Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3980 del 15/02/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 15/02/2017, (ud. 05/12/2016, dep.15/02/2017),  n. 3980

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10521/2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) SRL IN FALLIMENTO;

– intimato –

nonchè da:

(OMISSIS) SRL IN FALLIMENTO in persona del Curatore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA NIZZA 59, presso lo studio dell’avvocato

ASTOLFO DI AMATO, rappresentato e difeso dall’avvocato DOMENICO

STANGA, giusta delega a margine;

– controricorrente incidentale –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 83/2010 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 26/04/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/12/2016 dal Consigliere Dott. ROBERTO RIVERSO;

udito per il ricorrente l’Avvocato CASELLI che si riporta al ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale e l’inammissibilità e in subordine il rigetto del

ricorso incidentale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. L’Agenzia dell’Entrate Ufficio di Aversa notificava all'(OMISSIS) srl, in persona del curatore fallimentare, avviso di accertamento con cui determinava per l’anno 2003 maggiori ricavi per Euro 321.890,00 (in forza di una percentuale di ricarico del 20%) e conseguentemente maggiori importi dovuti a titolo di IRPEG (Euro 10.944,00), IVA (Euro 64.378,00) e IRAP (Euro 1.368,00), oltre sanzioni e interessi.

2. La Commissione tributaria provinciale di Caserta accoglieva il ricorso della contribuente e compensava le spese. La Commissione Tributaria Regionale di Napoli con sentenza 83/2010 rigettava gli appelli proposti dall’Agenzia delle Entrate Ufficio di Aversa e dall'(OMISSIS) S.r.l. in persona del curatore fallimentare. A fondamento della decisione la Commissione riteneva, da una parte, la legittimità dell’accertamento induttivo operato dall’Ufficio ma, dall’altra parte, che la presunzione di cessione della merce non rinvenuta, del D.P.R. n. 441 del 1997, ex art. 1, sulla base della quale era stato effettuato l’accertamento dell’Ufficio, non potesse ritenersi valida poichè la presunzione predetta presuppone il normale funzionamento dell’azienda e non può affermarsi laddove il mancato rinvenimento di merce risultante da inventario fallimentare sia verosimilmente riconducibile a fenomeni diversi da quelli di una cessione correlata a regolare esercizio di impresa. Disponeva inoltre la compensazione delle spese del secondo giudizio per la delicatezza della questione trattata, rigettando perciò per lo stesso motivo l’appello incidentale proposto in relazione alla disposta compensazione delle spese in primo grado.

3. Contro questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Ufficio con due motivi. Resiste il contribuente con controricorso contenente ricorso incidentale con un motivo, cui ha replicato l’Ufficio con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo viene dedotta la motivazione insufficiente su un fatto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, in quanto la decisione non ha considerato le circostanze concrete relative al caso di specie e non ha spiegato in base a quali elementi si poteva escludere nel caso in esame la cessione di merce nel periodo precedente alla dichiarazione di fallimento da parte dell’impresa.

2. Con il secondo motivo l’Ufficio ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 441 del 1997, art. 1, in combinato disposto con il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2 ed D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la regola relativa alla presunzione di cessione di merce non rinvenuta va applicata anche alle imprese soggette a fallimento.

3. I motivi di ricorso, i quali possono esaminarsi unitariamente perchè connessi, sono fondati.

Il D.P.R. n. 441 del 1997, art. 1, comma 1, in esame, stabilisce che si presumono ceduti i beni acquistati, importati o prodotti che non si trovano nei luoghi in cui il contribuente svolge le proprie operazioni, nè in quelli dei suoi rappresentanti. Tra questi luoghi rientrano le sedi secondarie, filiali, succursali, dipendenze, stabilimenti, negozi, depositi ed i mezzi di trasporto nella disponibilità dell’impresa.

Il successivo comma 2 del medesimo art. 1, stabilisce inoltre che la presunzione di cui al comma 1 non opera se viene dimostrato che i beni stessi: sono stati impiegati per la produzione; sono stati perduti o distrutti; sono stati consegnati a terzi in lavorazione, deposito, comodato o in dipendenza di contratti estimatori, di contratti d’opera, appalto, trasporto, mandato, commissione o di altro titolo non traslativo della proprietà.

L’elencazione fatta dalla norma al riguardo è puramente esemplificativa: quello che rileva infatti, ai fini della presunzione stabilita dalla norma, è unicamente l’assenza di qualsivoglia titolo traslativo della proprietà.

4. Nel caso in esame la sentenza impugnata sostiene da una parte che l’accertamento induttivo dell’Ufficio è stato operato sulla base dell’esistenza di una discrasia tra le rimanenze finali esposte a bilancio di fine esercizio e nel prospetto di bilancio allegato al modello unico 760 per l’anno 2002 e le merci rinvenute in sede di inventario fallimentare. Dall’altra parte la sentenza sostiene, tuttavia, senza alcuna plausibile giustificazione logica e giuridica, che la presunzione di cessione della merce non rinvenuta non operi in caso di fallimento perchè essa “presuppone un funzionamento normale dell’azienda” e non può affermarsi “laddove il mancato rinvenimento di merce risultante da inventario fallimentare è verosimilmente riconducibile a fenomeni diversi da quelli di una cessione correlata a regolare esercizio di impresa”.

5. Si tratta di una tesi fondata su un generico presupposto (il mancato esercizio normale dell’impresa) del tutto inidoneo ad assurgere a dignità di prova contraria rispetto all’accertamento induttivo operato dall’Ufficio in base all’esame della documentazione contabile presentata dalla curatela e sulla scorta della presunzione autorizzata dalla norma, con la quale la stessa affermazione confligge apertamente non essendo ivi prevista alcuna deroga per le imprese sottoposte a procedura concorsuale.

6. Nè è vero che, come afferma la difesa del contribuente, il D.P.R. n. 441 del 1997, art. 1, non potesse essere applicato in quanto nel bilancio del periodo di imposta considerato, mancava l’indicazione della quantità delle merci senza la quale non è possibile affermare la presunzione di ammanco di merci. Al contrario lo scostamento in questione è stato correttamente operato, in mancanza di prova contraria, sulla base della differenza contabile emergente tra il valore delle scorte di merci esposte a bilancio e quello delle merci rinvenute in sede di inventario fallimentare, con inevitabile presunzione di cessione della differenza (su cui è stato pure operato un ricarico medio del 20%).

7. Con il motivo di ricorso incidentale (OMISSIS) srl deduce l’errata percezione del materiale probatorio, violazione del D.P.R. n. 600 del 1972, art. 39, comma 2 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55, error in procedendo ed error in iudicando, avendo la CTR ritenuto che fosse legittimo il ricorso all’accertamento induttivo perchè nessuna prova era stata fornita dell’asserita esibizione di tutta la documentazione richiesta dall’ufficio, laddove invece il contrario emergeva dal verbale di contestazione di colloquio (protocollo n. 32492 del 20.07.2007) redatto dallo stesso Ufficio, dalla copia del verbale di consegna allegata al ricorso, dalla stessa sentenza di primo grado (secondo cui “va rilevato che non è contestato il deposito della documentazione se non per il Modello Unico 2003”), non impugnata sul punto e perciò coperta da giudicato.

8. Il motivo del ricorso incidentale è inammissibile perchè la ricorrente, in violazione del principio di autosufficienza – che governa il ricorso per cassazione, e che “impone che esso contenga tutti gli elementi necessari a porre il giudice di legittimità in grado di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, di cogliere il significato e la portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo, ivi compresa la sentenza stessa” (Cass. n. 7825 del 2006; n. 12688 del 2006) – omette di trascrivere gli atti sui quali la censura logicamente si fonda (il verbale di contestazione, il ricorso di primo grado, il verbale di consegna, la sentenza di primo grado, l’impugnazione dell’ufficio), che nemmeno produce col controricorso.

9. Le considerazioni sin qui svolte impongono dunque di accogliere il ricorso principale e di dichiarare inammissibile quello incidentale.

10. La sentenza impugnata deve essere quindi cassata per quanto di ragione e la causa rinviata alla CTR di Napoli in diversa composizione, la quale provvederà anche sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso principale. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla CTR di Napoli in diversa composizione. Dichiara l’inammissibilità del ricorso incidentale.

Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2017

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