Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3968 del 19/02/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 3968 Anno 2014
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: DE STEFANO FRANCO

a decreto

SENTENZA

ingiuntivo

sul ricorso 9342-2008 proposto da:
MADASCHI

ENRICO

MDSNRC38C23Z104P,

R.G.N. 9342/2008

CONTI

CARLA

CNTCRL38P67E507Y, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA TAGLIAMENTO 55, presso lo studio dell’avvocato DI
PIERRO NICOLA, che li rappresenta e difende giusta
delega in atti;
– ricorrenti contro

ITALFONDIARIO SPA 00399750587, societa’ incorporante
soc. CASTELLO GESTIONE CREDITI SRL per atto di
fusione a propria volta procuratrice di INTESA

1

Data pubblicazione: 19/02/2014

Cron.
Rep.

36ì62
G cì 2

Ud. 18/12/2013
PU

SANPAOLO SPA aderente al fondo interbancario di
tutela dei depositi e al fondo nazionale di garanzia,
societa’ capogruppo del gruppo bancario INTESA
SANPAOLO, a seguito di atto di fusione di INTESA
GESTIONE CREDITI SPA, elettivamente domiciliata in

dell’avvocato GARGANI BENEDETTO, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato BRUGNATELLI ENRICO e
CATTANEO LAURA giusta delega in atti;
ITALFONDIARIO SPA 00880671003, nella sua qualita’ di
procuratore di INTESA SANPAOLO SPA e di INTESA SEC
NPL SPA, gia’ INTESA GESTIONE CREDITI SPA, in persona
del legale rappresentante pro tempore dott. BRUNO
BRASCHI, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
ISONZO 42/A, presso lo studio dell’avvocato REALI
ACHILLE, rappresentata e difesa dall’Avvocato
MIGLIORISI CLAUDIO giusta delega in atti;
DEUTSCHE BANK SPA 01340740156, in persona del Dott.
MICHELE MENGONI Condirettore Centrale Responsabile
della Direzione legale, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso lo studio
dell’avvocato PANARITI BENITO, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato GEROSA ANTONIO giusta
delega in atti;
– controricorrenti nonchè contro

2

ROMA, VIA DI VILLA GRAZIOLI 15, presso lo studio

BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA SPA 0107995021;
– intimata –

avverso la sentenza n. 2819/2007 della CORTE
D’APPELLO di MILANO, depositata il 24/10/2007 R.G.N.
3326/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/12/2013 dal Consigliere Dott. FRANCO
DE STEFANO;
udito l’Avvocato GIORGIO ALLOCCA per delega;
udito l’Avvocato ROBERTO CATALANO per delega;
udito l’Avvocato ACHILLE REALI per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

.

Svolgimento del processo

1. Enrico Madaschi e Carla Conti ricorrono, affidandosi
a sette motivi, per la cassazione della sentenza n. 2819
del 24.10.07 della corte di appello di Milano, con la quale
è stato respinto il loro appello avverso la sentenza del

accoglimento dell’opposizione da loro dispiegata avverso
l’esecuzione immobiliare ai loro danni intentata da Credito
Fondiario Cariplo, nella quale erano intervenuti la
Cariplo, la Banca Commerciale Italiana, la Deutsche Bank ed
il Monte dei Paschi di Siena. In particolare, nonostante le
ampie contestazioni degli opponenti avessero coinvolto
sotto molteplici profili ciascuna delle ragioni di credito
azionate, il giudice di primo grado aveva solo escluso gli
interessi di mora anche sulla componente dell’interesse
corrispettivo o compensativo delle rate non ancora scadute
del mutuo azionato dal procedente e dal dì della notifica
del precetto.
Resistono con separati controricorsi: Italfondiario spa,
quale procuratore di Intesa Sanpaolo spa e di Intesa Sec
npl spa, succeditrice nella titolarità del credito del
procedente; la Deutsche Bank; la stessa Italfondiario, ma
quale incorporante Castello Gestione Crediti srl, a sua
volta procuratrice di Intesa Sanpaolo spa, incorporante a
sua volta Intesa Gestione Crediti per le posizioni
originarie dell’intervento di Cariplo e della Banca
Commerciale Italiana. E, per la pubblica udienza del
18.12.13, depositano memorie ai sensi dell’art. 378 cod.
proc. civ. la Deutsche Bank e l’Italfondiario, quale

tribunale di Lecco n. 880 del 6.12.04, di solo parziale

procuratrice di Intesa Sanpaolo, succeditrice di Intesa
Gestione Crediti spa.
Motivi della decisione

2. Va premesso che, essendo la sentenza impugnata stata
pubblicata tra il 2.3.06 ed il 4.7.09, alla fattispecie

in virtù della disciplina transitoria di cui all’art. 58,
comma quinto, della legge 18 giugno 2009, n. 69) l’art.
366-bis cod. proc. civ. e, di tale norma, la rigorosa
interpretazione via via elaborata da questa Corte (Cass. 27
gennaio 2012, n. 1194; Cass. 24 luglio 2012, n. 12887;
Cass. 8 febbraio 2013, n. 3079; Cass. 17 ottobre 2013, n.’
23574). Pertanto:
2.1. i motivi riconducibili ai nn. 3 e 4 dell’art. 360
cod. proc. civ. vanno corredati, a pena di inammissibilità,
da quesiti che devono compendiare:
a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto
sottoposti al giudice di merito;
b)

la sintetica indicazione della regola di diritto

applicata dal quel giudice;
c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del
ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie
(tra le molte, v.: Cass. Sez. Un., ord. 5 febbraio 2008, n.
2658; Cass., ord. 17 luglio 2008, n. 19769, Cass. 25 marzo
2009, n. 7197; Cass., ord. 8 novembre 2010, n. 22704);
d) questioni pertinenti alla ratio decidendl, perché, in
contrario, difetterebbero di decisività (sulla necessità
della pertinenza del quesito, per tutte, v.: Cass. Sez.
Un., 18 novembre 2008, n. 27347; Cass., ord. 19 febbraio
4

continua ad applicarsi, nonostante la sua abrogazione (ed

2009, n. 4044; Cass. 28 settembre 2011, n. 19792; Cass. 21
dicembre 2011, n. 27901);
2.2. a corredo dei motivi di vizio motivazionale vanno
poi formulati momenti di sintesi o di riepilogo, che devono
consistere in uno specifico e separato passaggio espositivo
del ricorso, il quale indichi in modo sintetico, evidente

ed autonomo rispetto al tenore testuale del motivo,
chiaramente il fatto controverso in riferimento al quale la
motivazione si assume omessa o contraddittoria, come pure se non soprattutto – le ragioni per le quali la dedotta
insufficienza della motivazione la rende inidonea a
giustificare la decisione (Cass. 18 luglio 2007, ord. n.
16002; Cass. Sez. Un., l ° ottobre 2007, n. 20603; Cass. 30
dicembre 2009, ord. n. 27680);
2.3. infine, è sì ammessa la contemporanea formulazione,
col medesimo motivo, di doglianze di violazione di norme di
diritto e di vizio motivazionale, ma soltanto alla
imprescindibile condizione che ciascuna sia accompagnata
dai rispettivi quesiti e momenti di sintesi (per tutte:
Cass. sez. un., 31 marzo 2009, n. 7770; Cass. 20 dicembre
2011, n. 27649).
3. Sempre in via preliminare, va esclusa la rilevanza
della questione sollevata da Italfondiario (quale
succeditrice nelle ragioni di credito di Cariplo e Comit)
in ordine alla necessità di dispiegare ricorso ordinario,
anziché straordinario, per cassazione, alla stregua della
sostanziale equiparazione dei due mezzi di impugnazione
dovuta all’ultimo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., come
introdotto dall’art. 2 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40.

(l
5

Ciò posto, per l’inquadramento della vicenda, mette
conto riepilogare la vicenda processuale e le posizioni
delle parti:
– la procedura esecutiva immobiliare oggetto di
opposizione reca il n. 94/98 r.g.e. del tribunale di Lecco

pignoramento notificato il 16.11.98;
– la ragione creditoria del procedente, a seguito di
precetto del 28.6.98 per £ 336.918.274, si basò su
contratto di mutuo ipotecario per £ 300 milioni del
21.6.93; nella posizione creditoria sono subentrate Intesa
Sanpaolo e Intesa Sec npl, già Intesa Gestione Crediti spa;
in origine, la contestazione degli opponenti aveva
riguardato, tra l’altro, l’indeterminabilità del tasso in
rapporto alle specifiche ed inintellegibili previsioni
contrattuali, la sopravvenuta usurarietà del tasso, la
richiesta di interessi di mora anche sulla quota interessi
delle rate del piano di ammortamento, la capitalizzazione
degli interessi;
vi fu un primo intervento, di Cariplo, per £
101.452.933 ed in data 12.1.99, fondato su titolo esecutivo
giudiziale definitivo (decreto ingiuntivo del 23.3.96 del
tribunale

di

Lecco);

nella posizione

creditoria è

subentrata Intesa Sanpaolo spa, quale incorporante di
Intesa Gestione Crediti spa; in origine, la contestazione
degli opponenti aveva riguardato sia l’applicazione di
interessi anatocistici che la mancata contabilizzazione di (11
versamenti intercorsi per E 23.537.000;

6

ed è stata intrapresa da Credito Fondiario Cariplo con

- seguì l’intervento della Banca Commerciale Italiana,
per £ 89.760.144, fondato su titolo esecutivo giudiziale,
costituito dal decreto ingiuntivo del medesimo tribunale n.
785/94; nella posizione creditoria subentrò Intesa Sanpaolo
spa, quale incorporante di Intesa Gestione Crediti spa; in

sulla definitiva caducazione del titolo esecutivo, dovuta
all’accoglimento dell’opposizione al monitorio in primo
grado;
vi fu ulteriore intervento della Deutsche Bank,
fondato su due decreti ingiuntivi non opposti (i nn. 179 e
180 del 18.3.95, per rispettive £ 33.240.118 e £
52.543.819); in origine, la contestazione degli opponenti
aveva riguardato sia la nullità della procura ad litem,

sia

la violazione della legge 104 del 1996 e l’anatocismo;
vi fu ulteriore intervento del Monte dei Paschi di
Siena, fondato su di un decreto ingiuntivo non opposto (n.
68/95 della Pretura Circ. di Como – sez. dist. di Erba, per
£ 6.378.607); e l’originaria contestazione degli opponenti
aveva coinvolto la violazione della legge 104 del 1996,
l’anatocismo e la nullità della clausola di determinazione
degli interessi convenzionali.
4. I motivi di ricorso, solo il settimo dei quali si
riferisce a tutte le controparti degli originari opponenti,
vanno ora esaminati singolarmente, a cominciare dal primo.
4.1. Con esso Enrico Madaschi e Carla conti si dolgono
contemporaneamente di violazione dì norme di diritto
(identificate negli artt. 91, 99, 112 e 115 cod. proc. civ.
e negli artt. 2697 e 2730 cod. civ.) e di vizio
7

origine, la contestazione degli opponenti si era incentrata

motivazionale, censurando la ritenuta soccombenza, ai fini
della patita condanna alle spese, anche sull’opposizione
all’atto di intervento Cariplo del 12.1.99 per £
101.452.933, nonostante questa fosse stata riconosciuta
fondata; e, in particolare, contestano l’utilità dei

prevalenza della soccombenza.
4.2. Sostiene la controricorrente Italfondiario, nella
qualità indicata, l’inammissibilità della doglianza e,
comunque, la sua infondatezza, corretta essendo stata la
valutazione di soccombenza prevalente operata dal giudice
del merito.
4.3. La corte territoriale valuta sussistente una
soccombenza prevalente in relazione sia alla contemporanea
reiezione di altra domanda (quella sull’anatocismo) che al
mancato accoglimento di altra pretesa (quella
risarcitoria), mentre l’adduzione di ulteriori elementi
(inesattezza dell’importo dei versamenti dedotti e carenza
di prova, mancata formulazione di specifiche conclusioni)
appare argomento meramente rafforzativo del precedente.
4.4. La doglianza è infondata.
Infatti, la soccombenza va sempre considerata nel suo
complesso: e, se il riferimento a Cass. 15787/00 può parere
incongruo, nella parte in cui essa ha ad oggetto un
processo sviluppatosi su più gradi, il principio generale
della necessità di una valutazione complessiva dell’esito
finale della lite va mantenuto fermo, non potendo rilevare,
in un processo impostato come unitario, l’esito su singole
pretese azionate o su singoli capi della domanda.
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riferimenti giurisprudenziali, nella gravata sentenza, alla

In questo contesto, la valutazione di soccombenza benché pur sempre da ancorare al principio di causalità
(tra le tante, v. Cass., ord. 21 ottobre 2009, n. 22381) non può che essere appunto complessiva, in relazione alla
necessità del coacervo delle difese e delle altre attività

antigiuridica.
Pertanto, per esito finale della lite, cui ancorare
quella valutazione quale presupposto della condanna alle
spese, deve essere correttamente inteso non soltanto lo
sviluppo, eventualmente diversificato, delle pronunce nei
diversi e successivi gradi di giudizio, ma appunto la
considerazione del complesso delle pretese azionate da una
parte nei confronti dell’altra.
4.5. Al riguardo corretta è la conclusione della corte
territoriale sulla prevalenza della soccombenza degli
opponenti. Infatti, non giova loro addurre l’opinabilità
della soluzione giurisprudenziale in tema di anatocismo:
tale opinabilità avrebbe potuto, in tesi e a tutto
concedere, essere posta a base di una pronuncia di
compensazione, ma un diritto a quest’ultima non sussiste in
capo al soccombente e, pertanto, quella non può elidere
l’oggettiva sussistenza della soccombenza degli opponenti
sul punto e neutralizzare la valutazione di prevalenza
della pretesa rigettata su quella accolta.
5. Va ora esaminato il secondo motivo di ricorso.
5.1. Con esso Enrico Madaschi e Carla Conti si dolgono
contemporaneamente di violazione di norme di diritto
(identificate nell’art. 2 della legge 108 del 1996) e di
9

globalmente rese necessarie dall’altrui condotta

vizio motivazionale, censurando la conferma della sentenza
di primo grado in ordine alla misura ultralegale dei tassi
eccedenti il tasso soglia massimo di legge in relazione
agli interventi di Deutsche Bank e del Monte dei Paschi di
Siena.

doglianza, sia per l’intangibilità del giudicato, sia per
non avere mai essa applicato in concreto alcun tasso
superiore a quello soglia, come da subito protestato e
riconosciuto nella c.t.u.
5.3. La censura non è fondata.
In primo luogo e con riferimento ad entrambi gli
interventi, la pretesa esecutiva fatta valere dal creditore
può essere neutralizzata soltanto con la deduzione di fatti
modificativi o estintivi del rapporto sostanziale
consacrato dal giudicato, che si siano verificati
successivamente alla formazione dello stesso: infatti,
dinanzi ad un titolo esecutivo giudiziale, non è consentito
in sede di opposizione avverso il precetto su di quello
fondato entrare nel merito di valutazioni da far valere in
sede di impugnazione del titolo e nel giudizio in cui
questo si è formato ed è divenuto o può divenire definitivo
(per tutte, tra le più recenti: Cass. 17 febbraio 2011, n.
3850, ove più ampi riferimenti; Cass. 24 febbraio 2011, n.
4505; Cass. 4 agosto 2011, n. 16998; Cass. 27 gennaio 2012,
n. 1183; Cass. 24 luglio 2012, n. 12911).
Pertanto, in relazione ad un titolo esecutivo giudiziale
ormai formatosi, non può considerarsi fatto modificativo
sopravvenuto la promulgazione della legge n. 108 del 1996,

5.2. La Deutsche Bank contesta la fondatezza della

in quanto gli interessi pretesi con quel titolo non sono
suscettibili di alcuna valutazione in termini di usurarietà
alla luce dei criteri della legge sopravvenuta

(in tali

espressi termini: Cass. 18 ottobre 2012, n. 17903).
In secondo luogo, gli interessi in concreto richiesti

al di sotto della soglia antiusura, secondo quanto
riconosciuto nella relazione di consulenza tecnica di
ufficio (v. pag. 12, penultimo capoverso, della gravata
sentenza) e non reso oggetto di specifica censura in questa
sede; e nulla si adduce analiticamente sull’entità degli
interessi in concreto richiesti dal Monte dei Paschi.
6. Va ora esaminato il terzo motivo di ricorso.
6.1. Con esso Enrico Madaschi e Carla Conti si dolgono
contemporaneamente di violazione di norme di diritto
(individuate negli artt. 1284 e 1421 cod. civ. e 99, 112,
115, 116 e 184 cod. proc. civ.) e di vizio motivazionale,
censurando la dichiarata inammissibilità del motivo di
appello sull’indeterminatezza del saggio di interesse
riconosciuto nel d.i. n. 179/95 nei confronti di Deutsche
Bank. Con un cenno in uno dei quesiti a corredo del motivo,
poi, essi paiono dolersi anche della ritenuta soccombenza.
6.2. Dal canto suo, Deusche Bank si richiama ai principi
generali in tema di giudicato.
6.3. La doglianza è infondata.
Il motivo di appello, a prescindere dai profili di
inammissibilità, è stato comunque rigettato nel merito,
perché al titolo esecutivo è stata riconosciuta la naturale
idoneità a produrre l’effetto di stabilire l’entità del
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sono stati contenuti, se non altro quanto a Deutsche Bank,

tasso in una determinata misura e, per di più, la
sussistenza della possibilità di una sua ricostruzione.
Si ammette ormai che il titolo giudiziale possa essere
integrato con elementi extratestuali (Cass. Sez. Un., 2
luglio 2012, n. 11066), sia pure con riferimento alle sole

27 gennaio 2013, n. 1027), sicché è evidente che, con quel
riferimento ai testi contrattuali, la corte di merito ha
compiuto una valutazione della loro idoneità a determinare
l’esatto contenuto dell’obbligazione accessoria.
6.4. Le incongruenze evidenziate dai ricorrenti con
riferimento alle diverse valutazioni del primo giudice non
si fanno carico del chiaro rinvio, operato dalla corte
territoriale, ad un testo contrattuale come univocamente
richiamato e, comunque, non si traducono nella
contestazione analitica di una tale valutazione – la quale
integra un apprezzamento di fatto, di per sé incensurabile
in cassazione, a meno di evidenti incongruità o vizi logici
o giuridici mediante la dimostrazione che dal testo
contrattuale pure richiamato, di cui in ricorso manca la
testuale ed integrale trascrizione, sia stata ab initio del
tutto impossibile la determinazione del tasso.
6.5. Ed anche la pretesa genericità della motivazione
della corte territoriale, per l’impossibilità di riferire
la valutazione di idonea determinabilità del tasso all’una
o all’altra delle ragioni creditorie, andava dai ricorrenti
sostenuta con la puntuale evidenziazione separata, per
ciascuno dei testi contrattuali a base dell’uno e
dell’altro, di una tale impossibilità. Infatti, il giudice
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questioni comunque affrontate nel corso del processo (Cass.

del merito non è tenuto ad esporre analiticamente tutti i
passaggi argomentativi della propria decisione o a sostegno
della propria conclusione, né a confutare ogni possibile
alternativa a quest’ultima, purché essa non sia
obiettivamente impredicabile (tra le molte, Cass. 20 aprile
2012, n. 6260, per la quale egli, nel privilegiare una

ricostruzione circostanziale a scapito di altre, non
incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del
proprio convincimento, senza peraltro essere tenuto ad
affrontare e discutere ogni singola risultanza processuale
ovvero a confutare qualsiasi deduzione difensiva).
7. Va ora esaminato il quarto motivo di ricorso, a
corredo del quale si formula il seguente quesito di diritto
(oltre ad un momento di sintesi o di riepilogo, riferito al
vizio motivazionale, di cui è però irrilevante la
trascrizione):

“a) – dica l’Ecc.ma Corte se sia possibile

ritenere la immediata eseguibilità della sentenza di Primo
Grado che annulla in toto la statuizione di condanna
contenuta nel decreto ingiuntivo opposto, facendone valere
la immediata efficacia esecutiva in sede di esecuzione nei
confronti del creditore intervenuto in base al titolo
dichiarato nullo e revocato; b)- dica altresì la Corte se
sia possibile, in difetto, ravvisare la violazione del
principii costituzionali di uguaglianza e di difesa sanciti
ex artt. 3 e 24 Cost.”.
7.1. Con questo motivo Enrico Madaschi e Carla Conti si
dolgono contemporaneamente di violazione di norme di
diritto (individuate negli artt. 282, 474 e 499 cod. proc.
civ.) e di vizio motivazionale, censurando la ritenuta
13

(r5

persistenza in capo a Comit spa di un valido titolo
esecutivo costituito da un decreto ingiuntivo, nonostante
questo fosse stato revocato in sede di opposizione.
7.2. La controricorrente Intesa, nella qualità, deduce
la correttezza in diritto della soluzione adottata dalla

sentenza di primo grado di accoglimento dell’opposizione al
decreto ingiuntivo; e, inoltre, riferisce avere nel
frattempo la corte di appello riformato tale sentenza di
primo grado, condannando gli odierni ricorrenti, sia pure
per un importo diverso da quello oggetto del monitorio poi
revocato, tanto da rendere operativo l’art. 653 cod. proc.
civ. e conservare validità agli atti esecutivi nel
frattempo posti in essere, sia pure nei limiti della somma
riconosciuta come effettivamente dovuta.
7.3. Il motivo è inammissibile.
Va premesso che il vizio di violazione di legge consiste
nella deduzione di una erronea ricognizione, da parte del
provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata
da una norma di legge e, quindi, implica necessariamente un
problema interpretativo della stessa (da cui la funzione di
assicurare l’uniforme interpretazione della legge assegnata
alla Corte di cassazione); viceversa, l’allegazione di
un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, a mezzo
delle risultanze di causa, è esterna all’esatta
interpretazione della norma di legge ed impinge nella
tipica valutazione del giudice del merito, la cui censura è
possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del
vizio di motivazione; e lo scrimine tra l’una e l’altra
14

corte territoriale, che ha ritenuto non esecutiva la

ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa
dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie
normativa, ovvero erronea applicazione della legge in
ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della
fattispecie concreta – è segnato, in modo evidente, nel

mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di
causa (giurisprudenza fermissima; da ultimo, v.: Cass. 20
aprile 2011, n. 9117; Cass. 12 aprile 2011, n. 8410; Cass.
31 marzo 2011, n. 7459; Cass. 28 settembre 2011, n. 19789).
Fatta questa premessa, è evidente che la censura
parrebbe investire l’interpretazione di norme processuali
in ordine all’identificazione degli effetti di una sentenza
di primo grado di accoglimento – a quanto consta, integrale
– di un’opposizione a decreto ingiuntivo: è, quindi,
escluso qualunque vizio motivazionale, se non altro
nell’elaborazione che, di questo, la costante
giurisprudenza di questa Corte ha via via operato.
7.4. Così attribuita rilevanza al solo vizio di
violazione di norma di diritto, possono prendersi in esame
soltanto i due quesiti formulati a corredo di tale
doglianza: i quali, però, come articolati a pag. 43 del
ricorso, difettano dell’indicazione sia della

regula iuris

che si assuma malamente applicata dal giudice del merito,
sia – e soprattutto – dell’indicazione delle peculiarità
del caso concreto, sia, a ben vedere, della menzione degli
effetti che si vorrebbero prodotti nel caso concreto (tra
le molte, v.: Cass. Sez. Un., ord. 5 febbraio 2008, n.
2658; Cass., ord. 17 luglio 2008, n. 19769, Cass. 25 marzo
15

senso che solo questa ultima censura e non anche la prima è

2009, n. 7197; Cass., ord. 8 novembre 2010, n. 22704).
Quanto a quest’ultimo specifico punto, infatti, non basta
invocare l’immediata eseguibilità della sentenza in esame
nei confronti del creditore intervenuto, senza specificare
quale effetto processuale specifico si invochi sulla base

La rilevante questione, relativa alla sorte del titolo
esecutivo in caso di sua caducazione non definitiva nello
sviluppo del processo di cognizione, non può quindi essere
esaminata nel merito.
8. Va ora esaminato il quinto motivo di ricorso, come
inderogabilmente delimitato dal quesito di diritto

[“dica

l’Ecc.ma Corte se, in tema di mutuo a tasso variabile, sia
possibile ritenere la determinabilità del tasso laddove
essa sia, in concreto, misurabile per una sola delle parti
contrattuali (la mutuante), come nel caso del tasso
pattuito a mezzo di rinvio a parametri di riferimento da
calcolarsi, in concreto, a mezzo di formula finanziaria
incognita all’uomo comune”]

e dai momenti di sintesi di cui

è corredato (che non fanno menzione a pretese mancate
ammissioni di mezzi istruttori in corso di causa).
8.1. Con esso Enrico Madaschi e Carla Conti si dolgono
contemporaneamente di violazione di norme di diritto
(individuate negli artt. 1284 e 1346 cod. civ.) e di vizio
motivazionale, censurando la conclusione della corte
territoriale sulla determinatezza del tasso pattuito nel
contratto di mutuo azionato dal procedente Cariplo
Fondiario spa: non potendo bastare il richiamo ad una

16

di tale argomento.

”formula di matematica finanziaria incognita all’uomo
comune”.
8.2. Replica l’Italfondiario, nella qualità, che ogni
idoneo elemento per la determinazione del tasso era
contenuto nel testo contrattuale a disposizione delle
controparti, mentre i riferimenti esterni erano facilmente

accessibili.
8.3. E la corte territoriale aveva, sul punto, motivato
nel senso che i parametri Ribor, Euribor e c.d. Rendistato
costituivano tassi ufficiali comunemente adottati ed
adeguatamente pubblicizzati sui principali quotidiani
economici, tanto che il tasso di interesse via via da
applicare e convenuto tra le parti poteva determinarsi
mediante un “normale calcolo materiale”.
8.4. La doglianza è infondata.
Per la determinatezza o determinabilità dell’oggetto
dell’obbligazione accessoria ad essi relativa, è bensì
indispensabile che gli elementi estrinseci od i parametri
della determinazione degli interessi ad un tasso diverso da
quello legale siano specifici (Cass. 29 luglio 2009, n.
17679; Cass. 19 maggio 2010, n. 12276): ma, nella specie,
gli uni e gli altri sono stati accertati come acquisibili
dai debitori, sia pure a prezzo di una peculiare diligenza
o di una professionalità particolare e quand’anche non
propria dell’uomo comune.
Ora, da un lato, la complessità di un calcolo e la
necessità di applicare formule di matematica finanziaria,
una volta adeguatamente identificati i parametri del primo
e la seconda nel suo complesso, non fa venir meno la
17

I

semplicità della determinazione del tasso in applicazione
di un normale calcolo materiale; dall’altro lato, gli
stessi debitori hanno, del resto, sottoscrivendo il
contratto, accettato di fare riferimento a tali modalità di
determinazione obiettivamente per loro sfavorevoli, in
quanto implicanti una diligenza non comune o l’applicazione

di regole specialistiche, ma comunque corrispondenti ad una
univoca elaborazione da parte di una determinata scienza
(nella specie, la matematica finanziaria).
Pertanto, non prospettata in concreto – e, per la
verità, di difficile prospettazione anche in astratto alcuna nemmeno potenziale situazione di squilibrio
originario del sinallagma o di vizio di formazione del
consenso, né un materiale assoluto impedimento
all’esercizio della facoltà di verifica della correttezza
del rilievo degli elementi e di applicazione dei parametri,
l’accettazione degli uni e degli altri – sebbene non di
agevole reperibilità o disponibilità per l’uomo comune deve ritenersi idoneamente operata dai mutuatari, quale
corrispondente ad una valutazione complessiva di
convenienza dell’autoregolamentazione degli interessi in
cui il mutuo si traduceva.
Ed integra una chiara valutazione di merito quella sulla
comune reperibilità dei tassi di riferimento ed al
carattere materiale dell’operazione di calcolo – benché non
appartenente alla cultura dell’uomo comune, ma l’assunzione
di rilevanza di tali dato e carattere specialistici dovendo
ricondursi alla libera determinazione del paciscente – da
eseguirsi: tale valutazione, correttamente formulata e non
18

i

adeguatamente contestata con la dimostrazione di una
impredicabilità della conclusione, non è pertanto
censurabile in sede di legittimità.
9. Va, ora, esaminato il sesto motivo di ricorso, anche
stavolta esclusivamente in base al contenuto desunto dal
quesito di diritto

(“dica l’Ecc.ma Corte se sia possibile,

all’introduzione, nell’ordinamento, dei

limiti

a fronte di un rapporto contrattuale di mutuo anteriore
imperativi

sopravvenuti ai sensi della legge 108/96, i cui effetti nel
tempo si pongano contro i detti limiti, che tali effetti
continuino a conservare piena efficacia, o debbano
piuttosto trovare contenimento, fino alla misura consentita
dall’ordinamento, e da un principio di ordine pubblico
generale”) e dai momenti di sintesi.
9.1. Con esso Enrico Madaschi e Carla Conti si dolgono
contemporaneamente di violazione di norme di diritto
(individuate negli artt. 1419 cod. civ., 2 della legge n.
108 del 1996 e 1 della legge n. 24 del 2001) e di vizio
motivazionale, censurando la conclusione sulla conformità
del mutuo con Cariplo Fondiario spa in ordine all’eccedenza
del tasso di interesse passivo e variabile rispetto al
tasso soglia massimo di legge.
9.2.

Ribatte

l’Italfondiario,

nella qualità,

che

correttamente è stata esclusa l’applicazione della legge
c.d. antiusura in virtù della disposizione sulla sua
interpretazione autentica, di cui all’art. l del d.l. 29
dicembre 2000, n. 394, conv. con modif. dalla 1. 28
febbraio 2001, n. 24, richiamando tra l’altro Cass. 30
novembre 2007, n. 25016.
/1(\
19

9.3. Al riguardo, la corte territoriale aveva, da un
lato, rilevato che il rigetto delle doglianze mosse in
primo grado sul punto non era stato reso oggetto di critica
specifica (pag. 18, ventesima riga, della gravata sentenza)
e, dall’altro, ribadito il diritto del creditore di

pattuizioni anteriori a detta normativa e, in quanto tali,
lecite in applicazione proprio della successiva
interpretazione autentica.
9.4. Orbene, la formulazione del quesito non pone
adeguatamente in luce l’equivoco che si ascrive alla corte
territoriale in ordine all’interpretazione dell’ambito del
motivo di appello e, comunque, non si fa carico né della
regula iuris malamente applicata, né di specificare quali
siano gli effetti contrari al dettato della normativa
antiusura da prendere in considerazione o quali le
conseguenze sul rapporto in corso.
9.5. Ma la conclusione della corte territoriale è
comunque, nel merito, conforme alla giurisprudenza di
questa Corte, in base alla quale,

a seguito della norma di

interpretazione autentica di cui all’art. l del d.l. 29
dicembre 2000, n. 394, convertito, con modificazioni, nella
legge 28 febbraio 2001, n. 24, i criteri fissati dalla
disciplina, oggetto dell’interpretazione anzidetta,
introdotta dalla legge 7 marzo 1996, n. 108, in ordine alla
determinazione del carattere usurario degli interessi, non
possono essere applicati a rapporti completamente esauriti
prima della sua entrata in vigore, senza che rilevi, in
senso contrario, la pendenza di una controversia sulle

20

percepire un tasso variabile determinato in base a

obbligazioni derivanti dal contratto e rimaste inadempiute,
le quali non implicano che il rapporto contrattuale sia
ancora in atto, ma solo che la sua conclusione ha lasciato
in capo alle parti, o ad una di esse, delle ragioni di
credito

(tra le più recenti: Cass. 22 aprile 2010, n. 9532;

Pertanto, non è inficiata alcuna clausola dei contratti
conclusi prima dell’entrata in vigore, purché questi non
siano ancora in corso, ovvero quando il credito si sia già
cristallizzato (Cass. 14 marzo 2013, n. 6550; Cass. 11
gennaio 2013, n. 602; Cass. 31 gennaio 2006, n. 2140).
Ma, nella specie, non si adduce che il credito, azionato
col precetto intimato il 28.6.98, comprenda anche ragioni
di credito maturate sotto il vigore della nuova normativa:
circostanza questa che si sarebbe agevolmente ricavata – o
dovuto ricavare – dal testo del precetto stesso, senza
bisogno di alcun approfondimento istruttorio ufficioso,
sicché rientrava nell’onere assertivo degli opponenti la
sua deduzione (e comunque mancandone idonea trascrizione
nel corpo del ricorso, in violazione dei principi di cui ai
nn. 3 e 6 dell’art. 366 cod. proc. civ.).
10. Va, infine, esaminato il settimo motivo di ricorso.
10.1. Con esso Enrico Madaschi e Carla Conti si dolgono
contemporaneamente di violazione di norme di diritto
(identificate negli artt. 91 cod. proc. civ. e 17 e 19
d.P.R. 633/72) e di vizio motivazionale, censurando la
decisione della corte territoriale sulla spettanza
dell’I.V.A. sulle spese legali liquidate dal primo giudice.

211

Cass. 13 maggio 2010, n. 11632).

10.2. Tutti i controricorrenti contestano la fondatezza
della censura, richiamandosi alla giurisprudenza di questa
Corte, consolidatasi a partire da Cass. 2529 del 2006.
10.3. La doglianza è infondata, alla stregua della
giurisprudenza di questa Corte, già richiamata dalla corte

successivamente, v. pure Cass. 23 gennaio 2007, n. 1406),
per la quale

tra le spese processuali, cui la parte

soccombente deve essere condannata a rimborsare al
vincitore, rientra anche la somma dovuta da quest’ultimo al
proprio difensore a titolo di I.V.A., costituendo tale
imposta una voce accessoria, di natura fiscale, del
corrispettivo dovuto per prestazioni professionali relative
alla difesa in giudizio. L’eventualità che la parte
vittoriosa, per la propria qualità personale, possa portare
in detrazione l’I.V.A. dovuta al proprio difensore non
incide su detta condanna della parte soccombente,
trattandosi di una questione rilevante solo in sede di
esecuzione, poiché la condanna al pagamento dell’I.V.A. in
aggiunta ad una data somma dovuta dal soccombente per
rimborso di diritti e di onorari deve intendersi in ogni
caso sottoposta alla condizione della effettiva doverosità
di tale prestazione aggiuntiva (ovvero “se dovuta”).

10.4. Ed è superfluo rilevare che neppure la circostanza
che una tale giurisprudenza si sia consolidata nel corso
del giudizio di appello potrebbe fondare una sorta di
pretesa di compensazione delle spese, sia perché il
soccombente non ha mai un diritto in tal senso, sia perché,
per quanto già argomentato più sopra, la valutazione di
22

territoriale (Cass. 7 febbraio 2006, n. 2529; ma,

soccombenza in base alla quale si pronuncia la condanna
alle spese deve essere complessiva.
11. Inammissibile il quarto motivo ed infondati tutti
gli altri, il ricorso va quindi rigettato ed i soccombenti
ricorrenti, tra loro in solido per il pari interesse in

legittimità in favore di ciascuno dei controricorrenti non
può che conseguire alla soccombenza dei primi.
P. Q. M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna
Enrico Madaschi e Carla Conti, tra loro in solido, al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore
delle controricorrenti, liquidate: per Italfondiario spa,
quale procuratore di Intesa Sanpaolo spa e di Intesa Sec
npl spa, in pers. del leg. rappr.nte p.t., in E 4.000,00,
di cui C 200,00 per esborsi; per la Deutsche Bank, in pers.
del leg. rappr.nte p.t., in E 4.000,00, di cui E 200,00 per
esborsi; per Italfondiario spa, quale incorporante di
Castello Gestione Crediti srl, a sua volte procuratore di
Intesa Sanpaolo spa, in pers. del leg. rappr.nte p.t., in e
4.000,00, di cui E 200,00 per esborsi.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
terza sezione civile della Corte suprema di cassazione,
addì 18 dicembre 2013.

causa, condannati al pagamento delle spese del giudizio di

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