Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 396 del 11/01/2017

Cassazione civile, sez. III, 11/01/2017, (ud. 15/07/2016, dep.11/01/2017),  n. 396

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11484/2014 proposto da:

B.M., + ALTRI OMESSI

– ricorrenti –

nonchè da

L.F.M., + ALTRI OMESSI

– ricorrenti –

nonchè da

BI.MA., + ALTRI OMESSI

– ricorrenti –

e contro

MINISTERO ISTRUZIONE UNIVERSITA’ RICERCA (OMISSIS), PRESIDENZA DEL

CONSIGLIO DEI MINISTRI, MINISTERO DELLA SALUTE (OMISSIS), MINISTERO

ECONOMIA FINANZE (OMISSIS), in persona dei rispettivi rappresentanti

legali, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e

difende per legge;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1672/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 25/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/07/2016 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FRASCA;

udito l’Avvocato ETTORE FIGLIOLA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

RENZIS Luisa, che ha concluso per lo stralcio per la posizione

C., accoglimento per P., S., Sa. e F., rigetto per

gli altri.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

p.1. I medici indicati in epigrafe, con capofila A.M., hanno proposto ricorso per cassazione contro la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, il Ministero della Salute e il Ministero dell’Economia e delle Finanze avverso la sentenza del 25 marzo 2013, con cui la Corte di Appello di Roma ha provveduto in grado di appello, riformando la sentenza resa in primo grado dal Tribunale di Roma nel maggio del 2004 sulla domanda da loro introdotta, unitamente ad altri medici, per il riconoscimento dell’adeguata remunerazione, in relazione alla frequenza di corsi di specializzazione medica, nella situazione di inadempimento statuale dell’obbligo di recepimento delle direttive 75/362CEE e 82/76/CEE, adempiute tardivamente dallo Stato Italiano con il D.Lgs. n. 257 del 1991, senza che fosse considerata la loro posizione.

p.2. Un autonomo ricorso contro la stessa sentenza, notificato dal punto di vista dei notificanti nello stesso giorno del primo, ma depositato dopo l’iscrizione a ruolo di esso ed avente perciò natura oggettiva di ricorso incidentale, è stato proposto successivamente dai medici indicati in epigrafe con capofila L.F.M..

p.3. Un terzo ricorso autonomo contro la stessa sentenza, notificato dal punto di vista dei notificanti dopo gli altri due ed avente anch’esso natura oggettiva di ricorso incidentale, è stato proposto successivamente dai medici – indicati in epigrafe con capofila Bi.Ma..

p.4. Ai ricorsi hanno resistito le amministrazioni intimate con un unico controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

p.1. Il Collegio ha disposto redigersi la motivazione in forma semplificata.

A) Ricorso con capofila il ricorrente A..

p.2. Con il primo motivo del ricorso con capofila l’ A., che è relativo solo alla posizione di tre ricorrenti, si deduce “violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in materia di risarcimento del danno derivante da omesso e/o tardivo recepimento di direttive comunitarie nonchè degli artt. 5 e 189 del trattato CEE, dell’art. 10 Cost., del D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6, nonchè della L. n. 370 del 1999, art. 11, in relazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3. Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia e per omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio, in relazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5”.

Vi si lamenta, in primo luogo, che con riferimento ai dottori C.G. e F.A. la corte territoriale ha omesso qualsiasi pronuncia, pur considerandoli come parti del giudizio, siccome emergerebbe dall’averli indicati nell’epigrafe della sentenza, a pagina 3 il primo ed a pagina 5 il secondo.

In secondo luogo, con riferimento al Dottor G.F., si lamenta che la sentenza impugnata avrebbe liquidato il danno in un importo corrispondente a tre anni di durata del corso di specializzazione, mentre il corso frequentato aveva avuto durata di quattro anni, come attestato “dai certificati depositati regolarmente in atti”.

p.2.1. La prima censura è fondata.

In effetti, la sentenza impugnata, pur pronunciata nei confronti del C. e del F., siccome si evince dalla intestazione che indica i predetti come parti, non ha reso alcuna statuizione nei loro confronti. Sicchè risulta fondata la doglianza di violazione dell’art. 112 c.p.c., come, del resto, conferma il silenzio sul punto delle Amministrazioni resistenti.

Ne deriva che la sentenza ha omesso di pronunciare quanto alle loro posizioni e tanto giustifica la sua cassazione in relazione, con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione perchè si pronunci sulla domanda da loro proposta.

La cassazione va disposta anche quanto al rapporto processuale reativo al C., ancorchè egli appaia versare in una situazione per cui sarebbe rilevante la questione rimessa alle Sezioni Unite all’epoca della decisione ed ora da Esse fatta oggetto di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia CE, cioè quella relativa all’applicabilità del diritto risarcitorio agli specializzandi che, come il medesimo, avevano iniziato il corso di specializzazione prima del 31 dicembre 1982. Sarà il giudice di rinvio a dare rilievo all’esito del rinvio.

p.2.2. La seconda censura, relativa al G., è inammissibile, perchè articolata in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, atteso che non si fornisce alcuna indicazione del contenuto del documento su cui si fonda, del tempo e del luogo del giudizio di merito in cui venne prodotto e del se e dove possa essere esaminato in questa sede. Tutte tali indicazioni erano necessarie secondo la lettura della norma de qua, data da consolidata giurisprudenza della Corte (a partire da Cass. (ord.) n. 22303 del 208 e Cass. sez. un. n. 28547 del 2008).

p.3. Con il secondo motivo del ricorso di cui è capofila l’ A., che è relativo agli altri ricorrenti, diversi da quelli cui si riferisce il primo motivo, soltanto si denuncia “violazione o falsa applicazione degli artt. 1223, 1226, 1227 e 2056 c.c., della L. n. 370 del 1999, art. 11 e del D.Lgs. n. 257 del 1991, nonchè omessa o contraddittoria motivazione in punto di liquidazione del danno in relazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”.

Con una prima censura ci si duole che la corte territoriale abbia liquidato il danno parametrandolo a quanto previsto dalla L. n. 370 del 1999, art. 11, senza considerare che esso riguardava non già solo la mancata consecuzione dell’adeguata remunerazione, ma anche il pregiudizio relativo “all’omesso riconoscimento dei titoli comunitari e degli specifici (maggiori) punteggi”.

Con una seconda censura ci si duole, invece, proprio dell’adozione come parametro della liquidazione del danno della misura indicata dall’art. 11 della citata legge.

p.3.1. La prima censura è inammissibile per la sua assoluta genericità (ex multis, Cass. n. 4741 del 2005), in quanto non si indica in alcun modo dove e come, quale parte della richiesta risarcitoria, erano state articolate le deduzioni con le quali si formulavano pretese relative al risarcimento di danni della specie indicata, sicchè non è dato sapere se veramente i giudici di merito ne fossero stati investiti e come.

In proposito si deve rilevare, fra l’altro, che la perdita di chance quale danno derivante dall’inadempimento statuale alle note direttive, avrebbe dovuto essere allegata con deduzioni specifiche e non in modo generico, cioè con l’individuazione puntuale delle occasioni favorevoli in concreto perdute da ciascuno dei ricorrenti in ragione della mancata possibilità il titolo conforme alle caratteristiche imposte dal diritto comunitario e non già con la mera deduzione della impossibilità di utilizzazione del titolo in astratto (si veda, in termini, Cass. n. 5536 del 2012).

p.3.2. La seconda censura è manifestamente inammissibile alla stregua dell’art. 360-bis c.p.c., n. 1 e, dunque, infondata, giusta Cass. sez. un. n. 19051 del 2010, in quanto non offre alcun elemento, al di là della sua genericità, per superare l’orientamento consolidato che individua il parametro del risarcimento del danno in subiecta materia facendo riferimento alla L. n. 370 del 1999, art. 11. Orientamento definitosi con Cass. n. 1917 del 2012.

p.4. Con il terzo motivo del medesimo ricorso, relativo sempre ai medici ricorrenti diversi da quelli cu si riferisce il primo motivo, ci si duole di “violazione o falsa applicazione degli artt. 1223, 1226, 1227 e 2056 c.c., della L. n. 370 del 1999, art. 11 e del D.Lgs. n. 257 del 1991, nonchè omessa o contraddittoria motivazione in punto di liquidazione del danno in relazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”, questa volta adducendosi che non sarebbero stati riconosciuti i c.d. interessi compensativi nonostante il fatto che il debito fosse di valore.

Il motivo è manifestamente inammissibile e, dunque, infondato, nei termini di cui al precedente paragrafo 3.2., in quanto contrario sempre all’orientamento consolidato colà richiamato.

B) Ricorso con capofila la ricorrente L.F..

p.5. Con il primo motivo del ricorso, che ha la stessa intestazione del motivo indicato sopra sub p.2 e che riguarda solo i ricorrenti P., S. e Sa. con una prima censura, ed i ricorrenti Si. e V. con una seconda, si lamenta:

a) che, con riferimento ai Dottori P.G.G., S.P. e Sa.An., la corte territoriale ha omesso qualsiasi pronuncia, pur considerandoli come parti del giudizio, siccome emergerebbe dall’averli indicati nell’epigrafe della sentenza, a pagina 8 il primo ed a pagina 9 il secondo ed il terzo;

b) che, con riferimento ai Dottori Si.Gi. e V.P., la corte territoriale avrebbe liquidato il danno, per il primo in un importo corrispondente a tre anni e tre trimestri di durata del corso di specializzazione e per la seconda in un importo corrispondente a tre anni di durata del corso di specializzazione, mentre i corsi frequentati avevano avuto durata di quattro anni, come attestato “dai certificati depositati regolarmente in atti”.

p.5.1. La prima censura è fondata.

In effetti, la sentenza impugnata, pur pronunciata nei confronti del P., dello S. e del Sa., siccome si evince dalla intestazione che indica i predetti come parti, non ha reso alcuna statuizione nei loro confronti. Sicchè risulta fondata la doglianza di violazione dell’art. 112 c.p.c., come conferma nuovamente il silenzio sul punto delle resistenti.

Ne deriva che la sentenza ha omesso di pronunciare quanto alle loro posizioni e tanto giustifica la sua cassazione in relazione, con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione perchè si pronunci sulla domanda da loro proposta.

p.5.2. La seconda censura, relativa ai medici Si. e V., è inammissibile, perchè articolata in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, atteso che non si fornisce alcuna indicazione del contenuto del documento su cui si fonda, del tempo e del luogo del giudizio di merito in cui venne prodotto e del se e dove possa essere esaminato in questa sede. Tutte tali indicazioni erano necessarie secondo la lettura della norma de qua, data da consolidata giurisprudenza della Corte (a partire da Cass. (ord.) n. 22303 del 2008 e Cass. sez. un. n. 28547 del 2008).

p.5.3. Il secondo ed il terzo motivo deducono vizi identici a quelli del secondo e terzo motivo del ricorso principale ed illustrati in modo identico.

I motivi meritano la stessa valutazione e la stessa sorte indicata nei paragrafi 3 e 4, di cui sopra.

C) ricorso di ci è capofila la ricorrente Bi..

p.6. Tale ricorso si fonda su due motivi, di intestazione e contenuto illustrativo identico al secondo ed al terzo motivo dei due precedenti ricorsi.

Si tratta di motivi che meritano la stessa valutazione e la stessa sorte indicata nei precedenti paragrafi 3 e 4.

p.7. Giusta le svolte considerazioni vanno rese le seguenti statuizioni:

a) sono accolti il primo motivo del ricorso principale quanto ai ricorrenti C. e F. ed il primo motivo del ricorso sub B) quanto ai ricorrenti P., S. e Sa. e la sentenza impugnata è cassata quanto ai rapporti processuali fra detti ricorrenti e le Amministrazioni resistenti, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Roma, comunque in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione riguardo a detti rapporti;

b) sia il ricorso principale che i ricorsi oggettivamente incidentali sub B) e sub C) sono per il resto rigettati;

c) nei rapporti processuali oggetto della statuizione sub b) le spese seguono la soccombenza e si liquidano i dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014.

Riguardo ai rapporti processuali oggetto della statuizione sub b), ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale quanto ai ricorrenti C.G. e F.A.. Accoglie il primo motivo del ricorso sub B) quanto ai ricorrenti P.G.G., S.P. e Sa.An.. Cassa la sentenza impugnata riguardo ai rapporti processuali fra detti ricorrenti e le Amministrazioni resistenti e rinvia ad altra sezione della Corte di Appello di Roma, comunque in diversa composizione anche per le spese del giudizio di cassazione riguardo ai relativi rapporti processuali. Rigetta per il resto tutti i ricorsi. Condanna i ricorrenti, riguardo ai quali il ricorso è rigettato, alla rifusione alle Amministrazioni resistenti delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro quattordicimiladuecento, oltre spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti riguardo ai quali il ricorso è rigettato, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 15 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2017

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