassazione fondato su due motivi.
Gli intimati Inpdap e Comune di Roma hanno resistito con distinti
controricorsi.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo le ricorrenti denunciano violazioni di norme di
legge (art. 2, comma 4, legge n. 482/88; art. 76 dpr n. 761/79),
assumendo che la soppressione dei patronati scolastici disposta con
l’art. 45 dpr n. 616/77 costituiva attuazione del trasferimento delle
funzioni amministrative in materia di assistenza scolastica disposta
con il dpr n. 3/72, anteriore alle deliberazioni con le quali, a partire
dal 1973, il Comune di Roma aveva assunto la gestione diretta dei
servizi della refezione e del doposcuola ed attuato le prime
assunzioni del personale del Patronato.

1.1 Osserva il Collegio che la legge n. 482/88 dettò specificamente
norme relative al trattamento di quiescenza e di previdenza del
“personale degli enti, gestioni e servizi interessati a provvedimenti di
soppressione, scorporo o riforma, trasferito o assegnato alle regioni
od enti locali …” (art. 1).

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Ì

In particolare, con l’art. 2, comma 4, legge n. 482/88, del quale le
ricorrenti invocano l’applicazione, venne disposto che “Al personale
proveniente dagli enti soppressi con leggi regionali o delle province

della presente legge, nonché al personale transitato agli enti
regionali di sviluppo agricolo e alle regioni per effetto del
trasferimento delle funzioni statali in attuazione della legge 30 aprile
1976, n. 386, e del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio
1977, n. 616, si applicano, per la ricongiunzione dei servizi le
disposizioni recate dagli articoli 74 e 76 del decreto del Presidente
della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761, per il personale delle
unità sanitarie locali, con efficacia dal momento in cui le singole
regioni ne prescrivono l’iscrizione”.

Tale norma, per quanto qui specificamente rileva, contempla dunque
due distinte ipotesi:
a) quella del personale proveniente da enti soppressi con legge
regionale;
b) quella del personale transitato alle regioni per effetto del
trasferimento delle funzioni statali “in attuazione (…) del decreto del
Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616”.

Ne discende che, per farsi applicazione di tale normativa, è
necessario che il personale provenga da enti soppressi (prima
ipotesi) ovvero che sia transitato alle regioni in conseguenza (“per
effetto”) dell’attuazione del trasferimento delle funzioni statali di cui al

dpr n. 616/77.

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autonome di Trento e di Bolzano, anteriormente all’entrata in vigore

Nessuna di tali cadenze temporali, secondo le stesse allegazioni di
cui al ricorso, trova riscontro nel caso di specie.
Assumono infatti le ricorrenti che il Comune di Roma deliberò

gennaio 1976 del personale del Patronato “strettamente addetto ai
servizi medesimi”, con riserva, poi attuata con la delibera n. 11290
del 29.12.1975, di immettere anche il personale assunto dal
Patronato dopo il 30.6.1972, ma che prestava servizio alla data di
entrata in vigore della legge Regione Lazio n. 77 del 1975, che
aveva delegato ai Comuni numerosi servizi a favore delle scuole
materne e dell’obbligo (cfr, in particolare, gli artt. 2 e 5).
Deve allora convenirsi che tale immissione in servizio precedette:

la soppressione dei patronati scolastici, disposta con l’art. 45,

comma 2, dpr n. 616/77;

la normativa regionale di attuazione del ridetto dpr n. 616/77, vale

a dire la legge Regione Lazio n. 66/78 (che, in particolare, all’art. 4,
comma 1, ha previsto l’assegnazione ai comuni, a decorrere del 1°
giugno 1978, del personale in servizio presso i patronati scolastici
“alla data del 31 dicembre 1977”) e la legge Regione Lazio n. 61/79
(che, in particolare, all’art. 1, ha disposto l’inquadramento nei ruoli
dei comuni di destinazione del personale suddetto).
Non ricorrono pertanto le indicate condizioni per farsi applicazione
dell’art. 2, comma 4, legge n. 482/88.
Le conclusioni testé enunciate sono in linea con quanto già ritenuto
dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la disciplina dei

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(deliberazione n. 3933 del 25.12.1975) l’immissione in servizio dal 1°

rapporti previdenziali dettata per il caso di trasferimenti dei
dipendenti degli enti soppressi (nella specie, patronati scolastici) con passaggio diretto del personale al nuovo datore di lavoro (nella

corrispondenti all’indennità di quiescenza maturata -, non si applica
nei confronti dei lavoratori che all’epoca della soppressione avessero
già concluso il rapporto di lavoro col Patronato per intraprenderne
altro e diverso col Comune (cfr, Cass., n. 4141/2001; cfr, altresì,
Cass., n. 10262/2001).
Il motivo all’esame non può pertanto trovare accoglimento.
2. Con il secondo motivo le ricorrenti denunciando violazione
dell’art. 1362 cc, nonché vizio di motivazione, si dolgono che la Corte
territoriale non abbia riconosciuto che il Comune di Roma, con la
delibera n. 968 del 18.3.1980, aveva inteso porre rimedio alla
disparità di trattamento esistente tra i dipendenti provenienti dai
patronati, riconoscendo agli interessati il servizio prestato presso il
Patronato scolastico di Roma “a tutti gli effetti”.
2.111 motivo si fonda sulla ridetta deliberazione del Comune di Roma
n. 968 del 18.3.1980; pertanto, in ossequio al principio di specificità
ed autosufficienza del ricorso per cassazione, le ricorrenti vi
avrebbero dovuto riportare, a pena di inammissibilità, in forma
completa e non soltanto in termini meramente riassuntivi ovvero per
brevi e disarticolati lacerti, il suo contenuto.
Inoltre, secondo il condiviso orientamento di questa Corte, anche a
Sezioni Unite, a seguito della riforma ad opera del dl.vo n. 40/06, la

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specie, il Comune) e devoluzione a questo delle somme

nuova previsione dell’art. 366, comma 1, n. 6, cpc, oltre a richiedere
la “specifica” indicazione degli atti e documenti posti a fondamento
del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il

indicazione, quando riguardi un documento prodotto in giudizio,
postula che si individui dove sia stato prodotto nelle fasi di merito, e,
in ragione dell’art. 369, comma 2, n. 4 cpc, anche che esso sia
prodotto in sede di legittimità, con la conseguenza che, in caso di
omissione di tale adempimento, il ricorso deve essere dichiarato
inammissibile
7161/2010;

(cfr,
Cass.,

ex plurimis,

nn.

Cass.,

20535/2009;

SU,

nn.

29/2010;

28547/2008;
17602/2011;

124/2013); neppure a tali prescrizioni le ricorrenti hanno però
ottemperato, essendosi limitate ad indicare fra le produzioni i
“fascicoli di parte delle precedenti fasi del giudizio”, senza specificare

se e quando fosse stato prodotto nelle fasi di merito il documento in
parola e, qualora fosse stato effettivamente prodotto, senza fornire
indicazioni circa la sua reperibilità nei fascicoli di parte.
Deve inoltre rilevarsi che le ricorrenti, pur denunciando la violazione
delle regole legali di ermeneutica contrattuale, risolvono la censura
nella contrapposizione di un’interpretazione ritenuta più confacente
alle loro aspettative e asseritamente più persuasiva di quella accolta
nella sentenza impugnata, richiedendo quindi, inammissibilmente in
questa sede di legittimità, un’attività interpretativa dell’atto riservata
al giudice del merito (cfr, ex plurimis, Cass., n. 14850/2004).
Ne discende quindi l’inammissibilità del motivo.

8

documento, pur individuato in ricorso, risulti prodotto; tale puntuale

3. In definitiva il ricorso va rigettato.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P. Q. M.

rifusione delle spese, che liquida, per ciascuno dei controricorrenti, in
euro 3.100,00 (tremilacento), di cui euro 3.000,00 (tremila) per
compenso, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma il 20 dicembre 2013.

La Corte rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti in solido alla

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