Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 398 del 11/01/2017

Cassazione civile, sez. III, 11/01/2017, (ud. 15/07/2016, dep.11/01/2017),  n. 398

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29442/2014 proposto da:

L.M.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI

73, presso lo studio dell’avvocato FABIO DI CAGNO, che la

rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO ISTRUZIONE UNIVERSITA’ RICERCA, (OMISSIS);

– intimati –

nonchè da:

MINISTERO ISTRUZIONE UNIVERSITA’ RICERCA, (OMISSIS), in persona del

Ministro p.t., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende per legge;

– ricorrente incidentale –

contro

L.M.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI

73, presso lo studio dell’avvocato FABIO DI CAGNO, che la

rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso principale;

– controricorrente all’incidentale –

avverso la sentenza n. 598/2014 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 22/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/07/2016 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FRASCA;

udito l’Avvocato FABIO DI CAGNO;

udito l’Avvocato FABRIZIO FEDELI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

RENZIS Luisa, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale

assorbito il ricorso incidentale condizionato.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

p. 1. La Dottoressa L.M.R. ha proposto ricorso per cassazione contro il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca avverso la sentenza del 22 aprile 2014 con cui la Corte d’Appello di Bari ha parzialmente accolto l’appello del Ministero contro la sentenza resa in primo grado inter partes dal Tribunale di Bari nel marzo del 2008, ridimensionando il dovuto in relazione allo frequentazione, da parte della ricorrente, di un corso di specializzazione medica nella situazione di mancata attuazione da parte dello Stato delle direttive CEE 75/362, 75/363 e 82/76, tardivamente recepite con il D.Lgs. n. 257 del 1991, l’ha riconosciuto, parametrandolo – sulla base della giurisprudenza di questa Corte – in ragione di ogni anno di frequenza del corso, a quanto previsto dalla L. n. 370 del 1999, art. 11, anzichè a quanto previsto dal detto D.Lgs., come invece aveva fatto il primo giudice.

p.2. Al ricorso, fondato su due motivi, ha resistito l’intimato con controricorso, nel quale ha svolto ricorso incidentale, cui ha resistito la ricorrente principale con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

p.1. Il Collegio ha disposto redigersi la motivazione in forma semplificata.

p.2. Il ricorso incidentale dev’essere trattato unitamente a quello principale, in seno al quale è stato proposto.

p.3. Con il primo motivo di ricorso principale si deduce “nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4).

Vi si sostiene che la Corte territoriale sarebbe incorsa in vizio di ultrapetizione, perchè, dopo avere disatteso i motivi di appello del Ministero, avrebbe ridimensionato la misura del danno riconosciuto, ancorchè tra quei motivi non vi fosse stata una doglianza sulla quantificazione del danno alla stregua del D.Lgs. n. 257 del 1991.

A sostegno si evocano Cass. n. 13014 del 2004 e Cass. n. 18160 del 2012.

p.3.1. Il motivo è manifestamente infondato.

Lo è in base a quanto si enuncia nello stesso ricorso in punto nella parte dedicata all’esposizione del fatto: ivi, infatti, si dice che con il quarto motivo di appello il Ministero deduceva “l’infondatezza della domanda ex adverso proposta deducendo in particolare la violazione e la falsa applicazione delle seguenti disposizioni: direttiva CEE 82/76; D.Lgs. n. 257 del 1991; D.Lgs. n. 381 del 1999, con particolare riferimento agli artt. 39, 41, 46; L. n. 428 del 1990, art. 6; L. 28 dicembre 1995, n. 549, art. 1, comma 33, art. 36 Cost.; art. 2070 c.c.”.

Poichè il primo giudice aveva accolto la domanda facendo riferimento al D.Lgs. n. 257 del 1991, conforme alla prospettazione della domanda della ricorrente, è palese che la deduzione della violazione e falsa applicazione delle disposizioni del detto D.Lgs., oltre che della direttiva, investisse lo stesso fondamento nell’an del diritto azionato e, dunque, consentisse alla Corte territoriale, nell’esercizio del potere di qualificazione corretta della domanda sulla base della giurisprudenza di questa Corte (cosa che la corte barese ha fatto evocando prima Cass. sez. un. n. 9147 del 2009), di fare riferimento, peraltro anche al fine di superare il motivo di appello sulla prescrizione, alla riconducibilità della pretesa a quanto da quella giurisprudenza ritenuto.

I due precedenti evocati lo sono, dunque, in modo del tutto privo di pertinenza.

Peraltro, non va sottaciuto che la sentenza impugnata, nello svolgimento del processo dice che il Ministero aveva pure contestato l’eccessività della somma riconosciuta dal primo giudice e la ricorrente di ciò non sin fa carico.

p.4. Con il secondo motivo si prospetta “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, art. 6 e art. 8, comma 2 e della L. 19 ottobre, n. 370, art. 11 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”.

Vi si lamenta, in via subordinata rispetto alla postulazione svolta con il primo motivo, che la sentenza impugnata avrebbe dovuto riconoscere l’adeguata remunerazione alla ricorrente alla stregua del D.Lgs. n. 257 del 1991, almeno per gli anni di frequenza del corso di specializzazione che si collocarono dopo la sua entrata in vigore, tenuto conto che il corso di specializzazione era iniziato nel 1990 e si era concluso nel 1991.

In proposito, nell’illustrazione si registra che l’estensione dell’applicazione del D.Lgs. n. 257 del 1991, agli specializzandi, frequentanti corsi di specializzazione “a cavallo” dell’entrata in vigore di quel decreto era stata sostenuta da Cass. sez. lavoro n. 2632 del 2012 e poi contraddetto da Cass. sez. terza n. 19884 del 2013. Si sostiene che tale ultima decisione avrebbe male interpretato l’art. 8, comma 2, del citato D.Lgs., tralasciando di considerare che l’iscrizione ai corsi di specializzazione aveva valenza annuale e che, per essere ammessi all’anno successivo occorreva sottoporsi ad un esame e superarlo, onde il riferimento della norma all’anno accademico 1991-1992 poteva portare ad escludere l’applicazione del D.Lgs. solo per gli anni precedenti. In subordine si sollecita la rimessione alle SS.UU. della questione, in ragione dell’esistenza di un contrasto.

p.4.1. Il motivo non può essere accolto e nemmeno giustifica la rimessione alle Sezioni Unite della questione che prospetta.

Si rileva, innanzitutto, che, come si osservò in Cass. n. 19884 del 2013, già Cass. nn. 24816 e 25993 del 2011, avevano sostenuto e argomentato la tesi della esclusione dell’applicabilità del D.Lgs. agli specializzando c.d. “a cavallo”. Fu dunque Cass. n. 2632 del 2012 a porsi in contrasto con un orientamento già manifestatosi e, peraltro, senza farsene carico.

In secondo luogo si rileva che nuovamente Cass. sez. Sesta-3, n. 6469 del 2015 si è ampiamente soffermata sul punto ed ha confutato gli argomenti svolti da Cass. n. 2632 del 2012.

Il Collegio intende dare continuità all’orientamento espresso da Cass. n. 6149 del 2012, ravvisando una situazione in cui la sentenza del 2012 è rimasta del tutto isolata e dovendosi considerare esaustivi gli argomenti che sono stati enunciati per contraddirla. Inoltre, l’argomento enunciato dalla ricorrente circa la necessità di esami annuali è del tutto privo di rilievo, atteso che l’art. 6 del D.Lgs. riferiva le misure tardivamente adeguatrici del diritto interno al diritto comunitario “agli ammessi alle scuole di specializzazione”, formulazione che palesa la necessità di interpretare l’art. 8, comma 2, quando usa l’espressione “a decorrere dall’anno accademico 1991-1992” nel senso che il riferimento temporale fosse al corso di specializzazione considerato nel suo complesso, dato che l’art. 6 evocava l’ammissione alla scuola di specializzazione, concetto che esprime chiaramente l’intentio legis di riferissi all’ammissione originaria.

p.5. Con un terzo motivo si deduce in via subordinata al rigetto del secondo motivo, questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 2, citato, per violazione del principio di eguaglianza, atteso che gli specializzandi “a cavallo” e quelli iscritti a partire dall’anno accademico 1991-1992 ebbero a svolgere la medesima funzione e dovrebbero avere un trattamento distinto.

p.5.1. La questione è priva del carattere della non manifestamente infondatezza, giacchè, essendo la posizione dello specializzando incardinata nella frequenza di un corso di specializzazione organizzato dalla Stato ed essendo tale organizzazione avvenuta nel momento di inizio del corso, la frequenza risultava diversa in relazione al modo in cui il corso risultava organizzato e, pertanto, le situazioni degli specializzandi “a cavallo” non potevano essere considerate identiche a quelle degli specializzandi iscrittisi secondo il nuovo modello organizzativo.

p.6. L’unico motivo di ricorso incidentale – deducente violazione del D.Lgs. n. 303 del 1999, art. 3 e censurante il riconoscimento della legittimazione passiva del Ministero invece che della Presidenza del Consiglio dei ministri quale organo preposto all’attuazione del diritto comunitario, è privo di fondamento: si veda, ex multis, Cass. n. 16104 del 2013, dei cui argomenti il motivo non si fa carico.

p.7. Conclusivamente entrambi i ricorsi sono rigettati e le spese del giudizio di cassazione possono compensarsi, stante le reciproche soccombenze.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale. Compensa le spese del giudizio di cassazione. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 15 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2017

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