Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3966 del 16/02/2021

Cassazione civile sez. II, 16/02/2021, (ud. 14/10/2020, dep. 16/02/2021), n.3966

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24269/2019 proposto da:

C.E., rappresentato e difeso dall’avv. GIUSEPPINA

MARCIANO, e domiciliato presso la cancelleria della Corte di

Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

PROCURA GENERALE PRESSO CORTE DI CASSAZIONE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2193/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 20/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/10/2020 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ordinanza del 5.8.2018 il Tribunale di Milano rigettava il ricorso proposto da C.E. avverso il provvedimento con cui la Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Milano aveva respinto la sua domanda di riconoscimento della protezione internazionale.

Interponeva appello il C. e la Corte di Appello di Milano, con la sentenza impugnata, n. 2193/2019, respingeva il gravame.

Propone ricorso per la cassazione di tale decisione C.E. affidandosi a due motivi.

Resiste con controricorso il Ministero dell’Interno.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e la contraddittorietà ed illogicità della motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, perchè la Corte di Appello non avrebbe considerato il contesto di insicurezza e violenza generalizzata esistente in Nigeria, Paese di origine del richiedente.

La censura è inammissibile.

Va premesso che, essendo il ricorso soggetto, ratione temporis, all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo in vigore a seguito della novella di cui al D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012, non è consentita la deduzione del vizio di illogicità e contraddittorietà della motivazione, essendo la censura di quest’ultima limitata ai soli casi in cui essa sia assolutamente mancante, apparente o affetta da irriducibili contrasti logici tali da renderla obiettivamente incomprensibile (Cass. Sez. U., Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830).

Nel resto, va considerato che la decisione impugnata ha esaminato il contesto locale sulla base di fonti informative debitamente indicate, evidenziando anche le specifiche notizie da esse tratte (cfr. pag. 5). Rispetto a tale accertamento, il ricorrente non indica alcuna fonte informativa alternativa o ulteriore dalla quale risulterebbero informazioni diverse e contrastanti con quanto ritenuto dalla Corte ambrosiana. Occorre in proposito ribadire che “In tema di protezione internazionale, ai fini della dimostrazione della violazione del dovere di collaborazione istruttoria gravante sul giudice di merito, non può procedersi alla mera prospettazione, in termini generici, di una situazione complessiva del Paese di origine del richiedente diversa da quella ricostruita dal giudice, sia pure sulla base del riferimento a fonti internazionali alternative o successive a quelle utilizzate dal giudice e risultanti dal provvedimento decisorio, ma occorre che la censura dia atto in modo specifico degli elementi di fatto idonei a dimostrare che il giudice di merito abbia deciso sulla base di informazioni non più attuali, dovendo la censura contenere precisi richiami, anche testuali, alle fonti alternative o successive proposte, in modo da consentire alla S.C. l’effettiva verifica circa la violazione del dovere di collaborazione istruttoria” (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 26728 del 21/10/2019, Rv. 655559). Ove manchi tale specifica allegazione, è precluso a questa Corte procedere ad una revisione della valutazione delle risultanze istruttorie compiuta dal giudice del merito. Solo laddove nel motivo di censura vengano evidenziati precisi riscontri idonei ad evidenziare che le informazioni sulla cui base il predetto giudice ha deciso siano state effettivamente superate da altre e più aggiornate fonti qualificate, infatti, potrebbe ritenersi violato il cd. dovere di collaborazione istruttoria gravante sul giudice del merito, nella misura in cui venga cioè dimostrato che quest’ultimo abbia deciso sulla scorta di notizie ed informazioni tratte da fonti non più attuali. In caso contrario, la semplice e generica allegazione dell’esistenza di un quadro generale del Paese di origine del richiedente la protezione differente da quello ricostruito dal giudice di merito si risolve nell’implicita richiesta di rivalutazione delle risultanze istruttorie e nella prospettazione di una diversa soluzione argomentativa, entrambe precluse in questa sede.

In definitiva, va data continuità al principio secondo cui “In tema di protezione internazionale, il motivo di ricorso per cassazione che mira a contrastare l’apprezzamento del giudice di merito in ordine alle cd. fonti privilegiate, di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, deve evidenziare, mediante riscontri precisi ed univoci, che le informazioni sulla cui base è stata assunta la decisione, in violazione del cd. dovere di collaborazione istruttoria, sono state oggettivamente travisate, ovvero superate da altre più aggiornate e decisive fonti qualificate” (v. Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 4037 del 18/02/2020, Rv. 657062).

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 5 e 32, nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, perchè la Corte di Appello avrebbe erroneamente denegato anche il riconoscimento della protezione umanitaria.

La censura è inammissibile.

La Corte di Appello esamina sia il contesto del Paese di origine, escludendo l’esistenza di una condizione di pericolo idonea ad esporre il richiedente, in caso di rimpatrio, al rischio di lesione dei suoi diritti fondamentali, sia la sua situazione soggettiva, evidenziando la carenza di profili di vulnerabilità di carattere sanitario, sia, infine, il livello di integrazione raggiunto in Italia, ritenendolo “di fatto nullo” a fronte dalla mancata documentazione di qualsiasi attività, lavorativa e formativa. Tale articolata valutazione non è in alcun modo attinta dal motivo in esame, con il quale il C. non indica alcun elemento di fatto che il giudice di merito non avrebbe considerato, o avrebbe valutato in modo non coerente, nè allega l’esistenza, in caso di rimpatrio, di un rischio di effettiva compromissione del nucleo inalienabile dei suoi diritti umani fondamentali (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4455 del 23/02/2018, Rv. 647298).

In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.100 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 14 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2021

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