Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3974 del 19/02/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 3974 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PETITTI STEFANO

ORDINANZA

c-9,< sul ricorso proposto da: ROBAZZA Costante, rappresentato e difeso, per procura speciale a margine del ricorso, dagli Avvocati Giovanni Izzi, Michele Toniatti e Antonella Lo Conte, elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultima in Roma, Piazza Adriana n. 20; - ricorrente - contro PELLIZZARI Giancarlo (PLZ GNN 50B19 1252E), rappresentato e difeso, per procura speciale a margine del controricorso, dagli Avvocati Luigi Fagetti e Filippo Tornabuoni, elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultimo in Roma, viale Bruno Buozzi n. 77; - controricorrente -; e7- Data pubblicazione: 19/02/2014 avverso la sentenza della Corte d'appello di Milano n.2844 del 2010, depositata in data 25 ottobre 2010. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 9 gennaio 2014 dal Consigliere relatore Dott. Ritenuto che Pellizzari Giancarlo conveniva in giudizio, dinnanzi al Tribunale di Milano, Robazza Costante, sostenendo di essere stato da questi contattato al fine di proporgli l'acquisto di una scultura di bronzo raffigurante una donna acefala, attribuita all'artista Alberto Giacometti e valutata circa novecento milioni di lire; che l'attore esponeva che il Robazza gli aveva quindi consegnato la statua per poterne verificare l'autenticità prima di deciderne l'acquisto, e che contestualmente egli aveva consegnato al Robazza la somma di 90 milioni di lire, che sarebbe stata imputata al prezzo nel caso di futuro acquisto e sarebbe stata restituita in caso di mancato acquisto; che nel corso delle verifiche era emerso che la statua non era uno dei sei esemplari realizzati presso la fonderia Trevisan, ma una copia di scarsissimo valore commerciale e di nessun valore artistico; che il Robazza tuttavia non aveva adempiuto alla richiesta che di restituzione della somma e non si era preoccupato di ricevere in restituzione la statua; Stefano Petitti. che si costituiva in giudizio il Robazza, chiedendo di chiamare in causa il sig. Alberto Faldini, da cui aveva acquistato la statua, al fine della manleva in caso di condanna, e, contestando la domanda attorea, deduceva manda riconvenzionale, la condanna dell'attore al pagamento della somma di 310 milioni di lire quale saldo del prezzo di compravendita, sul presupposto che il contratto si fosse già concluso tra le parti; che il Tribunale autorizzava la chiamata in causa del terzo, il quale, peraltro, rimaneva contumace; che con sentenza n. 1249 del 2005, pronunciata il 17 novembre 2005, il Tribunale di Milano, in composizione monocratica, rigettava sia la domanda risarcitoria, sia la domanda di adempimento contrattuale proposta dal sig. Pellizzari; che avverso questa sentenza il Pellizzari proponeva appello; che nella contumacia del Robazza e del Faldini, la Corte di Appello di Milano, con sentenza depositata il 25 ottobre 2010, accoglieva in parte l'appello e riformava parzialmente la decisione del Tribunale, condannando il Robazza alla restituzione della somma di lire 90 milioni, pari a 46.481,12 euro, oltre a rivalutazione monetaria ed interessi compensativi medi dal giorno del versamento di 3 l'autenticità dell'opera chiedendo altresì, a mezzo di do- detta somma, nonché al pagamento di euro 7.500,00 a titolo di danno non patrimoniale; che per la cassazione di questa sentenza Robazza Costante ha proposto ricorso affidato a due motivi, cui ha Considerato che deve preliminarmente rilevarsi che non è di ostacolo alla trattazione del ricorso la mancata presenza, alla odierna pubblica udienza, del rappresentante della Procura generale presso questa Corte; che invero, l'art. 70, comma secondo, cod. proc. civ., quale risultante dalle modifiche introdotte dall'art. 75 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, nella legge 9 agosto 2013, n. 98, prevede che il pubblico ministero «deve intervenire nelle cause davanti alla Corte di cassazione nei casi stabiliti dalla legge»; che a sua volta l'art. 76 del r.d. 10 gennaio 1941, n. 12, come sostituito dall'art. 81 del citato decreto-legge n 69, al primo comma dispone che «Il pubblico ministero presso la Corte di cassazione interviene e conclude: a) in tutte le udienze penali; b) in tutte le udienze dinanzi alle Sezioni unite civili e nelle udienze pubbliche dinanzi alle sezioni semplici della Corte di cassazione, ad eccezione di quelle che si svolgono dinanzi alla sezione di resistito con controricorso l'intimato. cui all'articolo 376, primo comma, primo periodo, del codice di procedura civile»; che l'art. 376, primo comma, cod. proc. civ. stabilisce che «Il primo presidente, tranne quando ricorrono le ad apposita sezione che verifica se sussistono i presupposti per la pronunzia in camera di consiglio»; che, infine, l'art. 75 del già citato decreto-legge n. 69 del 2013, quale risultante dalla legge di conversione n. 98 del 2013, dopo aver disposto, al primo comma, la sostituzione dell'art. 70, secondo comma, del codice di rito, e la modificazione degli artt. 380-bis, secondo comma, e 390, primo comma, del medesimo codice, per adeguare la disciplina del rito camerale alla disposta esclusione della partecipazione del pubblico ministero alle udienze che si tengono dinnanzi alla sezione di cui all'art. 376, primo comma, al secondo comma ha stabilito che «Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano ai giudizi dinanzi alla Corte di cassazione nei quali il decreto di fissazione dell'udienza o dell'adunanza in camera di consiglio sia adottato a partire dal giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto», e cioè a far data dal 22 agosto 2013; che, ad avviso del Collegio, l'esplicito riferimento contenuto sia nell'art. 76, comma primo, lett. b), del condizioni previste dall'articolo 374, assegna i ricorsi r.d. n. 12 del 1941 (come modificato dall'art. 81 del decreto-legge n. 69 del 2013), sia nell'art. 75, comma 2, citato, alle udienze che si tengano presso la Sesta sezione (e cioè quella di cui all'art. 376, primo comma, cod. sezione è abilitata a tenere oltre alle adunanze camerali anche udienze pubbliche, ma anche che alle udienze che si tengono presso la stessa sezione non è più obbligatoria la partecipazione del pubblico ministero; che rimane ovviamente impregiudicata la facoltà dell'ufficio del pubblico ministero di intervenire ai sensi dell'art. 70, terzo comma, cod. proc. civ., e cioè ove ravvisi un pubblico interesse; che, nel caso di specie, il decreto di fissazione dell'udienza odierna è stato emesso in data 25 settembre 2013, sicché deve concludersi che l'udienza pubblica ben può essere tenuta senza la partecipazione del rappresentante della Procura generale presso questa Corte, non avendo il detto ufficio, al quale pure copia integrale del ruolo di udienza è stata trasmessa, ravvisato un interesse pubblico che giustificasse la propria partecipazione ai sensi dell'art. 70, terzo comma, cod. proc. civ.; che, ciò premesso, il Collegio rileva che, in prossimità dell'udienza, il ricorrente ha deposita memoria con proc. civ.), consente di ritenere non solo che la detta allegato atto di transazione contenete la rinuncia al ricorso e l'accettazione della rinuncia; che, pertanto, il giudizio deve essere dichiarato estinto, stante la ritualità della rinuncia e che non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, avendo l'intimato accettato la rinuncia. PER QUESTI MOTIVI La Corte dichiara estinto il giudizio di cassazione. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-2 Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 9 gennaio 2014. dell'accettazione;

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