Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3976 del 16/02/2021

Cassazione civile sez. trib., 16/02/2021, (ud. 08/10/2020, dep. 16/02/2021), n.3976

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25458-2016 proposto da:

V.A.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SISTINA,

42, presso lo studio dell’avvocato GALOPPI GIOVANNI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato TOSCA ALFREDO;

– ricorrente –

e da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

V.A.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SISTINA,

42, presso lo studio dell’avvocato GALOPPI GIOVANNI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato TOSCA ALFREDO;

– controricorrente all’incidentale –

avverso la sentenza n. 2270/2016 della COMM. TRIB. REG. LOMBARDIA,

depositata il 15/04/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

08/10/2020 dal Consigliere Dott. CAVALLARI DARIO.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

V.A.M. ha proposto ricorso contro un atto di contestazione emesso per irrogazione di sanzione amministrativa.

La CTP di Milano, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 4176/44/2014, ha accolto il ricorso.

L’Agenzia delle Entrate ha presentato appello che la CTR Milano, nel contraddittorio delle parti, ha accolto con sentenza n. 2270/2016.

V.A.M. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi.

L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso e ha proposto ricorso incidentale condizionato sulla base di due motivi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Parte ricorrente ha depositato documentazione dalla quale risulta la sua adesione alla definizione agevolata dei carichi pendenti D.L. n. 193 del 2016, ex art. 6, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 225 del 2016, nonchè il pagamento degli importi dovuti.

Al riguardo, si rileva che, diversamente da quanto avviene per il processo civile ordinario, nel processo tributario la cessazione della materia del contendere è espressamente disciplinata dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 46, ove è stabilito che “1. Il giudizio si estingue, in tutto o in parte, nei casi di definizione delle pendenze tributarie previsti dalla legge e in ogni altro caso di cessazione della materia del contendere”, con la precisazione che “2. La cessazione della materia del contendere è dichiarata con decreto del presidente o con sentenza della commissione. Il provvedimento presidenziale è reclamabile a norma dell’art. 28”.

La stessa disposizione poi precisa che “3. Nei casi di definizione delle pendenze tributarie previsti dalla legge le spese del giudizio estinto restano a carico della parte che le ha anticipate”.

Numerose sono le pronunce che hanno applicato il disposto del citato D.Lgs., art. 46, comma 1, ai casi di cessazione della materia del contendere verificatesi in pendenza del giudizio di legittimità (cfr. Cass., Sez. 5, n. 27815/2019).

Questa Corte ha, inoltre, più volte evidenziato che, nonostante l’estinzione del giudizio, in tali ipotesi, non può darsi una sopravvivenza della pronuncia di merito. Secondo il menzionato indirizzo, dunque, la decisione impugnata deve essere cassata senza rinvio, non potendo riconoscersi la idoneità al passaggio in giudicato di una regolamentazione del rapporto controverso non più attuale (cfr. Cass., sez. 6-5, n. 9753/2017).

2. In conclusione deve essere dichiarata l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere e, conseguentemente, deve essere cassata senza rinvio la decisione impugnata.

Le spese sono compensate, atteso che la condanna alle spese del contribuente contrasterebbe con la ratio della definizione agevolata, dissuadendolo dall’aderire alla stessa mediante la previsione di oneri ulteriori rispetto a quelli contemplati dalla legge (Cass., Sez. 6-L, n. 28311/2018).

Per le stesse ragioni, non sussistono i presupposti per imporre al ricorrente il pagamento del cd. doppio contributo unificato (Cass., Sez. 5, n. 31732/2018).

P.Q.M.

La Corte:

– dichiara estinto il giudizio e compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 5 Sezione Civile, il 8 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2021

 

 

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