Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3973 del 18/02/2011

Cassazione civile sez. lav., 18/02/2011, (ud. 17/12/2010, dep. 18/02/2011), n.3973

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – rel. Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 9475-2010 proposto da:

ITALCARNI SPA (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

Amministratore Unico, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G.

SPONTINI 11, presso lo studio dell’avvocato BARTOLINI PAOLA,

rappresentata e difesa dall’avvocato VITALE SILVESTRO, giusta procura

a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

L.G.A. (OMISSIS), S.O.

(OMISSIS), A.M. (OMISSIS), elettivamente

domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE di CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dall’avvocato LICARI FULVIO, giusta procura

speciale a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 320/2009 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA del 13/05/09, depositata il 21/05/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/12/2010 dal Consigliere Relatore Dott. LA TERZA Maura;

è presente il P.G. in persona del Dott. FEDELI Massimo.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Caltanissetta confermava la illegittimità del licenziamento intimato dalla Italcarni spa a A.M., L.G.A. e S. O. in data 2 gennaio 2006. I Giudici di merito affermavano non essere stata fornita la prova del giustificato motivo oggettivo, in quanto i tre dipendenti non si occupavano solo delle operazioni di scolonnamento dei bovini, attività che, secondo la Società, era cessata a seguito della entrata in vigore di una direttiva comunitaria, ma anche di altre attività come il sezionamento di tutti i tipi di carni, la pulizia ed il trasporto merci; costoro facevano in sostanza attività di macellai, e quindi una attività rientrante nell’oggetto sociale, mentre era rimasta sfornita di prova la circostanza allegata dalla società di avere esternalizzato l’attività di sezionamento degli animali;

Avverso detta sentenza la Italcarni spa propone ricorso con due motivi. I lavoratori resistono con controricorso.

Con entrambi i motivi si deduce difetto di motivazione, focalizzandoli nell’evidenziare che non era stata data risposta al motivo d’appello con cui si assumeva che, dopo il licenziamento dei tre dipendenti, non era rimasto nessuno a svolgere mansioni di macellaio, ma erano in forza solo figure professionali di impiegato, autista munito di patente speciale ed operai comuni addetti ad incombenze generiche;

Letta la relazione resa ex art. 380 bis c.p.c. di manifesta infondatezza del ricorso;

Ritenuto che i rilievi di cui alla relazione sono condivisibili, perchè, in primo luogo, entrambe le censure di vizio di motivazione sono del tutto prive di quel necessario momento di sintesi che, anche per quanto concerne i vizi di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, deve accompagnare l’illustrazione del motivo, sì da circoscriverne puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità, con riguardo alla indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, nonchè delle ragioni per cui la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione (cfr. Cass., sez. un., n. 16528 del 2008; id, n. 2652 del 2008); In ogni caso la sentenza impugnata ha esaminato anche la questione del venir meno della attività di macellazione, assumendo l’azienda che l’aveva esternalizzata, ed ha osservato che la circostanza non rispondeva al vero almeno fino al marzo del 2006 (il licenziamento era del gennaio precedente) in forza della deposizione del medico veterinario che ha asseverato la continuazione dell’attività;

Peraltro la eliminazione del settore macellazione avrebbe potuto giustificare i recessi per cui è causa solo se anteriore o di poco posteriore ad essi, il che non è stato dedotto in ricorso, in cui si fa genericamente cenno alla dismissione di quella attività solo alla fine dell’anno 2006;

Ritenuto che il ricorso va quindi rigettato nei confronti del solo A.M., giacchè gli altri due lavoratori, L.G. A. e S.O. hanno conciliato la causa, per cui va dichiarato inammissibile il ricorso proposto nei loro confronti per cessazione della materia del contendere e con compensazione delle spese, mentre la società soccombente va condannata alla rifusione delle spese a favore dell’ A..

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso per cessazione della materia del contendere nei confronti di L.G.A. e S.O., con compensazione delle spese; rigetta il ricorso nei confronti di A.M. e condanna la ricorrente al pagamento delle spese nei suoi confronti liquidate in Euro trenta per spese ed in Euro duemila per onorari, oltre spese generali Iva e CPA. Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2011

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