Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3964 del 14/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 14/02/2017, (ud. 21/12/2016, dep.14/02/2017),  n. 3964

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29241-2015 proposto da:

D.T.M., elettivamente domiciliato in ROMA, Via IPPOLITO

NIEVO 61, presso lo studio dell’avvocato ENNIO MAZZOCCO,

rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO PANCALLO giusta procura

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (CF. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– Controricorrente –

avverso la sentenza n. 358/2/2015 della COMMISSIONI, TRIBUTARIA

REGIONALE di POTENZA del 04/05/2015, depositata il 25/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/12/2016 dal Consigliere Dott. MAURO MOCCI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio carnevale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c. delibera di procedere con motivazione sintetica ed osserva quanto segue.

D.T.M. propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Basilicata, che aveva accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Matera. Quest’ultima, a sua volta, aveva accolto il ricorso del contribuente avverso sette cartelle di pagamento, sostenendo l’applicabilità dell’istituto della definizione delle liti pendenti.

Nella decisione impugnata, la CTR ha rilevato la nullità della sentenza di primo grado per mancanza di motivazione e, nel merito, ha osservato che il ricorso era stato proposto oltre il termine decadenziale di 60 gg., D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 21, comma 1.

Il ricorso affidato ad un unico motivo, col quale il D.T. lamenta “difetto di motivazione ex art. 360, commi 3 e 5 per omesso esame circa un punto decisivo della controversia”.

Secondo il ricorrente, la CTR avrebbe dovuto tener conto principalmente della pendenza della lite condonabile, piuttosto che soffermarsi sul merito delle questioni.

L’Agenzia delle Entrate ha depositato controricorso.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Il riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 urta con la constatazione che il ricorrente non ha indicato in alcun modo la norma di legge violata, nè essa può essere ipotizzata nel fatto che – come sembrerebbe evincersi dalla lettura del ricorso – la CTR abbia deciso il merito, senza soffermarsi sul rilievo dell’istanza di condono, posto che si tratterebbe di una questione processuale, che neppure il ricorrente ha dimostrato di aver sollevato in quella sede.

D’altronde, il riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5è incongruo, giacchè la norma deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014).

Sotto tale ultimo aspetto, il vizio non risulta dal testo della sentenza impugnata e non risulta dunque neppure essere stato oggetto di discussione fra le parti.

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese processuali in favore della controricorrente, nella misura indicata in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 2.000,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 21 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2017

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