Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3959 del 19/02/2018


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Civile Ord. Sez. 1 Num. 3959 Anno 2018
Presidente: AMBROSIO ANNAMARIA
Relatore: NAZZICONE LOREDANA

sul ricorso 3237/2012 proposto da:
Compagnia Tirrena di Assicurazioni S.p.a. in I.c.a., in persona del
Commissario Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in
Roma, Via Bassano del Grappa n. 24, presso lo studio dell’avvocato
Costa Michele, che la rappresenta e difende, giusta procura a
margine del ricorso;
– ricorrente contro
Ministero dello Sviluppo Economico, già Ministero dell’Industria, del
Commercio e dell’Artigianato e poi Ministero delle Attività Produttive,
in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in Roma, Via dei

Data pubblicazione: 19/02/2018

Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo
rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente avverso la sentenza n. 5413/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 27/12/2010;

12/10/2017 dal cons. NAZZICONE LOREDANA;
lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto
Procuratore Generale SALVATO LUIGI che ha chiesto che la Corte
accolga, per quanto di ragione, i primi tre motivi e dichiari
inammissibile il quarto.

FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Roma con sentenza del 27 dicembre 2010, in
accoglimento dell’impugnazione proposta avverso la decisione del
Tribunale della stessa città del 9 marzo 2004, ha ammesso il credito
di L. 22.955.556.000 del Ministero delle attività produttive al passivo
della Compagnia Tirrena di Assicurazioni s.p.a. in I.c.a.
Ha rilevato la corte territoriale, per quanto ancora rileva, che il
contratto autonomo di garanzia stipulato tra le parti, dedotto in
giudizio, prevedeva l’obbligo della compagnia di assicurazioni di
garantire l’adempimento di tutte le obbligazioni assunte dalla
Compact Disc Italia s.p.a. in conseguenza della concessione di
finanziamenti pubblici, volti alla realizzazione, funzionamento e
mantenimento per almeno dieci anni dell’attività di uno stabilimento
industriale, e non solo l’obbligazione di realizzare lo stabilimento
medesimo. Ciò ha desunto sulla base dell’esame del contratto di
garanzia prodotto in giudizio, mentre ha ritenuto che dagli altri

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udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

documenti depositati in atti non emerge nessuna limitazione della
garanzia a quella prima obbligazione.
Né un diverso esito è indotto dalla circostanza che, nel
disciplinare di concessione del contributo, l’avanzamento della
realizzazione dello stabilimento fosse collegata proporzionalmente sia

della garanzia: trattandosi solo di previsioni possibili al momento
della concessione del finanziamento, attesa la progressiva
diminuzione del tasso di rischio di inadempimento, ma poi superata
dal certo inadempimento della finanziata.
Infine, non è applicabile l’invocato art. 1957 c.c., trattandosi di
contratto autonomo di garan7ia.
Avverso questa sentenza propone ricorso la procedura, affidato a
quattro motivi. Resiste l’intimato con controricorso.

Le parti hanno depositato la memoria di cui all’art. 378 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Con il primo motivo, la ricorrente deduce la violazione o la
falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., oltre al vizio di
motivazione contraddittoria, per avere la sentenza impugnata
ritenuto che la polizza garantisse tutte le obbligazioni della debitrice
principale. Al contrario, da una serie di elementi risulta che non fosse
così, posto l’importo della fideiussione a fronte di un ben più alto
contributo pagato alla Compact Disc Italia s.p.a., nonché l’ammontare
del premio; inoltre, la durata iniziale del contratto è di un anno, pari
al termine stabilito per la realizzazione dello stabilimento. Nonostante
fosse disciplinato il caso della minore o maggiore durata del
contratto, è evidente che la durata iniziale stimata fosse di un anno.
Parimenti palese è la funzione della fideiussione, posto che il progetto
deve essere finanziato in anticipo per svilupparsi, mentre il
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all’erogazione di parti del contributo, sia allo svincolo progressivo

finanziamento anticipato è rischioso, onde l’amministrazione pretende
una fideiussione pari all’anticipo da erogare. Inoltre, da tutte le
disposizioni del disciplinare si evince che nessuna garanzia era
prevista per l’attività successiva alla realizzazione dell’opificio
industriale. E la possibilità di chiedere la riduzione della garanzia in

fideiussione solo esse garantiva.
Con il secondo motivo, censura la violazione e la falsa
applicazione dell’art. 32 della legge n. 219 del 1981, a termini del
quale fu erogato il contributo in questione, perché la previsione della
decadenza dai benefici concessi in ipotesi di mancata realizzazione del
90% dell’opera sta ad indicare che lo scopo era proprio quello della
sua realizzazione.
Con il terzo motivo, lamenta l’omessa ed insufficiente
motivazione, oltre alla violazione e falsa applicazione degli artt. 1362
SS. e 1957 c.c., perché nella specie non si trattava di un contratto
autonomo di garanzia e non si comprende come la corte abbia
operato tale qualificazione.
Con il quarto motivo, lamenta la violazione e falsa applicazione
degli artt. 1367, 1418, 1419, 2384 c.c., 130 r.d. 4 gennaio 1925, n.
63, 5 legge 10 giugno 1978, n. 295, nonché dello statuto sociale,
posto che, qualora la polizza fosse qualificabile come contratto
autonomo di garanzia, se ne dovrebbe predicare la nullità: in primo
luogo, per la violazione dello statuto, che non prevede simili
fideiussioni; inoltre, per il contrasto con le norme imperative, secondo
cui le società assicurative non possono svolgere attività estranee
all’attività assicurativa, a tutela del loro patrimonio, onde le forme di
garanzia autonoma sono nulle ex art. 1418 c.c.

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relazione alla realizzazione delle opere sta ad indicare che la

2. – L’eccezione di inammissibilità del ricorso per scadenza del
termine lungo, asseritamente di sei mesi

ex art. 99, comma 5,

vecchio testo, legge fall., non ha pregio: il temine in questione è
invero annuale, ai sensi dell’art. 327 c.p.c., riguardando la
dimidiazione solo quello breve di cui all’art. 325 c.p.c., secondo

2008, n. 11471).
3. – I primi due motivi, da trattare congiuntamente in quanto
intimamente connessi, sono inammissibili.
Pur sotto l’egida del vizio di violazione di legge, in particolare con
riguardo ai canoni interpretativi, e di motivazione, i motivi
ripropongono in verità alla Corte un giudizio di fatto.
A fronte della motivazione esposta dalla sentenza impugnata,
infatti, che si pone la questione della interpretazione del contratto, la
ricorrente prospetta una diversa (e più favorevole) interpretazione
rispetto a quella adottata dal giudicante, traducendosi ciò tuttavia
nella richiesta di un nuovo accertamento di fatto, inammissibile in
sede di legittimità, l’accertamento della volontà dei contraenti
restando operazione ermeneutica riservata al giudice del merito.
Occorre invero ricordare come costituisca principio di diritto
consolidato presso questa Corte di legittimità quello secondo cui, con
riguardo all’interpretazione del contenuto di un accordo operata dal
giudice di merito, l’invocato sindacato di legittimità non può investire
il risultato interpretativo in sé, che appartiene all’ambito dei giudizi
di fatto riservati a quel giudice, ma deve appuntarsi esclusivamente
sul mancato rispetto dei canoni normativi di interpretazione
dettati dal legislatore agli artt. 1362 ss. c.c. e sulla incoerenza e
illogicità della motivazione addotta: l’indagine ermeneutica, è, in
fatto, riservata invero esclusivamente al giudice di merito (Cass. 14
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l’interpretazione costante di questa Corte (e multis, Cass. 8 maggio

luglio 2016, n. 14355; 10 febbraio 2015, n. 2465; 13 febbraio 2002,
n. 2074).
Le censure proposte non permettono l’indagine ulteriore ad opera
della S.C., in quanto non risultano violati gli artt. 1362 ss. c.c.,
emergendo dalla motivazione della sentenza impugnata l’esame di

coerente e adeguata, sia pure in taluni passaggi sintetica: ma tale, in
ogni modo, da dare conto dell’esame di tutte le risultanze istruttorie,
secondo l’apprezzamento discrezionale a quel giudice riservato.
4.

– Il terzo motivo, con il quale si lamenta l’omessa ed

insufficiente motivazione, nonché la violazione degli artt. 1362 ss. e
1957 c.c., è inammissibile.
La ricorrente sostiene che il contratto in questione non sia
qualificabile come contratto autonomo di garanzia.
Tuttavia, il motivo difetta di specificità, perché, a fronte della
qualificazione predetta ad opera della corte del merito, si limita a
contrapporre la propria diversa interpretazione, ma omette di
adeguatamente supportarla mediante il puntuale richiamo a tutte le
condizioni contrattuali, ai sensi dell’art. 366, comma 1, nn. 3 e 6,
c.p.c.
5. – Il quarto motivo è inammissibile.
Esso, invero, pone una questione radicalmente nuova, non
risultando mai affrontata nella sentenza, né avendo la ricorrente
indicato in quale atto e momento del giudizio di merito essa sia stata
dalla medesima sollevata.
Come emerge dall’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., infatti, il
ricorrente per cassazione che sollevi una questione non trattata nella
sentenza impugnata, al fine di evitare una statuizione di
inammissibilità per novità della censura ha l’onere non solo di
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tutti i documenti negoziali, e risultando detta motivazione in sé

allegare l’avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di
merito, ma anche di indicare in quale scritto difensivo o atto del
giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla corte di
cassazione di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione; in
mancanza, il motivo non si sottrae alla declaratoria d’inammissibilità.

P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente
al pagamento delle spese di lite,liquidate in C 20.200,00, di cui C
200,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15% ed
agli accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12 ottobre
2017.

6. – Le spese seguono la soccombenza.

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