Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3962 del 19/02/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 3962 Anno 2014
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: AMBROSIO ANNAMARIA

SENTENZA
sul ricorso 10220-2008 proposto da:
VALLOCCHIA SANDRO VLLSDR69D03H501V, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA PANARO 14, presso lo studio
dell’avvocato DE SISTO LUIGI, che lo rappresenta e
difende giusta delega in atti;
– ricorrente 2013
2454

contro

INA ASSITALIA SPA 00409920584, giusto atto di fusione
per incorporazione delle società INA VITA SPA ed
ASSITALIA – LE ASSICURAIZONI D’ITALIA SPA nella FATA
ASSICURAZIONI SPA, in persona del suo procuratore

1

Data pubblicazione: 19/02/2014

speciale

Avv.

MAURIZIO

FUGGITTI,

elettivamente

domiciliata in ROMA, P.ZZA MARTIRI DI BELFIORE 2,
presso lo studio dell’avvocato CILIBERTI GIUSEPPE,
che la rappresenta e difende giusta delega in atti;
– controricorrente –

BECI LEONARDO;
– intimato –

avverso la sentenza n. 1114/2007 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 07/03/2007, R.G.N.
6928/2002;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 16/12/2013 dal Consigliere Dott.
ANNAMARIA AMBROSIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO CELENTANO che ha concluso per
il rigetto del ricorso;

2

nonchè contro

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 27223 in data 20.06.2001, il Tribunale di
Roma, accogliendo per quanto di ragione, la domanda proposta
da Sandro Vallocchia, condannava Leonardo Beci e Le
Assicurazioni d’Italia s.p.a. (ora INA Assitalia s.p.a.) al

strisce pedonali, liquidati in di £ 14.900,000 oltre interessi
legali e spese.
La decisione, gravata da impugnazione del Vallocchia, che
lamentava l’inadeguata determinazione e liquidazione dei
danni, era confermata dalla Corte di appello di Roma, la quale
con sentenza n. 1114 in data 07.03.2007, rigettava l’appello e
condannava l’appellante al pagamento delle spese del grado in
favore dell’Assitalia, costituita in giudizio.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione
Sandro Vallocchia, svolgendo tre motivi.
Ha resistito l’INA Assitalia, depositando controricorso.
Nessuna attività difensiva è stata svolta da Leonardo Beci.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso – avuto riguardo alla data della pronuncia
della sentenza impugnata (successiva al 2 marzo 2006 e
antecedente al 4 luglio 2009) – è soggetto, in forza del
combinato disposto di cui al d.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40,
art. 27, coma 2 e della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 58,
alla disciplina di cui agli artt. 360 cod. proc. civ. e segg.
come risultanti per effetto del cit. d.Lgs. n. 40 del 2006.
Si applica, in particolare, l’art. 366 bis cod. proc. civ.,
stante l’univoca volontà del legislatore di assicurare

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risarcimento danni conseguenti ad un investimento sulle

l’ultra-attività della norma (ex multis, cfr. Cass. 27 gennaio
2012, n. 1194), a tenore della quale, nei casi previsti dai
nn. l, 2, 3 e 4 dell’art. 360 cod. proc. civ., l’illustrazione
di ciascun motivo deve, a pena di inammissibilità, concludersi
con la formulazione di un quesito di diritto; mentre la

concludersi o almeno contenere un momento di sintesi (omologo
del quesito di diritto), da cui risulti

«la chiara

indicazione» non solo del fatto controverso, ma anche, se non
soprattutto, della “decisività” del vizio.
E’ il caso di precisare sin da ora che, secondo i canoni
elaborati da questa Corte per la rilevanza dei quesiti, il
quesito di diritto deve essere specifico e riferibile alla
fattispecie (cfr. Cass., Sez. Un., 5 gennaio 2007, n. 36),
nonché risolutivo del punto della controversia, tale non
essendo la richiesta di declaratoria di un’astratta
affermazione di principio da parte del giudice di legittimità
(cfr. Cass., 3 agosto 2007, n. 17108); inoltre, con esso non
può introdursi un tema nuovo ed estraneo ( cfr. Cass., 17
luglio 2007, n. 15949). In sostanza il quesito di diritto deve
comprendere (tanto che la carenza di uno solo di tali elementi
comporta l’inammissibilità del ricorso: Cass. 30 settembre
2008, n. 24339) sia la riassuntiva esposizione degli elementi
di fatto sottoposti al giudice di merito; sia la sintetica
indicazione della regola di diritto applicata dal quel
giudice; sia ancora la diversa regola di diritto che, ad
avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di
specie. Mentre

«la chiara indicazione»

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(c.d. quesito di

censura prevista dal n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ. deve

fatto), richiesta dalla seconda parte dell’art. 366 bis cod.
proc. civ. in relazione al vizio motivazionale, deve
uonAístere in una
specificamentC e

is,Art d*1 mtivo

uhp Ai

pre3enti

d ciò

riassuntivamentè de3tinata, ch* ng

circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non

valutazione della sua ammissibilità (Sez. Unite, 01 ottobre
2007, n.20603). Tale requisito non può, dunque, ritenersi
rispettato quando solo la completa lettura dell’illustrazione
del motivo all’esito di un’interpretazione svolta dal
lettore, anziché su indicazione della parte ricorrente consenta di comprendere il contenuto ed il significato delle
censure (Cass., ord. 18 luglio 2007, n. 16002).
Inoltre la formulazione del quesito di diritto di cui
all’art. 366

bis

cod. proc. civ. deve avvenire in modo

rigoroso e preciso, evitando quesiti multipli o cumulativi. Da
ciò consegue che i motivi di ricorso fondati sulla violazione
di leggi e quelli fondati su vizi di motivazione debbono
essere sorretti da quesiti separati. Invero le Sezioni Unite pur ritenendo ammissibile, in via di principio, il ricorso per
cassazione nel quale si denunzino, con un unico articolato
motivo d’impugnazione, vizi di violazione di legge e di
motivazione in fatto – hanno precisato che a tali effetti
occorre che il motivo si concluda con una pluralità di
quesiti, ciascuno dei quali contenga un rinvio all’altro, al
fine di individuare su quale fatto controverso vi sia stato,
oltre che un difetto di motivazione, anche un errore di
qualificazione giuridica del fatto (Cass. civ., Sez. Unite, 31

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ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di

marzo 2009, n. 7770).
1.1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 n.5 cod.
proc. civ.). Il motivo si conclude con il seguente quesito:

critiche alla consulenza d’ufficio avanzate con l’atto di
appello, il Giudice sia tenuto a giustificare con precisa
motivazione le ragioni della sua adesione alle risultanze di
detta consulenza e se costituisca motivo di annullamento della
sentenza di merito la circostanza che i giudici abbiano
supportato la loro decisione solo su parziale diagnosi medicolegale di quella intera riportata nella consulenza tecnica
d’ufficio».
1.2 n motivo è inammissibile.
Da quanto sopra evidenziato
bis

sub 1. emerge che l’art. 366

cod. proc. civ., nel prescrivere le modalità di

formulazione dei motivi del ricorso in cassazione, comporta,
ai fini della declaratoria di inammissibilità del ricorso
medesimo, una diversa valutazione da parte del giudice di
legittimità a seconda che si sia in presenza dei motivi
previsti dai numeri 1, 2, 3 e 4 dell’art. 360, primo comma,
cod. proc. civ., ovvero del motivo previsto dal numero 5 della
stessa disposizione. Nel primo caso ciascuna censura deve,
all’esito della sua illustrazione, tradursi in un quesito di
diritto, la cui enunciazione (e formalità espressiva) va
funzionalizzata, come attestato dall’art. 384 cod. proc. civ.,
all’enunciazione del principio di diritto ovvero a

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dicta

«dica la Corte di Cassazione se in presenza di specifiche

giurisprudenziali su questioni di diritto di particolare
importanza, mentre, ove venga in rilievo il motivo di cui al
n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ. (il cui oggetto riguarda il
solo iter argomentativo della decisione impugnata), è
richiesta una illustrazione che, pur libera da rigidità

sintetica del fatto controverso in relazione al quale la
motivazione si assume omessa o contraddittoria – ovvero delle
ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea
la motivazione a giustificare la decisione (Cass. 25 febbraio
2009, n. 4556).
Orbene

il

motivo

all’esame

denuncia

espressamente

violazione dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ.; di conseguenza
esso avrebbe dovuto concludersi con un momento di sintesi,
contenente l’indicazione sia dei fatti controversi su cui si
erano appuntate le critiche alla consulenza di ufficio, sia
delle ragioni per le quali la motivazione risultava inidonea a
sorreggere la decisione, anche perché – secondo un principio
assolutamente costante nella giurisprudenza di questa Corte il giudice del merito, qualora condivida i risultati della
consulenza tecnica d’ufficio, non è tenuto ad esporre in modo
specifico le ragioni del suo convincimento, atteso che la
decisione di aderire alle risultanze della consulenza implica
valutazione ed esame delle contrarie deduzioni delle parti,
mentre l’accettazione del parere del consulente, delineando il
percorso logico della decisione, ne costituisce motivazione
adeguata, non suscettibile di censure in sede di legittimità
(Cass. 22 febbraio 2006, n. 3881).

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c;2\L2

formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e

Il motivo all’esame si conclude, invece, con un quesito di
diritto circa le modalità con cui va assolto da parte del
giudice del merito l’obbligo di motivazione della decisione a
fronte di contestazioni delle risultanze peritali, peraltro
risolventesi in un interrogativo meramente circolare, e

sull’assertiva premessa che i giudici di appello

«abbiano

supportato la loro decisione solo su parziale diagnosi medicolegale di quella intera riportata nella consulenza tecnica
d’ufficio».
2. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia violazione
o falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. (art. 360 n.3
cod. proc. civ.), nonché omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio (art. 360 n.5 cod. proc. civ.). A
conclusione del motivo si chiede a questa Corte ai sensi
dell’art. 366

bis

cod. proc. civ.

«se adempie all’onere

probatorio il danneggiato che chieda il ristoro del danno
emergente, derivante da perdita
documentale

lavoro non

in

di chance,

con la produzione

giudizio della dichiarazione del datore di

contestata e,

con l’escussione, sempre nel

giudizio, dello stesso e se la perdita del posto di lavoro a
seguito del sinistro legittima esso danneggiato al
risarcimento del danno emergente, visto quest’ultimo come
mancata percezione della retribuzione stabilita e mancata
prosecuzione del detto rapporto di lavoro».
2.1. Anche il presente motivo non è conforme ai requisiti
di ammissibilità di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ..

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quindi, privo di decisività, siccome prospettato

Innanzitutto, per quanto sopra evidenziato

sub

1., ove i

motivi si articolino in plurime e autonome censure di vizi
diversi, è necessaria l’esposizione di specifici e distinti
quesiti, ognuno rispondente alla dedotta doglianza,
soddisfacendo in tal modo l’esigenza di chiarezza e

Pertanto la congiunta proposizione di doglianze ai sensi dei
numeri 3) e 5) dell’art. 360 cod. proc. civ. deve essere
accompagnata, a pena di inammissibilità, per il primo vizio,
del quesito di diritto, nonché, per il secondo, dal momento di
sintesi o riepilogo, in forza della duplice previsione di cui
all’art. 366 bis cod. proc. civ. (Cass. 20 maggio 2013, n.
12248).
Orbene il motivo all’esame, pur denunciando congiuntamente
violazione di legge e vizio motivazionale, è privo del
necessario momento di sintesi, da cui risulti la
indicazione»

«chiara

del fatto controverso e delle ragioni della

“decisività” del vizio; mentre il quesito di diritto non
risponde allo schema sopra delineato, atteso che:
innanzitutto è “slegato” dal vizio di violazione dell’art.
2697 cod. civ. denunciato in rubrica, il quale, nel senso
inteso dalla giurisprudenza di legittimità in tema di motivi
ex art. 360 n.3 cod. proc. civ., postula che il giudice del
merito abbia attribuito l’onere della prova a una parte
diversa da quella che ne è gravata;
inoltre è prospettato su presupposti fattuali e giuridici
confusi, sovrapponendo la questione di perdita di

chance, che

neppure risulta proposta nel giudizio di merito, con quella

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cA01

specificità richieste per la formulazione dei quesiti.

della perdita del posto di lavoro; le due locuzioni esprimono,
invero, concetti diversi, dal momento che con il termine
“perdita di

chance”

si fa riferimento a una perdita di

probabilità, mentre “perdita del posto di lavoro” significa
perdita di reddito e postula una lesione all’integrità psico-

quindi, sulla capacità di guadagno;
soprattutto è inconferente, in quanto prescinde totalmente
dalla ratio della decisione impugnata, con cui è stata esclusa
la sussistenza del rapporto di causalità fra le lesioni subite
e la dedotta perdita del posto di lavoro in considerazione
della natura e dell’assoluta modestia dell’entità delle
lesioni subite.
Il motivo è, in definitiva, inammissibile.
3. Con il terzo motivo di ricorso si denuncia violazione o
falsa applicazione degli artt. 2056 e 2059 cod. civ. (art. 360
n.3 cod. proc. civ.), nonché omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio (art. 360 n.5 cod. proc. civ.) A
conclusione del motivo si chiede a questa Corte ai sensi
dell’art. 366 bis cod. proc. civ. «se, a seguito della riforma
in melius della sentenza circa la percentuale di inabilità
permanente ed il riconoscimento e la concessione del danno
patrimoniale si accresce anche correlativamente il
risarcimento del danno morale».
3.1. A prescindere dall’inadeguatezza del quesito di
diritto e dalla mancanza del c.d. quesito di fatto, è
assorbente la considerazione che il motivo presupporrebbe

10

fisica che si rifletta sulla capacità lavorativa specifica e,

l’accoglimento dei precedenti, sicchè non può che seguirne la
sorte.
In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in
dispositivo alla stregua dei parametri di cui al D.M. n. 140

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte
ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione,
liquidate in favore di parte resistente in 4.200,00 (di cui
200,00 per esborsi) oltre accessori come per legge.
Roma 16 dicembre 2013
L’ESTENSORE
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CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Si attesta la registrazione presso

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del 2012, seguono la soccombenza.

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