Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3970 del 08/02/2022

Cassazione civile sez. lav., 08/02/2022, (ud. 18/11/2020, dep. 08/02/2022), n.3970

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 331-2016 proposto da:

B.S.G., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dagli avvocati VINCENZO GIULIANO, PACIFICO

BORRIELLO;

– ricorrente –

contro

INTESA SAN PAOLO S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BARBERINI 47, presso

lo studio dell’avvocato ANGELO PANDOLFO, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato MARIALUCREZIA TURCO;

– controricorrente –

e contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati LUIGI CALIULO,

LIDIA CARCAVALLO, ANTONELLA PATTERI, SERGIO PREDEN;

– controricorrente –

e sul ricorso successivo senza n.r.g. proposto da:

F.V., G.G., M.A., R.L., tutti

elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE ANGELICO 78 presso lo

studio degli avvocati ALESSANDRO FERRARA, MASSIMO FERRARO,

rappresentati e difesi dagli avvocati ALDO MANNA, FABIO D’ISANTO;

– ricorrenti successivi –

contro

INTESA SAN PAOLO S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BARBERINI 47, presso

lo studio dell’avvocato ANGELO PANDOLFO, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato MARIALUCREZIA TURCO;

– controricorrente al ricorso successivo –

e contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati LUIGI CALIULO,

LIDIA CARCAVALLO, ANTONELLA PATTERI, SERGIO PREDEN;

– controricorrente al ricorso successivo –

avverso la sentenza n. 4251/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 03/06/2015 R.G.N. 5437/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/11/2021 dal Consigliere Dott. DANIELA CALAFIORE.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

la Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 4251 del 2015, depositata il 3 giugno 2015, ha rigettato l’impugnazione proposta da F.V., B.S. G., G.G., M.A. e R.L., già dipendenti del Banco di Napoli s.p.a. che avevano aderito alla procedura per esodo incentivato di cui al D.M. n. 158 del 2000, avverso la sentenza di primo grado di rigetto della loro domanda tesa ad ottenere, anche nei confronti dell’INPS, la rideterminazione della contribuzione cd. correlata, che il Banco di Napoli s.p.a. (incorporato prima da San Paolo Imi s.p.a. e poi da Intesa San Paolo s.p.a.), era tenuto a versare, includendovi non solo le voci fisse della retribuzione ma anche quelle variabili, in applicazione dei criteri stabiliti dal D.M. n. 158 del 2000, art. 10, punto 7, e dal D.Lgs. n. 184 del 1997, art. 7;

la Corte territoriale ha ritenuto i contributi versati di tipo figurativo e non volontario per cui la retribuzione di cui al D.M. n. 158 del 2000, art. 10, comma 7, sulla quale doveva essere calcolata la contribuzione (1/360 della retribuzione annua per ogni giornata, quale fissata dalla contrattazione collettiva vigente al momento della cessazione del rapporto) era solo quella comprensiva delle voci fisse, con esclusione delle variazioni occasionali, sia positive che negative;

per la cassazione della sentenza propone ricorso B.S. G. con tre motivi: 1) violazione e falsa applicazione del D.L. n. 158 del 2000, art. 10, e di tutta la normativa sottesa; 2) insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione ad un fatto controverso e decisivo (che si identifica nella sottoscrizione degli atti costituenti accordo transattivo tra dipendente e banca) e violazione degli artt. 410 e 411 c.p.c.; 3) violazione dell’art. 420 c.p.c., per aver la Corte d’appello ritenuta inammissibile perché tardiva la domanda di risarcimento proposta alla prima udienza di discussione;

avverso tale ricorso resistono INPS e la società Intesa San Paolo s.p.a. con relativi controricorsi;

F.V., G.G., M.A. e R.L. propongono separato ricorso per cassazione sulla base di due motivi: 1) violazione e falsa applicazione del D.L. n. 158 del 2000, art. 10, della L. n. 155 del 1981, art. 8, e della L. n. 184 del 1997, posto che la contribuzione che la banca avrebbe dovuto versare avrebbe dovuto essere calcolata con riferimento a quanto effettivamente percepito nell’ultimo anno solare; 2) violazione e falsa applicazione degli artt. 410 e 411 c.p.c., e dell’art. 1965 c.c., in quanto l’indicazione della retribuzione settimanale utile al calcolo dell’assegno – quadro D – era vincolante trattandosi di contribuzione sostanzialmente volontaria che la banca si era vincolata a versare nel momento in cui erano stati sottoscritti gli accordi transattivi con i lavoratori;

INPS ed INTESA SANPAOLO s.p.a. resistono con controricorso e quest’ultima ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

i ricorsi in quanto proposti avverso la medesima sentenza sono stati riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c.;

preliminarmente, va rilevato che il ricorso proposto da B.S. G., come eccepito dalla memoria di INTESA SANPAOLO s.p.a., risulta tardivamente notificato, essendo stata richiesta la notifica il 21 dicembre 2015 a fronte della pubblicazione della sentenza avvenuta il 3 giugno 2015;

la richiesta della notifica del ricorso è dunque avvenuta oltre il termine di sei mesi previsto dall’art. 325 c.p.c., per cui il ricorso è inammissibile;

il ricorso proposto dagli altri pensionati e’, invece, infondato, in continuità con la giurisprudenza di questa Corte di legittimità formatasi sul punto;

deve, in primo luogo, rilevarsi che il contraddittorio è integro data la presenza in causa dell’INPS (vd., in casi analoghi, Cass. n. 16679 del 2020);

i due motivi vanno trattati congiuntamente in quanto incentrati sulla natura della contribuzione in esame e sulla interpretazione del D.M. n. 158 del 2000, art. 10, comma 7;

i motivi sono infondati come emerso dai numerosi precedenti resi da questa Corte di cassazione in ordine alle questioni proposte, in particolare, si vedano tra le più recenti Cass. n. 4433 del 2019, nonché Cass. n. 13873, Cass. n. 13874 e Cass. n. 17162 del 2016 e Cass. n. 17162, Cass. n. 10758, Cass. n. 24348, Cass. n. 28912, Cass. n. 26481 del 2018, alle cui argomentazioni espressamente si rinvia;

e’ stata affermata, in tali occasioni, la natura obbligatoria del versamento contributivo figurativo di cui si discute alla stregua dei parametri normativi di cui del D.M. n. 158 del 2000, art. 10, commi 7 e 12;

infatti, la contribuzione correlata per i periodi di erogazione dell’assegno straordinario per il sostegno al reddito è calcolata sulla base della retribuzione di cui del D.M. n. 158 del 2000, art. 10, comma 7, che al riguardo stabilisce che la retribuzione mensile dell’interessato utile per la determinazione dell’assegno ordinario e della paga oraria di cui al comma 1, è quella individuata secondo le disposizioni contrattuali nazionali in vigore, e cioè la retribuzione sulla base dell’ultima mensilità percepita dall’interessato secondo il criterio comune: 1/360 della retribuzione annua per ogni giornata;

quindi, il riferimento alla retribuzione dell’ultima mensilità non significa che nel computo dell’importo base per la contribuzione debba intendersi qualsiasi somma o voce percepita, ma vuol semplicemente significare che deve farsi riferimento all’importo della retribuzione quale fissato dalla contrattazione collettiva vigente nel momento della cessazione del rapporto (tenuto conto degli incrementi stipendiali maturati fino all’ultimo mese del rapporto medesimo per variazioni nel livello di inquadramento o degli scatti di anzianità maturati), nonché al criterio comune di 1/360 della retribuzione annua per ogni giornata, senza che sull’importo così ottenuto possano influire variazioni in eccedenza o in difetto dovute a contingenti modalità di svolgimento della prestazione;

invero, la L. 23 dicembre 1996, n. 662, contenente misure di razionalizzazione della finanza pubblica, all’art. 2 (Misure in materia di servizi di pubblica utilità e per il sostegno dell’occupazione e dello sviluppo), comma 28, prevede espressamente che nell’esercizio della potestà regolamentare il Governo si attiene, tra gli altri, al principio e al criterio della costituzione da parte della contrattazione collettiva nazionale di appositi fondi finanziati mediante un contributo sulla retribuzione non inferiore allo 0,50 per cento (lett. a), nonché alla definizione da parte della contrattazione medesima di specifici trattamenti e dei relativi criteri, entità, modalità concessivi, entro i limiti delle risorse costituite, con determinazione dei trattamenti al lordo dei correlati contributi figurativi (lett. b). Alla successiva lett. d) è contemplata, in caso di ricorso ai trattamenti, la previsione della obbligatorietà della contribuzione con applicazione di una misura addizionale non superiore a tre volte quella della contribuzione stessa. Tale norma è espressamente richiamata dal D.M. n. 158 del 2000, art. 10, comma 7, che all’art. 1, lett. b), punto 2, stabilisce che il Fondo provvede, nell’ambito dei processi di cui al precedente art. 2, comma 1, all’erogazione in via straordinaria di assegni straordinari per il sostegno al reddito, in forma rateale, ed al versamento della contribuzione correlata di cui alla L. n. 662 del 1996, art. 2, comma 28, riconosciuti ai lavoratori ammessi a fruirne nel quadro dei processi di agevolazione all’esodo;

l’obbligo del Fondo di provvedere ad accreditare la contribuzione presso la gestione previdenziale di iscrizione del lavoratore costituisce oggetto di una autonoma obbligazione di diritto pubblico che deriva dalle espresse previsioni sopra richiamate che regolano compiutamente il meccanismo di accreditamento e la finalità della stessa contribuzione che, significativamente, il D.M. n. 158 del 2000 definisce correlata in quanto obbligatoriamente rapportata alla prestazione erogata e, dunque, certamente non volontaria quanto al suo verificarsi;

ciò, a prescindere dalla necessità di sussumere il tipo di contribuzione in esame all’interno di una specifica categoria teorica, dimostra chiaramente la diversità di ratio tra la fattispecie in esame (connessa alla disciplina degli ammortizzatori sociali) e la disposizione di legge invocata dal ricorrente, il D.Lgs. n. 184 del 1997, art. 7 che presuppone – appunto – la valutazione del singolo circa l’utilità della prosecuzione volontaria ed onerosa dell’assicurazione anche quando non vi sono i presupposti della sua obbligatorietà, nonché l’autorizzazione dell’ente previdenziale;

in definitiva, il ricorso è infondato e va rigettato;

le spese, in applicazione del principio della soccombenza, devono porsi a carico di tutti i ricorrenti nella misura liquidata in dispositivo ed in favore dei controricorrenti.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto da B.S. G. e rigetta il ricorso proposto da F.V., G.G., M.A. e R.L.; condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.500,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese forfettarie nella misura del 15% e spese accessorie di legge a favore di ciascun controricorrente.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 18 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2022

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