Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3976 del 19/02/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. L Num. 3976 Anno 2014
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: BRONZINI GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso 16031-2010 proposto da:
FONDO PENSIONI PER IL PERSONALE DELLA EX CASSA DI
RISPARMIO DI TORINO BANCA – CRT S.P.A., già FONDO
PENSIONI PER IL PERSONALE DELLA CASSA DI RISPARMIO DI
TORINO

v

80063850012,

in

persona

del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
2013
3283

in ROMA, VIA A BERTOLONI 44, presso lo studio
dell’avvocato PERSIANI MATTIA, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato BERTOLA MAURIZIO,
giusta delega in atti;
– ricorrente –

Data pubblicazione: 19/02/2014

contro

GENTILE ROBERTO GNTRRT50L19L219H, AIMO GIUSEPPE PIETRO
MAIGPP36P1OH340U, VANOLI ORNELLA VNLRLL46E69L219S,
BALDACCI TIZIANA BLDTZN50D47A859D, domiciliati in
ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE

dall’avvocato IACOVIELLO MICHELE, giusta delega in
atti;
– controricorrenti

avverso la sentenza n. 733/2009 della CORTE D’APPELLO
di TORINO, depositata il 09/06/2009 R.G.N. 356/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 19/11/2013 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
BRONZINI;
udito l’Avvocato VALERIO MAIO per delega PERSIANI
MATTIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO CELENTANO, che ha concluso per
raccoglimento del ricorso.

SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi

Udienza 19.11.2013, causa n. 25
R.G.

n. 16031/2010

Con la sentenza impugnata del 9.6.2009, la Corte
d’appello di Torino confermava la statuizione di primo
grado con cui il Fondo Pensioni per il Personale della
Cassa di Risparmio di Torino era stato condannato ad
erogare a Giuseppe Pietro Aimo, Roberto Gentile, Tiziana
Baldacci, Ornella Vanoli, cessati dal servizio
rispettivamente il 28.11.1994, il 31.12.1993, il
31.12.1994 ed il 31.5.1994, la differenza della pensione
integrativa tra quanto erogato e la maggior somma
spettante con l’inclusione della indennità di vacanza
contrattuale. Veniva accolto l’appello incidentale dei
lavoratori concernente la misura della liquidazione delle
spese di lite. La Corte adita osservava che il CCNL del
19.12.94 prevedeva la indennità di vacanza contrattuale
• anche per il personale cessato dal servizio nel 1993, ma
ne escludeva il computo ai fini del trattamento di
previdenza e quiescenza, salvo diversa previsione dello
Statuto; che lo Statuto del Fondo, approvato con D.P.R.
n. 469 del 1973, aveva incluso nella retribuzione
pensionabile “gli importi dovuti per contratti o accordi
aventi effetto retroattivo (art. 31, n. 12) e “qualunque
altra indennità corrisposta con carattere continuativo
(art. 31, n. 11); che era controversa tra le parti
proprio l’applicazione del predetto Statuto, poiché il
Fondo sosteneva che era invece applicabile quello
successivo, approvato il 26 maggio 1994, sottoposto a
referendum tra gli iscritti e decorrente dal primo
gennaio 1993, il quale non riproduceva le previsioni di
cui ai citati n.n. 11 e 12, art. 31, per cui nella
pensione integrativa non doveva essere computata
l’indennità di vacanza contrattuale. La Corte
territoriale rilevava che il fondo esonerativo dell’AGO,
cui erano stati iscritti i dipendenti degli istituti di
credito, aveva mutato la sua natura giuridica ad opera
del D.Lgs. n. 357 del 1990, il quale aveva disposto la
iscrizione dei medesimi dipendenti all’AGO, presso una

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L

gestione speciale dell’Inps, e la soppressione e la
contestuale trasformazione del fondo esonerativo in fondo
integrativo, prescrivendo altresì che le modificazioni
statutarie del nuovo fondo integrativo dovessero essere
sottoposte all’approvazione del Ministero del Lavoro
(D.Lgs. n. 357 del 1990, art. 5, comma 5). Osservava la
Corte adita che il nuovo Statuto del Fondo del 1994 non
era mai stato approvato dal Ministero del lavoro ed
escludeva poi che detta approvazione fosse stata abolita
dalla legislazione successiva in materia di previdenza
complementare. Era vero infatti che anche per i fondi
integrativi ex esonerativi, come quello in causa, era
stata prevista l’inclusione nell’albo delle forme di
previdenza complementare già esistenti, ai sensi del
D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 18, successivamente
modificato dalla L. n. 335 del 1995, art. 14, ed era vero
altresì che, ancora successivamente, la L. n. 449 del
1997, art. 59, comma 40 (con l’aggiunta del D.Lgs. n. 124
del 1993, art. 18, comma 6 bis) aveva eliminato la
necessità di qualunque previa autorizzazione alle
modifiche statutarie dei fondi di previdenza
complementare, ma detta disposizione – affermava la Corte
– riguardava solo i fondi di previdenza complementare già
esistenti alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n.
124 del 1993, non già quelli in esame, i quali erano
passati da esonerativi ad integrativi. La prova che il
fondo di cui è causa era diverso da quelli effettivamente
complementari era anche dimostrato dal fatto che un vero
fondo di previdenza complementare era stato poi istituito
con l’accordo tra la Banca e le 00.SS. del 24 novembre
1993. In ogni caso, soggiungevano i Giudici d’appello,
anche a ritenere che l’abolizione di ogni approvazione
delle modifiche statutarie di cui alla L. n. 449 del
1997, citato art. 59, comma 40, riguardasse anche i fondi
ex esonerativi, detta abolizione non poteva che operare a
partire dall’entrata in vigore della legge di abolizione,
ossia dal primo gennaio 1998 e quindi non poteva incidere
sulla posizione del pensionato attore in giudizio, che
era cessato dal servizio in epoca ben precedente. Da ciò
discendeva l’operatività delle previsioni statutarie del
1973 e quindi il diritto alla inclusione, nella pensione
integrativa, della indennità di vacanza contrattuale.
Nessuna incidenza aveva poi l’accordo sindacale del 24
novembre 1993. Questo, infatti, era intervenuto per
mantenere ferme le disposizioni statutarie del 1973 in

tic ^Pt 3+j’61.t.

MOTIVI DELLA DECISIONE

l) Con il primo mezzo, si denunzia la violazione del
D.Lgs. n. 124 del 1993, artt. 1, 16, 17 e 18 e della L.
n. 449 del 1997, art. 59, comma 40 in relazione anche
all’art. 12 preleggi, per avere escluso la efficacia
dello Statuto del 1994, ritenendo necessaria
l’approvazione ministeriale. Erroneamente la sentenza
impugnata avrebbe negato che esso Fondo ricorrente,
essendo ex esonerativo, rientrasse tra le forme di
previdenza complementare già esistenti, contemplate dal
D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 18. Dovendo invece essere
incluso nel predetto art. 18, era quindi applicabile la
disposizione che aveva eliminato la necessità
dell’approvazione ministeriale. 2) Con il secondo motivo,
denunziando violazione del D.Lgs. n. 124 del 1993, art.
18, comma 6 bis, dell’art. 1362 cod. civ. e dell’accordo
sindacale del 24 novembre 1993, nonché dello Statuto del
1994, il Fondo si duole ancora che i Giudici d’appello
abbiano negato la sua inclusione nelle forme di
previdenza complementare, sul rilievo che solo con
l’accordo sindacale indicato era stata introdotta la
previdenza complementare. Ribatte il ricorrente che detto
accordo sindacale riguardava la previdenza complementare
dei dipendenti assunti successivamente al primo gennaio
1991, il che quindi non smentiva la natura di fondo
complementare o integrativo di esso ricorrente, che era
riservato a diversa categoria di personale, ossia a
coloro che erano già in servizio alla data del 31

relazione al ragguaglio della pensione integrativa alla
retribuzione dell’ultimo anno, in deroga al peggioramento
disposto dal D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 9 (retribuzione
media degli ultimi cinque anni), senza toccare però la
retribuzione pensionabile, perché le parti avevano
convenuto a tal fine di pervenire ad una concorde
_ ristesura dello Statuto del fondo, ponendo come principio
solo l’inclusione dell’indennità di rischio e delle
indennità ad personam. Circa le spese di lite la Corte di
appello riteneva corretto distinguere le spese di primo
grado tra la fase precedente la riunione dei giudizi e
quella successiva e conseguentemente liquidava le spese A
di prime cure. Avverso detta sentenza il Fondo
soccombente ricorre con otto motivi; festono le
iimuw 4″44-“; a. i
intimate con controricorso. Gt,

dicembre 1990, allorché vi era stata appunto la
trasformazione da esonerativo a integrativo ad opera del
D.Lgs. n. 357 del 1990, art. 2. 3) Con il terzo mezzo,
denunziando difetto di motivazione, si reiterano le
argomentazioni già svolte, e cioè che non sarebbe
corretto dedurre, dalla programmata istituzione di una
forma di previdenza complementare (quella riservata agli
assunti dopo il primo gennaio 1991), l’inesistenza di una
forma complementare precedente (quella appunto
riguardante il personale in servizio alla data del 31
dicembre 1990). 4) Con il quarto mezzo, denunziando
violazione delle medesime disposizioni, si critica la
sentenza per avere affermato che la abolizione della
approvazione ministeriale dello Statuto del 1994, ad
opera della L. n. 449 del 1997, art. 59, comma 40, era
ininfluente nei confronti dell’attuale contro ricorrente
perché non potrebbe che decorrere dal primo gennaio 1998,
mentre il lavoratore era cessato dal servizio in epoca
ben anteriore. Sostiene di contro il ricorrente che
l’approvazione ministeriale costituirebbe solo una
condizione di operatività dell’atto e non già un
requisito di validità, per cui opera retroattivamente, a
decorrere dalla sua conclusione. La sopravvenuta
impossibilità della approvazione, ad opera della citata
disposizione del 1997, determinerebbe la piena
applicazione e l’efficacia temporale dello Statuto del
1994, essendo ormai di per sè completo.
5) Con il quinto mezzo si lamenta violazione del D.Lgs.
n. 503 del 1992, artt. 2, 3, 6, 7 e 9 e dell’art. 1362
cod. civ. perché, contrariamente a quanto ritenuto dalla
sentenza impugnata, l’accordo del 24 novembre 1993 non
avrebbe immediatamente ripristinato il sistema più
favorevole di liquidazione della pensione sulla base
dell’ultimo mese di servizio, in deroga alla norma
peggiorativa di cui all’art. 9 del D.Lgs. che commisurava
la pensione alla retribuzione degli ultimi cinque anni,
ma con l’accordo medesimo le parti avrebbero solo
pattuito di introdurre la regola più favorevole nel nuovo
Statuto. 6)Con il sesto motivo si denunzia ancora
violazione delle medesime disposizioni, per avere
affermato che l’accordo aziendale del 24 novembre 1993
aveva ripristinato il sistema di calcolo di cui al
precedente Statuto del 1973, senza però considerare che
l’art. 4 decimo capoverso dell’accordo medesimo, aveva
escluso il computo, nella pensione integrativa, della

I primi quattro motivi di ricorso meritano accoglimento e
determinano l’assorbimento degli altri. Il Collegio
richiama il precedente specifico di questa Corte che con
sentenza n. 1468/2012 ha esaminato esaurientemente tutti
i problemi giuridici connessi alla vicenda fornendo
un’ampia e complessa motivazione che si condivide in toto
e alla quale non si ritiene necessario aggiungere
integrazioni di sorta posto che i motivi del presente
ricorso sono identici a quelli proposti nella
controversia già risolta da questa Corte:
” la causa verte sulla seguente questione: se la pensione
integrativa, erogata dal Fondo attuale ricorrente, a un
dipendente cessato dal servizio il 31 dicembre 1993,
debba o no essere comprensiva dell’indennità di vacanza
contrattuale. Questa era stata introdotta dal CCNL del
19.12.94, il quale ne disponeva la esclusione dal calcolo
della pensione integrativa, ma faceva però salva una
diversa disposizione dello Statuto del Fondo, e la
riserva era ovvia, giacché il sistema di calcolo di dette
pensioni non poteva che essere dettato dallo Statuto, che
ne è la normativa regolatrice esclusiva. Da ciò
l’ulteriore questione, centrale nel giudizio, di quale
fosse lo Statuto da applicare, essendovi sul punto
contrasto tra le parti: per il Fondo ricorrente, in caso
di cessazione al 31 dicembre 1993, doveva applicarsi lo

richiesta indennità di vacanza contrattuale. 7) Con il
settimo motivo, denunziando la contraddittorietà della
sentenza, si reiterano nella sostanza le censure di cui
al motivo precedente: sarebbe contraddittorio affermare
il carattere vincolante dell’accordo del 24 novembre 1993
nella parte in cui ripristina il regime più favorevole di
commisurazione della pensione integrativa alla
retribuzione dell’ultimo anno (invece che alla media del
quinquennio precedente) ed il carattere non vincolante
delle restati clausole sulla determinazione della
retribuzione pensionabile, escludente la indennità di
vacanza contrattuale. 8)Con l’ultimo motivo si allega
l’omessa od insufficiente motivazione con riferimento ad
un atto controverso e decisivo per il giudizio. Non era
stato motivato perché si doveva distinguere in ordine
alla liquidazione delle spese di primo grado tra la fase
precedente la riunione dei giudizi e quella successiva,
né si era mostrato il criterio di calcolo utilizzato per
arrivare alla nuova liquidazione delle spese.

le cui disposizioni
Statuto del 26 maggio 1994,
decorrevano dal primo gennaio 1993. Poiché detto Statuto
pacificamente escludeva dal computo della pensione
integrativa la indennità di vacanza contrattuale (così
infatti ha ritenuto la sentenza impugnata, e sul punto
non ci sono censure), l’attuale ricorrente insisteva per
la infondatezza della pretesa. Diversa era la tesi del
pensionato, il quale, eccependo l’inefficacia dello
Statuto del 1994, perché non aveva ricevuto la prescritta
approvazione ministeriale, sosteneva doversi applicare il
precedente Statuto del 1973, il quale comprendeva invece
nella pensione integrativa “gli importi dovuti per
contratti o accordi aventi effetto retroattivo (art. 31,
n. 12) e “qualunque altra indennità corrisposta con
carattere continuativo (art. 31, n. 11), con conseguente
suo diritto alla inclusione, nella pensione integrativa,
della indennità di vacanza contrattuale. Occorre quindi
decidere se lo Statuto del 1994, invocato dal Fondo
regoli o no la pensione integrativa dell’attuale
controricorrente, avendo riguardo alla complessa
normativa che sul punto si è succeduta. Com’è noto, con
la L. 30 luglio 1990, n. 218 e con il D.Lgs. 20 novembre
1990, n. 357, è stato profondamente modificato il sistema
assicurativo dei dipendenti bancari: il fondo
“esonerativo” dell’AGO cui costoro erano iscritti, si è
trasformato in fondo “integrativo”, ossia anche questo
personale è stato iscritto all’AGO, mantenendo però la
tutela del vecchio fondo, il quale “integra” la pensione
erogata dall’AGO, per garantire un migliore trattamento
complessivo. A detto fondo integrativo sono stati
iscritti i dipendenti in servizio alla data del 31
dicembre 1990 e non coloro che sarebbero stati assunti da
data successiva, lo prevede espressamente il citato
D.Lgs. n. 357 del 1990, art. 2, si trattava quindi di un
fondo ad esaurimento.I1 D.Lgs. n. 357 del 1990, art. 5,
comma 5 del medesimo prescriveva che le modifiche dello
Statuto fossero assoggettate all’approvazione del
Ministero del Lavoro, ed è pacifico che lo Statuto del
1994, non abbia mai ricevuto detta approvazione (pur
ritenuta necessaria dalla giurisprudenza di questa Corte,
cfr. Cass. 8687/99). Occorre però verificare se, a
seguito delle modifiche legislative, detta disposizione
sia stata abrogata e quindi se sia stata abolita
l’approvazione ministeriale, nonché gli effetti che ne
derivano. Vi è da rilevare che alla data di approvazione

-7-

del nuovo Statuto, 26 maggio 1994, era incerto se le
modifiche statutarie dei fondi ex esonerativi dovessero
ancora essere assoggettate all’approvazione del Ministero
del Lavoro, come prescritto dal D.Lgs. n. 357 del 1990,
art. 5, comma 5, oppure il regime delle approvazioni
fosse stato modificato perché detti fondi dovevano
rientrare nell’alveo della previdenza complementare,
introdotta nell’ordinamento dal D.Lgs. n. 124 del 1993, e
precisamente nelle forme pensionistiche istituite prima
dell’entrata in vigore del medesimo decreto legislativo,
perché, in caso positivo, il regime delle approvazioni
sarebbe stato diverso, giacché la vigilanza e quindi
l’approvazione degli Statuti è rimessa ad una Commissione
(peraltro istituita presso lo stesso Ministero del
Lavoro), ai sensi del citato D.Lgs. n. 124 del 1993,
artt. 16 e 17, L’esistenza di questa incertezza è
testimoniata dal parere richiesto al Consiglio di Stato
dell’il gennaio 1995 (cui si fa riferimento sia in
ricorso, sia in controricorso), il quale prospettò
l’esigenza di un intervento legislativo ad hoc per
chiarire quale fosse il regime applicabile ai fondi ex
esonerativi. L’auspicato intervento legislativo seguì ad
opera della L. n. 335 del 1995, che, all’art. 14 (nel
sostituire il testo del D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 17)
ha espressamente contemplato “i fondi di cui al D.Lgs. n.
357 del 1990, art. 2”, per cui si deve sicuramente
concludere che la normativa in tema di previdenza
complementare, ivi compresa quella concernente la
vigilanza e l’approvazione degli statuti, si applica
anche ai fondi “ex esonerativi” dei dipendenti bancari,
qual è quello di cui è causa. In tal senso si è anche
pronunciata la Corte Costituzionale con la sentenza n.
393 del 2000. 10.4. È poi errato quanto si rileva nella
sentenza impugnata, per cui l’attuale ricorrente non
poteva avere natura di fondo di previdenza complementare,
rientrante nell’ambito del D.Lgs. n. 124 del 1993, perché
un vero fondo di previdenza complementare era stato
istituito solo dall’accordo tra la Banca e le 00.SS. del
24 novembre 1993.L’argomentazione è errata perché
l’accordo sindacale richiamato in sentenza riguardava la
previdenza complementare dei dipendenti assunti
successivamente al primo gennaio 1991, mentre si tratta
in causa del fondo integrativo di cui al D.Lgs. n. 357
del 1990, art. 2, che era riservato a coloro che erano
già in servizio alla data del 31 dicembre 1990,

P

conseguente alla trasformazione dal fondo medesimo da
esonerativo a integrativo. Ne discende che, rientrando il
Fondo ricorrente nell’ambito della previdenza
complementare, a partire dalla entrata in vigore della L.
n. 335 del 1995, l’approvazione dello Statuto non
competeva più al Ministero del Lavoro, ma alla
– Commissione di cui il D.Lgs. n. 124 del 1993, artt. 17 e
18, come modificati dalla L. n. 335 del 1995, art. 14. Ha
quindi errato la sentenza impugnata nell’affermare la
perdurante necessità dell’approvazione dello Statuto del
1994 ad opera del Ministero del Lavoro e quindi, in
mancanza, la sua inefficacia a regolare la pensione della
parte controricorrente. Va però ulteriormente considerato
che neppure la Commissione sembra avere mai provveduto
all’approvazione dello Statuto del 1994. Il Fondo
ricorrente invoca però una successiva disposizione che,
secondo la sua tesi, avrebbe eliminato la necessità della
approvazione, e da ciò conseguirebbe la piena efficacia
dello Statuto indicato. Si tratta della L. 27 dicembre
1997, n. 449, art. 59, comma 40, con cui si inserisce, al
D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 18, comma 6 bis, il quale,
dopo avere disposto che le forme di previdenza
complementare preesistenti devono essere iscritte in una
sezione speciale dell’albo, tenuto dalla Commissione, e
dopo avere disposto che l’attività di vigilanza sarebbe
stata espletata da parte della Commissione secondo “piani
di attività differenziati temporalmente…” prevede,
nell’ultima parte “Alle modifiche statutarie relative
alle forme pensionistiche di cui al comma
1 deliberate prima della iscrizione nella sezione
speciale dell’albo dei fondi pensione disposta dalla
Commissione, non si applicano l’art. 17, comma 2, lett.
b), o comunque altre procedure di autorizzazione”.
Pertanto le modificazione degli statuti, se deliberate
prima della iscrizione nell’albo, non sono soggette ne’
alla approvazione della Commissione, come pur prevedeva
il D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 17, comma 2 lett. b), ne’
ad alcun altra autorizzazione. La ratio della
disposizione appare chiara: si tratta di una norma
transitoria finalizzata a conferire finalmente efficacia
alle modifiche statutarie che i fondi di previdenza
complementare avevano deliberato, anche in tempi remoti,
e che erano rimaste prive del provvedimento di
approvazione, e quindi inefficaci, a causa delle
vicissitudini normative conseguenti alla introduzione

3

della previdenza complementare, che aveva modificato il
regime delle approvazioni (donde la situazione di
incertezza che aveva indotto a chiedere il parere del
Consiglio di Stato), trasferendole dal Ministero del
Lavoro alla Commissione di nuova istituzione, la quale,
peraltro non avrebbe potuto provvedere tempestivamente,
• essendo appunto previsti, per l’attività di vigilanza sui
fondi già iscritti, “piani di attività differenziati
• temporalmente…”. Quanto alla efficacia nel tempo della
abolizione di detta autorizzazione, questione trattata
con il quarto motivo, ha errato la Corte territoriale
nell’affermare che detta abolizione operava solo dalla
data di entrata in vigore della L. n. 449 del 1997 e
quindi dal primo gennaio 1998, di talché non poteva
valere nei confronti della parte contro ricorrente,
cessata dal servizio in epoca ben precedente. In primo
luogo va considerato che l’esistenza giuridica dello
statuto coincide con l’emanazione diír=1 esso, giacche il
visto o l’approvazione dell’autorità tutoria non attiene
alla sua formazione, ma è un requisito di esecutorietà
che opera ex tunc, rendendo cioè l’atto produttivo di
effetti sin dalla data della sua emanazione (cfr. tra le
tante Cass. 4490/99). Va considerato altresì che, ne’ nel
D.Lgs. n. 357 del 1990, ne’ nella normativa sulla
previdenza complementare è reperibile alcuna disposizione
prescrittiva del termine entro il quale lo statuto dovev
e deve essere approvato dall’autorità tutoria. Se dunque
l’approvazione dello Statuto costituiva una condizione a
cui era subordinata l’efficacia dell’atto, per cui – una
volta data l’approvazione – gli effetti sicuramente
retroagivano all’epoca della sua emanazione, lo stesso
esito non può non verificarsi nel caso di eliminazione
dell’approvazione: una volta eliminato l’elemento che ne
condizionava l’efficacia, non vi è più nulla che
impedisca il pieno dispiegamento di tutti i suoi effetti,

ivi compresa la data di decorrenza ivi indicata, e che
quindi lo statuto del 1994 debba regolare, come da sua
espressa previsione, contribuzioni e pensioni a partire
dal primo gennaio 1993, incidendo così sulla posizione
dell’attuale parte controcorrente. Peraltro non è
possibile ritenere che la abolizione dell’approvazione
operi ex nunc, come ritiene la sentenza impugnata, e
quindi si riferisca solo alle modifiche statutarie
intervenute dopo l’entrata in vigore della legge, se si
considera che, secondo il tenore letterale della norma,

Conseguentemente va cassata la sentenza impugnata in
relazione ai motivi accolti; non essendovi necessità di
ulteriori accertamenti all’esito dei principi affermati,
la causa va decisa nel merito con il rigetto della
domanda di cui al ricorso introduttivo. La novità delle
questioni giustifica la compensazione delle spese
dell’intero giudizio, posto che al momento del depositi)
del ricorso non era ancora stata pubblicata la decisione
di questa Corte del 2012.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata
e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di cui al
ricorso introduttivo. Compensa le spese dell’intero
processo.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del
19.11.2013.

detta abolizione opera esclusivamente per le modifiche
statutarie intervenute “prima” dell’iscrizione all’albo e
sicuramente prima dell’entrata in vigore della legge,
ossia in data anteriore al primo gennaio 1998. La
eliminazione della approvazione, peraltro attraverso
l’uso di una formula perentoria, ” comunque altre
▪ procedure ai autorizzazione…”, fa sì che nulla più
impedisce l’efficacia delle modificazioni, per come tali
ossia con la originaria
• erano state deliberate,
decorrenza del primo gennaio 1993 ‘A ( cfr. cass. n.
1468/2012). Gli altri motivi da 5 a 7 che vertono
sull’interpretazione dell’accordo del 24 novembre 1993,
essendo ormai accertata la efficacia dello Statuto del
1994 e quindi la esclusione della indennità di vacanza
contrattuale dalla pensione integrativa non debbono
essere esaminati essendo chiaramente assorbiti
dall’accoglimento dei primi 4, così come assorbito è
certamente l’ultimo motivo concernente le spese relative
al primo grado così come liquidate in appello in quanto
le parti oggi intimate vanno considerate ormai
soccombenti in primo grado.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA