Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3960 del 25/03/2011
Cassazione civile sez. trib., 25/03/2011, (ud. 20/01/2011, dep. 25/03/2011), n.6930
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –
Dott. MERONE Antonio – Consigliere –
Dott. FERRARA Ettore – Consigliere –
Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –
Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 28656/2006 proposto da:
MINISTERO ECONOMIA FINANZE, in persona del Ministro pro tempore,
AGENZIA ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente
domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;
– ricorrenti –
contro
P.G.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 602/2005 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di
LATINA, depositata il 18/07/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
20/01/2011 dal Consigliere Dott. MARIA GIOVANNA CONCETTA SAMBITO;
udito per il ricorrente l’Avvocato DE BELLIS GIANNI, che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
ZENO Immacolata, che ha concluso per l’inammissibilità e in
subordine l’accoglimento.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto del G. Es. del Tribunale di Latina, veniva trasferito un terreno agricolo, con soprastante capannone agricolo e fabbricato a due piani, a P.G. che, in sede di registrazione, pagava la somma di L. 27.800.000.
L’istanza di restituzione dell’imposta, che l’aggiudicatario assumeva di non dover corrispondere, quale coltivatore diretto, veniva rigettata dall’Ufficio.
L’impugnazione avverso tale diniego veniva accolta dalla Commissione Tributaria Provinciale di Latina, e la decisione veniva confermata dalla CTP del Lazio, con sentenza del 18.7.2005, per la ritenuta sussistenza della qualifica di coltivatore diretto del P., documentata col deposito del relativo certificato al G. Es., in sede di emissione del decreto di trasferimento.
Per la cassazione di tale sentenza, ricorrono il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate sulla scorta di tre motivi. L’intimato non ha svolto difese.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va, preliminarmente, rilevata l’inammissibilità del ricorso da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze, che, come si desume dalla sentenza impugnata, non è stato parte del pregresso grado di giudizio. A seguito dell’istituzione dell’Agenzia delle entrate, avvenuta con D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300 e divenuta operativa dal 1 gennaio 2001 (D.M. 28 dicembre 2000, ex art. 1), si è, infatti, verificata una successione a titolo particolare della stessa nei poteri e nei rapporti giuridici strumentali all’adempimento dell’obbligazione tributaria, per effetto della quale, nei procedimenti introdotti successivamente al 1 gennaio 2001, la legittimazione “ad causarti” e “ad processum” spetta esclusivamente all’Agenzia, mentre, per quelli instaurati precedentemente, la proposizione dell’appello da parte (o nei confronti) della sola Agenzia, senza esplicita menzione dell’ufficio che era parte originaria, si traduce nell’estromissione di quest’ultimo (cfr. S.U. n. 3116 e n. 3118 del 2006, n. 22641 del 2007). Nulla sulle spese, non avendo il P. svolto difese.
Col primo motivo, l’Agenzia delle Entrate deducendo violazione della L. n. 604 del 1954, art. 3, sostiene che i giudici d’appello, nel ritenere sussistenti i presupposti dell’agevolazione fiscale, non hanno considerato che il relativo beneficio è subordinato alla produzione, al momento della registrazione dell’atto, del certificato dell’Ispettorato Provinciale Agrario competente per territorio, recante l’attestazione della sussistenza dei requisiti previsti dalla L. n. 604 del 1954, art. 2. La mancata osservanza delle tassative modalità prescritte dalla citata L. n. 604 del 1954, art. 3, prosegue la ricorrente, doveva condurre ad escludere il diritto all’esenzione, a prescindere dalla ricorrenza, in concreto, della qualità di coltivatore diretto del contribuente. l’Agenzia denuncia, inoltre, la violazione della stessa norma, per aver l’impugnata sentenza riconnesso valore al certificato prodotto in giudizio, insieme al ricorso, nonostante rilasciato da un Ufficio incompetente per territorio.
Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. evidenziando che la CTR non ha posto a fondamento della propria decisione le prove proposte dalle parti, e non le ha valutate secondo il proprio prudente apprezzamento.
Col terzo motivo, l’Agenzia censura l’impugnata sentenza per difetto di motivazione, in rapporto all’art. 360 c.p.c., n. 5, evidenziando che i giudici d’appello avevano affermato che il contribuente aveva diritto all’agevolazione, senza esporre l’iter logico giuridico che li avevano indotti a concludere in tal senso, ed omettendo di valutare la questione relativa all’incompetenza per territorio “che vizia la certificazione prodotta” e “l’incongruenza temporale tra il momento richiesto dalla legge per la presentazione dell’istanza (cioè al momento della registrazione) e quello in cui il certificato … è stato prodotto”.
Il terzo motivo, il cui esame precede logicamente gli altri, è fondato.
La Commissione regionale, dopo aver premesso che il certificato attestante la qualifica di coltivatore diretto era stato consegnato al Giudice Delegato che aveva emesso il decreto di trasferimento, deduce da ciò che la qualifica di coltivatore diretto “è in sostanza “in re ipsa”, per cui la parte può beneficiare delle agevolazioni fiscali”.
Tale criptico e perentorio argomentare è, a ragione, criticato dalla ricorrente perchè non spiega affatto i motivi per i quali la consegna del certificato al Giudice Delegato – il cui specifico contenuto non viene riportato – possa, di per sè, documentare i presupposti per ottenere l’agevolazione fiscale richiesta, che, tendendo a favorire la formazione o l’arrotondamento della piccola proprietà contadina, viene riconosciuta quando il fondo acquistato, unito a quelli già posseduti a titolo di proprietà o di enfiteusi da parte del richiedente o dei suoi familiari, non ecceda il decimo della capacità lavorativa dell’intero nucleo familiare; accertamento al quale è deputato, proprio, il certificato dell’Ispettorato Provinciale Agrario, territorialmente competente, in ordine alla cui ricorrenza la sentenza, come sottolinea la ricorrente, tace del tutto. La soluzione adottata è, del pari, priva di ogni supporto motivazionale in relazione alla scansione temporale dei fatti.
In conseguenza dell’accoglimento della censura relativa al difetto di motivazione, restano assorbiti il primo ed il secondo motivo, e l’impugnata sentenza va cassata, in relazione al motivo l’accolto con rinvio ad altra sezione della CTR del Lazio, che provvederà, anche, alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso del Ministero dell’Economia e delle Finanze e nulla spese, accoglie il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR del Lazio, anche per le spese.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 gennaio 2011.
Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2011