Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3980 del 18/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 18/02/2020, (ud. 27/11/2019, dep. 18/02/2020), n.3980

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10626-2018 proposto da:

M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dagli avvocati GIUDITTA MERONE, LORENA DI

FIORE;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8460/23/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 13/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CAPOZZI

RAFFAELE.

Fatto

RILEVATO

che il contribuente M.A. propone ricorso per cassazione nei confronti di una sentenza della CTR della Campania, di rigetto del suo appello avverso una decisione della CTP di Napoli, che aveva respinto il suo ricorso avverso un avviso di accertamento IRPEF 2010, per maggiori redditi attribuitigli, D.P.R. n. 600 del 1973, ex artt. 38 e 41 bis, quale socio al 95% della s.r.l. “ATON CONTACT”, società a ristretta partecipazione sociale, nei cui confronti erano stati accertati, in via definitiva, maggiori ricavi.

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorso è affidato ad un unico motivo, con il quale il contribuente lamenta che erroneamente la CTR aveva ritenuto che i costi fiscalmente indeducibili della s.r.l. “ATON CONTACT”, di cui era socio al 95%, fossero costi inesistenti, che potevano dar luogo, oltre che ad utili extracontabili, anche ad un suo maggior reddito imponibile; al contrario, mentre i costi inesistenti determinavano un’uscita finanziaria fittizia, siccome spese fittizie, con conseguente legittima presunzione che dette somme fossero state distribuite ai soci quali utili extracontabili, i costi fiscalmente indeducibili, quali quelli accertati nei confronti della s.r.l. “ATON CONTACT”, avevano pur sempre determinato un effettivo flusso finanziario in uscita, si da non far presumere l’esistenza di un maggior ricavo non contabilizzato e, quindi, di un utile extracontabile utilizzato per distribuire ai soci utili in nero;

che l’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso; che il contribuente ha altresì presentato memoria;

che l’unico motivo di ricorso proposto dal contribuente è infondato;

che, invero, non è contestato che I’irpef 2010, a lui chiesta in pagamento, è conseguente alla sua posizione di socio al 95% della s.r.l. “ATON CONTACT”, pacificamente ritenuta società di capitale a ristretta base partecipativa; e non è contestato che, nei confronti della citata s.r.l. “ATON CONTACT”, è stato emesso un distinto avviso di accertamento, divenuto definitivo per mancata impugnazione nei termini, per utili extracontabili non dichiarati;

che è pertanto legittima la presunzione dell’ufficio di attribuire al ricorrente, quale socio al 95% della s.r.l. “ATON CONTACT”, gli utili extracontabili accertati in modo definitivo nei confronti di detta società in misura pari alla partecipazione sociale dal medesimo detenuta (cfr. Cass. n. 18042 del 2018);

che, invero, era facoltà del ricorrente provare che i maggiori ricavi attribuiti alla società anzidetta non fossero stati distribuiti, ma accantonati o reinvestiti dalla società, ovvero dimostrare la propria estraneità alla gestione e conduzione della società anzidetta;

che il ricorrente non ha prodotto nessuna valida documentazione al riguardo, limitandosi ad affermare che, nei confronti della s.r.l. “ATON CONTACT”, di cui era socio al 95%, erano stati accertati costi fiscalmente indeducibili, i quali avrebbero pur sempre determinato un flusso finanziario in uscita, si che non sarebbe stato consentito presumere l’esistenza di maggiori ricavi non contabilizzati e, quindi, di utili extracontabili, distribuiti ai soci in nero;

che, inoltre, è infondato l’argomento difensivo del ricorrente, secondo cui egli sarebbe stato nell’impossibilità di impugnare l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società, perchè quest’ultimo non gli sarebbe stato notificato;

che, invero, il ricorrente, socio al 95% della s.r.l. “ATON CONTACT”, società a ristretta base partecipativa, nei cui confronti l’accertamento era ormai divenuto definitivo per mancata impugnazione nei termini, non può ritenersi estraneo all’accertamento svolto nei confronti della società anzidetta, per non avervi egli preso parte; invero, secondo la più recente giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 14278 del 2018), l’avviso di accertamento emesso nei confronti dell’odierno ricorrente, quali socio della s.r.l. “ATON CONTACT”, per redditi provenienti da utili non dichiarati della società anzidetta a ristretta base partecipativa, non può ritenersi separato ed autonomo rispetto all’accertamento svolto nei confronti della società ed è da ritenere legittimamente emesso ed adeguatamente motivato pur avendo esso fatto un mero rinvio per “relationem” ai redditi della società, in quanto i soci, ai sensi dell’art. 2261 c.c., hanno il potere di consultare la documentazione della società; di prendere visione degli atti accertativi emessi nei confronti di quest’ultima e degli eventuali documenti giustificativi in possesso della medesima; di prendere parte attiva agli accertamenti esperiti nei confronti della società, al fine di contrastarli, si che essi, una volta divenuti destinatari di accertamenti emessi nei loro confronti per redditi partecipativi ipotizzati nei loro confronti quali soci della società anzidetta, non possono dolersi della circostanza che l’accertamento emesso nei confronti della società sia divenuto definitivo e non possono riproporre doglianze riferibili all’accertamento emesso nei confronti di quest’ultima ed ormai divenuto definitivo.

che va inoltre rilevato come il diritto tributario, per sua natura, pur tenendo conto dei principi civilistici elaborati in materia di predisposizione del bilancio, può legittimamente andare oltre, non essendo l’utile civilistico equiparabile al reddito imponibile; invero il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d) facoltizza l’ufficio sia a valutare in via presuntiva, ai fini reddituali, anche le passività dichiarate ma inesistenti, sia a prescindere in tutto od in parte dalle risultanze del bilancio, salva la facoltà di prova contraria riconosciuta alla società e, nella specie, dalla medesima non fornita;

che, dunque, non è condivisibile quanto sostenuto dal ricorrente, che, cioè, i costi fiscalmente non deducibili sarebbero stati pur sempre costi emessi dalla società, si che di essi avrebbe dovuto tenersi conto ai fini fiscali; va al contrario ritenuto che i costi fiscalmente non deducibili sono per loro natura costi neutrali ai fini fiscali, nel senso che di essi non è dato tener conto ai fini della determinazione della base imponibile, la cui quantificazione è quindi da ritenere essere stata comunque alterata, con conseguente inevitabile ricaduta sulla quantificazione delle imposte dovute;

che, pertanto, il ricorso del contribuente va respinto, con sua condanna al pagamento delle spese di giudizio, quantificate come in dispositivo;

che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il contribuente al pagamento delle spese di giudizio nella misura di Euro 2.500,00, oltre alle spese generali nella misura forfettaria del 15% ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 27 novembre 2019.

Depositato in cancelleria il 18 febbraio 2020

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