Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3978 del 08/02/2022

Cassazione civile sez. lav., 08/02/2022, (ud. 22/12/2021, dep. 08/02/2022), n.3978

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29462-2016 proposto da:

Q.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO

VISCONTI N. 20, presso lo Studio Legale PIACCI – DE VIVO – PETRACCA,

rappresentato e difeso dagli avvocati PETRACCA NICOLA, PIACCI BRUNO

e FARINA MASSIMO, che lo rappresentano e difendono;

– ricorrente –

contro

FONDAZIONE CAMPANIA DEI FESTIVAL, in persona del legale

rappresentante pro tempore, domiciliata ope legis in ROMA PIAZZA

CAVOUR presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato POSCIA GIUSEPPE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6877/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 15/06/2016 R.G.N. 976/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/12/2021 dal Consigliere Dott. DI PAOLANTONIO ANNALISA;

il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA

MARIO visto il D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8-bis

del, convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020 n. 176,

ha depositato conclusioni scritte.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’Appello di Napoli ha respinto l’appello di Q.R. avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva rigettato la domanda, proposta nei confronti della Fondazione Campania dei Festival, volta ad ottenere la dichiarazione di illegittimità del recesso ante tempus dal contratto di conferimento dell’incarico di Direttore Generale sino al 3 febbraio 2014 e la conseguente condanna della Fondazione al risarcimento del danno, quantificato in misura pari alle retribuzioni che sarebbero maturate sino alla predetta data, o, in subordine, al pagamento dell’indennità supplementare prevista dal CCNL 27 maggio 2004, art. 30.

2. La Corte territoriale ha premesso che l’incarico in parola, conferito a seguito di delibera del Consiglio di Amministrazione del 4 febbraio 2010, era stato revocato dalla Fondazione in ottemperanza alla comunicazione del 24 giugno 2010, con la quale il Presidente della Giunta regionale aveva invitato i destinatari della stessa ad adottare, ai sensi del D.L. n. 78 del 2010, art. 14, comma 21, gli atti conseguenti al mancato rispetto nell’anno 2009 del patto di stabilità. Ha precisato al riguardo che la Fondazione aveva impugnato dinanzi al TAR il provvedimento regionale, al quale aveva dato attuazione solo dopo il rigetto dell’istanza cautelare proposta.

3. Il giudice d’appello ha ritenuto inammissibili, per violazione degli artt. 345 e 437 c.p.c., i motivi d’appello con i quali il Quaglia aveva dedotto l’inapplicabilità alla Fondazione del richiamato D.L. n. 78 del 2010, rilevando che non venivano in rilievo atti di Giunta o di Consiglio riconducibili all’art. 14, comma 20 e che i fondi utilizzati dalla Fondazione erano destinati all’attuazione di programmi comunitari.

4. Per il resto la Corte territoriale ha ritenuto infondata l’impugnazione ed ha evidenziato, in sintesi, che la Fondazione, in quanto struttura operativa regionale, funzionalmente ed economicamente dipendente dalla Regione Campania, era tenuta ad applicare il D.L. n. 78 del 2010, art. 14, comma 21, norma, questa, che aveva superato il vaglio di costituzionalità, in quanto finalizzata ad assicurare il rispetto del patto di stabilità ed a sanzionare quegli enti che l’avevano violato. Ha aggiunto che la Fondazione aveva rispettato i canoni di correttezza e buona fede perché, prima di disporre la revoca dell’incarico, aveva esperito, senza esito, azione cautelare per sottrarsi alla direttiva impartita dalla Regione.

5. Per la cassazione della sentenza Q.R. ha proposto ricorso sulla base di due motivi, illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c., ai quali ha resistito con controricorso la Fondazione Campania dei Festival.

La Procura Generale ha concluso D.L. n. 137 del 2020, ex art. 23, comma 8-bis, convertito in L. n. 176 del 2020, per l’infondatezza del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 345 e 437 c.p.c. nonché dell’art. 2697 c.c. e sostiene, in sintesi, che ha errato la Corte territoriale nel ritenere inammissibili i motivi di appello con i quali non erano state formulate nuove eccezioni, bensì sviluppate argomentazioni difensive, già ricomprese nel thema decidendum del giudizio, al fine di dimostrare l’erroneità della sentenza gravata nella parte in cui aveva ritenuto applicabile il D.L. n. 78 del 2010, art. 14, comma 21.

2. Con la seconda censura è dedotta, sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli artt. 14,15 e 25 c.c., del D.L. n. 78 del 2010, art. 14, dell’art. 12 preleggi e si sostiene, in sintesi, che la Corte territoriale ha errato nel ricomprendere la Fondazione fra gli enti richiamati dalla decretazione d’urgenza. Il ricorrente evidenzia che della norma deve essere data un’interpretazione restrittiva, in quanto destinata ad incidere sul potere di autonomia privata, ed aggiunge che la nozione atecnica di dipendenza presuppone, non una generica potestà di indirizzo bensì il potere di incidere direttamente nell’attività dell’ente dipendente, potere che non si esaurisce nella nomina degli amministratori e nel controllo degli stessi.

3. Le censure sviluppate nel primo motivo sono fondate nella parte in cui addebitano alla Corte territoriale di avere violato l’art. 437 c.p.c..

E’ ius receptum il principio secondo cui nel rito del lavoro la preclusione in appello di un’eccezione nuova sussiste nel solo caso in cui la stessa abbia introdotto in sede di gravame un nuovo tema d’indagine, così alterando i termini sostanziali della controversia e determinando la violazione del principio del doppio grado di giurisdizione (cfr. fra le più recenti Cass. n. 2271/2021).

Non costituisce eccezione, bensì mera difesa, la contestazione dei fatti posti dall’altra parte a fondamento del suo diritto (Cass. n. 14515/2019) e pertanto nella fattispecie, poiché la legittimità o meno del recesso ante tempus dal contratto doveva essere necessariamente valutata alla luce della normativa speciale applicata dalla Fondazione, la ricorrenza o meno delle condizioni richieste dal D.L. n. 78 del 2010, art. 14, comma 21, che rinvia al comma 20 della stessa disposizione, apparteneva al thema decidendum della causa e doveva essere verificata, anche d’ufficio, dal giudice, con la conseguenza che non era inibito alla parte sviluppare in appello argomentazioni ulteriori tese a dimostrare l’inapplicabilità della norma.

3.1. La ritenuta sussistenza dell’error in procedendo, peraltro, non giustifica la cassazione della sentenza impugnata, che va confermata con diversa motivazione ex art. 384 c.p.c., comma 4, perché i motivi di gravame, erroneamente ritenuti inammissibili dalla Corte territoriale, fanno leva su un’interpretazione non corretta della disposizione in rilievo e, pertanto, risulta comunque conforme a diritto il dispositivo di rigetto della domanda proposta dal Q..

4. Il Patto di Stabilità Interno, che si ricollega a quello di Stabilità e di Crescita, stipulato dagli Stati membri dell’Unione Europea per il controllo delle rispettive politiche di bilancio, persegue, fra gli altri obiettivi, quello di limitare l’indebitamento degli enti territoriali attraverso l’imposizione di vincoli alle politiche di bilancio, vincoli che la Corte Costituzionale ha ritenuto legittimi in quanto, pur incidendo sull’autonomia regionale di spesa, sono volti ad assicurare “l’equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva, in connessione con il perseguimento di obiettivi nazionali, condizionati anche da obblighi comunitari” (Corte Cost. n. 237 del 2009, richiamata da Corte Cost. n. 284 del 2009 sulla legittimità costituzionale del D.L. n. 112 del 2008).

4.1. Il D.L. n. 112 del 2008, convertito dalla L. n. 133 del 2008, ha previsto le sanzioni a carico delle Regioni che negli anni dal 2008 al 2011 non avessero rispettato il Patto di Stabilità e, ha imposto, all’art. 77-ter, comma 15, un limite massimo dell’impegno per spesa corrente (in misura non superiore all’importo annuale minimo dei corrispondenti impegni effettuati nell’ultimo triennio) ed il divieto di ricorrere all’indebitamento per gli investimenti, nonché, all’art. 76, comma 4, il divieto di procedere “ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione continuata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto”.

4.2. In questo contesto si è inserito il D.L. n. 78 del 2010, convertito dalla L. n. 122 del 2010, che all’art. 14, commi da 19 a 21, ha previsto ulteriori sanzioni a carico delle Regioni per le quali era stato certificato il mancato rispetto del Patto di Stabilità per l’anno 2009 (che si tratti di sanzioni ulteriori è reso evidente dall’incipit del comma 19: Ferme restando le previsioni di cui al D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 77-ter, commi 15 e 16, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2008, n. 133,…) e l’intervento normativo ha superato il vaglio di costituzionalità perché la Corte Costituzionale ha escluso, con le sentenze n. 155/2011 e n. 148/2012, la denunciata violazione della competenza legislativa regionale.

In particolare al comma 20 il legislatore nazionale ha stabilito che “Gli atti adottati dalla Giunta regionale o dal Consiglio regionale durante i dieci mesi antecedenti alla data di svolgimento delle elezioni regionali, con i quali è stata assunta la decisione di violare il patto di stabilità interno, sono annullati senza indugio dallo stesso organo”.

Al comma successivo, che è quello che qui più specificamente rileva, il decreto ha previsto che “I conferimenti di incarichi dirigenziali a personale esterno all’amministrazione regionale ed i contratti di lavoro a tempo determinato, di consulenza, di collaborazione coordinata e continuativa ed assimilati, nonché i contratti di cui al D.L. n. 112 del 2008, art. 76, comma 4, secondo periodo, convertito con modificazioni, dalla L. n. 133 del 2008, deliberati, stipulati o prorogati dalla regione nonché da enti, agenzie, aziende, società e consorzi, anche interregionali, comunque dipendenti o partecipati in forma maggioritaria dalla stessa, a seguito degli atti indicati al comma 20, sono revocati di diritto. Il titolare dell’incarico o del contratto non ha diritto ad alcun indennizzo in relazione alle prestazioni non ancora effettuate alla data di entrata in vigore del presente decreto.”

4.3. In sede di conversione la L. n. 122 del 2010 ha eliminato dal testo del comma 20 il secondo periodo, secondo cui “La disposizione di cui al presente comma non si applica alle deliberazioni aventi ad oggetto l’attuazione di programmi comunitari” e, pertanto, infondate sono le censure, erroneamente ritenute inammissibili dal giudice d’appello, che nel fare leva sull’attuazione da parte della Fondazione di programmi comunitari, si incentrano su un testo della norma che non è quello definitivamente approvato dalla legge di conversione.

4.4. Dalla comparazione fra il testo del D.L. n. 78 del 2010, art. 14, e quello del D.L. n. 112 del 2008, artt. 76 e 77 emerge l’intento del legislatore di rendere più incisive le sanzioni previste a carico delle Regioni non virtuose qualora vengano in discussione atti adottati in un arco temporale prossimo alla data delle elezioni regionali. In tal caso, infatti, da un lato, è imposto all’organo che ha assunto la decisione di procedere all’annullamento dell’atto, superando ogni profilo di discrezionalità nell’esercizio del potere di autotutela; dall’altro il divieto di instaurazione di nuovi rapporti, subordinati o autonomi, già previsto dall’art. 76, viene esteso anche alle proroghe nonché, dal punto di vista soggettivo, agli incarichi conferiti ed alle assunzioni disposte da enti e soggetti diversi dalla Regione, purché da questa dipendenti o controllati, e viene rafforzato dalla previsione della “revoca di diritto”, senza indennizzo alcuno per il titolare dell’incarico o del contratto.

5. Entrambi gli argomenti sui quali il ricorrente fa leva per sostenere l’inapplicabilità alla fattispecie del richiamato art. 14, comma 21, sono infondati.

Quanto alla platea dei destinatari del divieto di instaurazione di nuovi rapporti o di conferimento di nuovi incarichi non è sufficiente richiamare la natura privatistica della Fondazione e l’autonomia della stessa rispetto al suo fondatore perché l’ampia dizione utilizzata dal legislatore (enti, agenzie, società e consorzi, anche interregionali, comunque dipendenti o partecipati in forma maggioritaria) è tale da attrarre nella sfera di applicazione della disposizione ogni tipologia di ente che, quanto al capitale, sia da ricondurre alla Regione, atteso che l’obiettivo di assicurare il risanamento finanziario dell’ente territoriale sarebbe frustrato qualora a quel risanamento non concorressero anche tutte le persone giuridiche che, al di là della forma costitutiva utilizzata, quel capitale impiegano per la realizzazione di fini ritenuti di interesse pubblico.

5.1. Ne’ giova al ricorrente richiamare l’orientamento di questa Corte, formatosi in relazione alle cause di ineleggibilità degli amministratori degli enti locali, secondo cui per configurare una “dipendenza” dell’ente dalla Regione o dal Comune “non è sufficiente che l’ente territoriale disponga di una generica potestà d’indirizzo politico-amministrativo, ma occorre che esso sia titolare di un penetrante potere d’ingerenza che lo ponga in condizione di dirigere l’attività dell’ente sottordinato, in modo da assicurarsi che esso agisca in conformità alle specifiche prescrizioni impartite in via generale o per ogni singolo atto, configurandosi quindi come un mero strumento della volontà direttiva dell’ente territoriale” (Cass. n. 1946/2016 e la giurisprudenza ivi richiamata in motivazione).

E’ proprio la dipendenza nei termini sopra intesi che la Corte territoriale, con accertamento di fatto non censurabile in questa sede, ha ritenuto essere sussistente, valorizzando: la provenienza del patrimonio della Fondazione; la sua costituzione ad iniziativa della Regione; il potere di designazione dei consiglieri di amministrazione; l’assenza di fondi o finanziamenti di provenienza privata; la modifica statutaria del 2011, che ha reso esplicito il rapporto di dipendenza definendo la Fondazione “struttura operativa regionale sottoposta alla dipendenza economica e funzionale della Regione Campania”.

6. Parimenti infondato è l’assunto del ricorrente secondo cui la revoca di diritto colpirebbe solo gli incarichi conferiti ed i rapporti instaurati in esecuzione degli atti richiamati al comma 20 e sarebbe, quindi, condizionata dalla sussistenza di una stretta correlazione causale fra l’atto deliberato in violazione del patto di stabilità ed il conferimento dell’incarico.

Ritiene il Collegio che detta interpretazione, la quale sostanzialmente fa leva sul tenore letterale non chiaro della disposizione, debba essere disattesa, perché la stessa mortifica la ratio e la finalità dell’intervento normativo.

Il legislatore ha utilizzato la locuzione prepositiva “a seguito”, che indica una conseguenza ed evoca un rapporto di causa ed effetto, anziché quella avverbiale “in seguito” che, al contrario, definisce una relazione cronologica, ossia una successione di un fatto o un atto rispetto all’altro. Si tratta, peraltro, di un’improprietà terminologica sulla quale non si può fare leva per restringere l’ambito di applicazione della norma, chiaramente dettata per “sanzionare” le Regioni che, oltre a violare il patto di stabilità, nei dieci mesi antecedenti la consultazione elettorale abbiano perseguito, direttamente o per il tramite degli enti controllati, obiettivi opposti a quelli di ripianamento del disavanzo e di contenimento della spesa pubblica ed abbiano previsto nuovi esborsi per gli incarichi, le consulenze, i rapporti flessibili o le collaborazioni.

Il D.L. n. 78 del 2010, art. 14, comma 21, estende, non restringe, il divieto già contenuto nel D.L. n. 112 del 2008, art. 76, comma 4, e, quindi, come quello presuppone solo che il patto di stabilità interno sia stato violato, prevedendo, poi, ove la violazione si collochi nei dieci mesi antecedenti la consultazione elettorale, la “sanzione” della revoca “di diritto” di tutti gli incarichi conferiti e dei rapporti instaurati dalla Regione, direttamente o per il tramite di enti dipendenti o controllati.

7. In via conclusiva il ricorso deve essere rigettato, con correzione della motivazione della sentenza impugnata, ex art. 384 c.p.c., comma 4.

La novità e la complessità delle questioni giuridiche in rilievo/giustificano l’integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. 24.12.12 n. 228, si deve dare atto, ai fini e per gli effetti precisati da Cass. S.U. n. 4315/2020, della ricorrenza delle condizioni processuali previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto dal ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 22 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2022

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