Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3963 del 19/02/2010
Cassazione civile sez. I, 19/02/2010, (ud. 23/10/2009, dep. 19/02/2010), n.3963
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITTORIA Paolo – Presidente –
Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –
Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –
Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –
Dott. DOGLIOTTI Massimo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 15151/2008 proposto da:
R.M. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA FLAMINIA 71, presso l’avvocato ACETO
Antonio, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del
ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,
domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositato il
02/05/2007;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
23/10/2009 dal Consigliere Dott. MASSIMO DOGLIOTTI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
VELARDI Maurizio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso ritualmente depositato, R.M. impugnava il decreto della Corte di Appello di Roma in data 20/11/2006, che aveva rigettato il ricorso da essa proposto, relativo al pagamento di somma nei suoi confronti, quale equa riparazione del danno morale, derivante da irragionevole durata di procedimento.
Resiste con controricorso il Ministero della Giustizia.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso merita accoglimento.
Il Giudice a quo ha rigettato il ricorso, pur riconoscendo che la procedura de qua è durata sei anni e cinque mesi ed individuando la ragionevole durata in tre anni. Ritiene che almeno un periodo di due anni non possa addebitarsi alla amministrazione della giustizia, e il residuo non possa essere valutato sotto il profilo dell’insorgenza di un patema d’animo.
Il ricorrente chiarisce peraltro che il periodo di due anni suindicato fu utilizzato per rinvii “dovuti”: prima udienza di trattazione ; mancata presenza di un teste all’udienza; assegnazione a sentenza e rimessione in ruolo.
Va per di più considerato l’intero periodo eccedente i tre anni di ragionevole durata, essendo del tutto inconsistente ed apodittica l’affermazione del giudice a quo circa l’impossibilità di valutazione dell’insorgenza di patema d’animo.
Va cassato il provvedimento impugnato.
Può decidersi nel merito: il periodo di eccedenza va considerato in tre anni e cinque mesi e richiamati i parametri usuali della CEDU e di questa Corte, l’amministrazione va condannata al pagamento di Euro 2.670,00 con interessi dalla domanda.
Le spese seguono la soccombenza per entrambi i gradi.
PQM
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna l’amministrazione a corrispondere alla parte ricorrente la somma di Euro 2.670,00, con gli interessi legali dalla domanda, e le spese giudiziali, che determina per il giudizio di merito nella somma di Euro 50,00 per esborsi, Euro 378,00 per diritti ed Euro 445,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge, e che dispone siano distratte in favore dell’Avv. ACETO antistatario; e per il giudizio di legittimità, in Euro 565,00 per onorari oltre Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge, che dispone siano distratte in favore dell’avvocato ACETO antistatario.
Così deciso in Roma, il 23 ottobre 2009.
Depositato in Cancelleria il 19 febbraio 2010