Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3979 del 15/02/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 15/02/2017, (ud. 05/12/2016, dep.15/02/2017),  n. 3979

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4285-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

IMMOBILIARE PANTAMIDAL SRL, in persona del suo A.U. e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA

OSLAVIA 39-F, presso lo studio dell’avvocato EMANUELE CARLONI,

rappresentato e difeso dagli avvocati ANGELO PIETROSANTI, MARIO

LAURO PIETROSANTI, LUCA MARIA PIETROSANTI giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 772/2009 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

LATINA, depositata il 28/12/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/12/2016 dal Consigliere Dott. ROBERTO RIVERSO;

udito per il ricorrente l’Avvocato CASELLI che si riporta agli atti;

Udita il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’accoglimento per quanto

di ragione del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. L’Agenzia dell’Entrate Ufficio di Latina notificava alla società immobiliare Pantamidal srl, esercente attività di commercio al dettaglio di generi alimentari e non (supermercati), avviso di accertamento ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), con cui, a seguito di verifica fiscale, rettificava il redito di impresa dichiarato contestando, per quanto d’interesse, la mancata dichiarazione di corrispettivi per un importo imponibile di Euro 989.667,85 e l’irregolare emissione di note di credito per un importo di Euro 277.054,01 ritenute fatture di vendita.

La Commissione provinciale di Latina accoglieva il ricorso proposto dal contribuente contro l’avviso di accertamento.

2. La C.T.R. di Roma sez dist. di Latina con sentenza 772/2009 respingeva l’appello proposto dall’Ufficio, ribadendo l’illegittimità dell’accertamento dell’Ufficio fondato sulla determinazione della percentuale di ricarico in base alla media semplice anzichè quella ponderata più consona al settore da una parte; ed affermando dall’altra che le note di credito ritenute irregolari dall’Ufficio attestassero una sostituzione gratuita di merci.

3. L’Ufficio ricorre per cassazione avverso questa sentenza con tre motivi; il contribuente resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo il ricorso deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), degli artt. 2214 e 2217 c.c., D.P.R. n. 600 del 1973, art. 15, D.P.R. n. 570 del 1996, art. 1 nonchè dell’art. 2697 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3) in quanto, in relazione al recupero fiscale effettuato col sistema del ricarico medio, l’accertamento dell’Ufficio era fondato su presunzioni dotate dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, in presenza di irregolarità contabili dato che nè il bilancio nè la nota integrativa recavano il criterio di valutazione adottato dal contribuente per la determinazione delle rimanenze; ed il libro degli inventari non riportava la consistenza dei beni raggruppati per categorie omogenee per natura e valore. Da ciò conseguendo sia la legittimità del metodo induttivo, sia l’utilizzo della percentuale di ricarico medio aritmetico, anzichè ponderata, considerata l’impossibilità di distinguere i beni commercializzati in categorie omogenee.

2. Con il secondo motivo il ricorso deduce insufficiente motivazione circa i fatti controversi e decisivi per il giudizioso in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 quanto al recupero fiscale effettuato col sistema del ricarico medio, non avendo la Corte dato adeguata contezza del ragionamento seguito per ritenere infondato l’accertamento induttivo e la percentuale di ricarico medio del 31% applicata dall’Ufficio.

3. I primi due motivi di ricorso, da esaminare unitariamente in quanto connessi, sono fondati.

L’Ufficio, considerato che la contabilità non indicava il criterio di valutazione delle rimanenze e non riportava la consistenza oggettiva dei beni raggruppati per categorie omogenee per natura e valore, in violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 15, comma 2, ha applicato a tutti i beni una percentuale di ricarico del 31%, attraverso una media semplice ricavata dal rapporto tra valori unitari di acquisto e valori unitari di cessione desunto da alcune fatture della MIDAL SPA (maggiore fornitrice della verificata) contenenti un elenco di beni compravenduti abbastanza numeroso. Tale percentuale di ricarico medio applicata al costo del venduto ha determinato i maggiori corrispettivi non fatturati e non dichiarati pari ad Euro 989.667,85; mentre ai fini IVA è stato applicato il metodo della c.d. ventilazione.

4. L’Ufficio così operando ha effettuato per un verso un legittimo accertamento analitico induttivo conforme alla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. 27068/2006 secondo cui in presenza di irregolarità della contabilità meno gravi, contemplate dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, l’amministrazione può procedere a rettifica analitica, utilizzando gli stessi dati forniti dal contribuente, ovvero dimostrando, anche per presunzioni, purchè munite dei requisiti di cui all’art. 2729 c.c., l’inesattezza o incompletezza delle scritture medesime). E per altro verso ha individuato, motivatamente, una percentuale di ricarico congrua, in presenza delle descritte omissioni comportanti l’inattendibilità della contabilità ordinaria. Anche in ciò l’Ufficio ha proceduto conformemente al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d) ed alla giurisprudenza di questa Corte la quale ha chiarito più volte (sentenza nn. 190148/2010, 26132/2009, 979/2003) che nell’accertamento tributario fondato sulle percentuali di ricarico della merce venduta, la scelta tra il criterio della media aritmetica semplice e della media ponderale dipende, rispettivamente, dalla natura omogenea o disomogenea degli articoli e dei ricarichi – circostanze la cui valutazione costituisce apprezzamento di merito, incensurabile in sede di legittimità sotto il profilo della violazione di legge – assumendo il criterio della media aritmetica semplice valenza indiziaria, al fine di ricostruire i margini di guadagno realizzato sulle vendite effettuate “a nero”, quando il contribuente non provi, ovvero non risulti in punto di fatto, che l’attività sottoposta ad accertamento ha ad oggetto prodotti con notevole differenza di valore e che quelli maggiormente venduti presentano una percentuale di ricarico molto inferiore a quella risultante dal ricarico medio.

5. Nella fattispecie in esame, tuttavia, in mancanza della documentazione necessaria per distinguere i beni commercializzati in categorie omogenee, non si poteva in ogni caso applicare la media ponderata. Era invece il contribuente a dover provare in modo preciso i fatti impeditivi del maggiore ricarico di cui all’accertamento effettuato dall’Ufficio nei termini di cui sopra; tali non potendo considerarsi le generiche ed indimostrate affermazioni, fatte proprie dalla CTR nella sentenza impugnata, secondo cui l’accertamento si riferiva solo ad alcuni beni, non decurtava l’IVA, non considerava le vendite promozionali settimanali e la concorrenza del settore.

In materia è consolidato l’orientamento secondo cui (Sez. 5, Sentenza n. 7653 del 16/05/2012): ” In tema di imposte dirette, in caso di omessa presentazione del prospetto analitico delle rimanenze iniziali e finali, l’Ufficio può procedere ad accertamento di tipo induttivo, attraverso una determinazione della percentuale di ricarico dei prezzi di vendita rispetto a quelli di acquisito, purchè questa sia fondata su un campione di merci rappresentativo ed adeguato per qualità e quantità rispetto al fatturato complessivo, su percentuali di ricarico dei singoli beni obiettivamente rilevate dai documenti esaminati e su criteri di computo della percentuale di ricarico del campione logicamente condivisibili, siano essi fondati su una media aritmetica o ponderale. (Nella specie, la S.C. ha annullato con rinvio la sentenza impugnata che, dopo aver affermato la legittimità dell’operato dell’Ufficio sotto i predetti profili, aveva poi ricercato una diversa percentuale applicabile sia alla quota di fatturato non ricompresa nel campione sia ai generi in esso ricompresi, rilevando che il giudice di merito, se ritenga corretto il metodo applicato, non può procedere ad ulteriori indagini, e, invece, in caso contrario, deve indicare le ragioni di inadeguatezza del campione selezionato o dell’errore di rilevazione o di computo della media, per poi determinare le distinte percentuali di ricalcolo per i beni non ricompresi nel campione, ovvero, se risulti inutilizzabile tale metodologia, i diversi criteri in base ai quali pervenire alla individuazione della nuova percentuale di ricalcolo unitaria)”.

6. Con il terzo motivo il ricorso deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 26 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 quanto al recupero fiscale relativo alle note di credito, le quali non rispettavano l’art. 26 cit. perchè predisposte in termini testuali e temporali non conformi alla norma ed in relazione alla merce invenduta e restituita all’impresa fornitrice; talchè andavano qualificate come vere e proprie fatture di rivendita delle merci ai fornitori e non sostituzione gratuita di merce.

Anche tale motivo di ricorso è fondato. I giudici hanno ritenute le note di credito in questione ipotesi di permute in linea a quanto previsto dalla Circolare ministeriale n. 74/505004 dell’1.12.1973. Si tratta di una soluzione non conforme al diritto perchè la stessa circolare riguarda il caso di sostituzione di merce posta in essere nei confronti dell’impresa produttrice dal proprio diretto cessionario, mentre qui si tratta di restituzione di merce (invenduta secondo quanto affermato dalla stessa contribuente) ad altro operatore commerciale intermedio come era MIDAL. E l’art. 26 cit. non consente l’emissione di note di credito in relazione alla merce invenduta e restituita all’impresa fornitrice che non è contemplata dalla norma tra le ipotesi relativa alle operazioni che vengono meno (a causa di una invalidità del contratto, inadempimenti o sconti), con diritto a portare in detrazione l’imposta corrispondente (ma soltanto procedendo alla registrazione nei modi e nei termini ivi previsti).

7. Sulla scorta delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere quindi accolto; la sentenza impugnata deve essere cassata e rinviata al giudice indicato nel dispositivo, il quale provvederà pure alla regolazione delle spese del giudizio di cassazione.

PQM

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla CTR di Roma sez. dist. di Latina in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2017

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