Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3975 del 18/02/2011

Cassazione civile sez. trib., 18/02/2011, (ud. 02/12/2010, dep. 18/02/2011), n.3975

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 7859/2009 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

COOPERATIVA AGRICOLA LAGO DI VICO (OMISSIS) in persona del legale

rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA POMPEO TROGO

21, presso lo studio dell’avvocato CASANOVA STEFANIA, rappresentata e

difesa dagli avvocati VETTORI Alessandro, BONI MASSIMO, giusta

procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 9/2009 della Commissione Tributaria Regionale

di ROMA del 16.12.08, depositata il 07/01/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

02/12/2010 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ENNIO

ATTILIO SEPE.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

Considerato che è stata depositata in cancelleria relazione del seguente tenore:

“Con sentenza del 7/1/2009 la Commissione Tributaria Regionale del Lazio respingeva il gravame interposto dall’AGENZIA DELLE ENTRATE di Viterbo nei confronti pronunzia della Commissione Tributaria Provinciale di Viterbo di accoglimento, in applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 9 bis, di 2 opposizioni spiegate dalla contribuente società LAGO DI VICO COOP AGRICOLA nei confronti di cartelle di pagamento n. (OMISSIS) inerenti gli anni d’imposta dal 2000 al 2003.

Avverso la suindicata sentenza del giudice dell’appello l’Agenzia delle entrate propone ora ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo, con il quale denunzia violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, artt. 8, 9 e 9 bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

L’intimata non ha svolto attività difensiva.

Il motivo appare fondato.

Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, il condono previsto alla L. n. 289 del 2002, art. 9 bis, ha struttura e funzione diversa rispetto alle altre forme di sanatoria previste alla L. n. 289 del 2002, artt. 7, 8, 9, 15 e 16 (v. Cass., 6/10/2010, n. 20745).

Nel disciplinare la definizione degli omessi e tardivi versamenti delle imposte e delle ritenute emergenti dalle presentate dichiarazioni, distinguendo le ipotesi in cui vi sia stata (comma 2) o meno (comma 1) l’iscrizione a ruolo, la L. n. 289 del 2002, art. 9 bis, attribuisce al contribuente la possibilità di sanare le violazioni mediante il pagamento di quanto dovuto a titolo di imposta e di interessi, ovvero, in caso di mero ritardo, con il pagamento dei soli interessi, senza ulteriori aggravi, e in particolare senza le sanzioni.

Si tratta di una particolare forma di sanatoria (c.d. condono demenziale ) di natura invero diversa rispetto alla altre ipotesi previste alla L. n. 289 del 2002, artt. 7, 8, 9, 15 e 16 (c.d.

condono premiale), le quali ultime attribuiscono al contribuente il diritto potestativo di chiedere un accertamento straordinario, da effettuarsi secondo regole peculiari e diverse da quelle ordinarie, del proprio rapporto tributario (v. Cass., 31/8/2007, n. 18353).

Diversamente da tali ipotesi, all’istanza di sanatoria non consegue invero una necessaria attività di liquidazione D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, non comportando in realtà il condono ex art. 9 bis, incertezza alcuna in ordine al quantum da versarsi da parte del contribuente per definire favorevolmente la vicenda fiscale, trattandosi dell’ammontare dal medesimo indicato nella dichiarazione integrativa presentata ai sensi del comma 3, con gli interessi ex comma 4.

In ipotesi di pagamento rateale previsto dall’art. 9 bis (come modificato dalla L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 45, recante legge finanziaria per il 2004), così come invero anche in altre ipotesi (es. relativamente al condono L. n. 689 del 2002, ex art. 12: v.

Cass., 6/10/2010, n. 20746; Cass., 15/9/2009, n. 19826) il condono è pertanto condizionato all’integrale pagamento di quanto dovuto (v.

Cass., 6/10/2010, n. 20745).

Al condono L. n. 289 del 2002, ex art. 9 bis, non può ritenersi dunque applicabile il principio da questa Corte affermato con riferimento alla chiusura delle liti fiscali pendenti prevista dalla L. n. 289 del 2002, art. 16, in base al quale nel caso in cui il contribuente si avvalga della facoltà, prevista dal comma 2 di detta disposizione, di versare ratealmente l’importo dovuto, soltanto l’omesso versamento della prima rata comporta l’inefficacia dell’istanza di condono, con la conseguente perdita della possibilità di avvalersi della definizione agevolata, mentre in caso di mancato versamento delle rate successive si procede ad iscrizione a ruolo (a titolo definitivo) dell’importo dovuto, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 14, con addebito di una sanzione amministrativa pari al 30 per cento delle somme non versate (ridotta alla metà in caso di versamento eseguito entro i trenta giorni successivi alla scadenza della rata), oltre agli interessi legali (v.

Cass., 23/10/2006, n. 22788. V. anche Cass., 28/5/2007, n. 12410;

Cass., 22/3/2006, n. 6370).

Deve conseguentemente escludersi che nell’ipotesi in considerazione il pagamento della prima rata sia atto sufficiente a determinare la definizione della lite pendente, essendo al riguardo invero necessario il versamento dell’ultimo rateo (v. Cass., 6/10/2010, n. 20745).

Orbene, nell’affermare di dover applicare anche alla definizione dei ritardati od omessi versamenti L. n. 289 del 2002, ex art. 9 bis, per estensione analogica le medesime norme previste per tutti gli altri tipi di definizione, e in particolare il principio in base al quale il ritardato e/o omesso versamento delle rate esclusa la prima non comporta l’inefficacia della definizione, il giudice dell’appello ha invero disatteso i suindicati principi.

Dell’impugnata sentenza s’imporrà pertanto la cassazione. Non essendo peraltro necessari ulteriori accertamenti in fatto, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, la causa potrà essere decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo della contribuente”;

atteso che la relazione è stata comunicata al P.G. e notificata ai difensori della parte costituita;

rilevato che le parti non hanno presentato memoria nè vi è stata richiesta di audizione in Camera di consiglio;

considerato che il P.G. ha condiviso la relazione;

rilevato che a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio il collegio ha condiviso le osservazioni esposte nella relazione;

ritenuto che il ricorso deve essere pertanto accolto, e che non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, la causa può essere decisa nel merito, con rigetto del ricorso introduttivo della contribuente e la compensazione integrale tra le parti delle dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente.

Compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2011

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