Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3958 del 19/02/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 3958 Anno 2014
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: SCRIMA ANTONIETTA

SENTENZA
sul ricorso 8936-2008 proposto da:
FABIANO SALVATORE FBNSVT48T2OL802U, FABIANO
ANNA

FBNNNA52R68L802U,

DNNDIA24C49L802G,
FBNGPP50C30L802L,

DONNICI

FABIANO
ROMANO

IDA
GIUSEPPE

VALENTINA

RNINVNT81S63D122Z, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
PASUBIO 4, presso lo studio dell’avvocato PAPARO ANTONIO,
rappresentati e difesi dall’avvocato CARIDI GIOVANNI giusta
09)D 5

procura in atti;

2.2.5 g

– ricorrenti –

contro

Data pubblicazione: 19/02/2014

o
RONZONI GIOVANNI RZNGNN38B07D122V, domiciliato ex lege
in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato PITINGOLO
DOMENICO giusta pmenra in atti;

avverso la sentenza n. 80/2007 della CORTE D’APPELLO di
CATANZARO, depositata il 05/02/2007 R.G.N. 1418/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
28/11/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;
udito l’Avvocato TIBERIO PASSERANI per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
GIUSEPPE CORASANITI che ha concluso per raccoglimento del
ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato nel 1994 Ronzoni Giovanni conveniva in giudizio,
innanzi al Tribunale di Crotone, Fabiano Antonio per sentirlo
condannare al risarcimento dei danni, quantificati in 150.000.000,
oltre interessi e rivalutazione, per le lesioni volontarie subite in
conseguenza di un’aggressione da parte del convenuto per la quale
quest’ultimo era già stato condannato dal Tribunale di Crotone con
sentenza n. 1179 del 22 dicembre 1989, a mesi quattro di reclusione,
oltre ad una provvisionale di L 5.000.000 e al risarcimento dei danni,
da liquidarsi in separata sede, in favore del

R011ZOIli

stesso, costituitosi

parte civile.
Il convenuto si costituiva contestando quanto ex adverso dedotto ed in
particolare il quantum richiesto dall’attore.
Nel corso del giudizio il Fabiano decedeva e il giudizio, interrotto a
seguito della dichiarazione di tale evento, veniva riassunto dal Ronzoni
nei confronti di Fabiano Salvatore, Fabiano Anna, Fabiano Giuseppe,
2

– controdeorrente –

o
Romano Valentina e Donnici Ida, quali eredi del convenuto; costoro si
costituivano producendo la dichiarazione di rinuncia all’eredità e
contestando la domanda attorea.
Il Tribunale adito, con sentenza del 24 ottobre 2002, rigettava la
domanda, ritenendo fondata l’eccezione di carenza di legittimazione

costituzione da parte dei convenuti in riassunzione un atto di revoca
della rinuncia all’eredità del loro dante causa, e compensava tra le parti
le spese di lite.
Avverso tale decisione Ronzoni Giovanni proponeva appello, cui
resistevano gli appellati.
La Corte di appello di Catanzaro, con sentenza del 5 febbraio 2007, in
riforma dell’impugnata sentenza, condannava i convenuti, in solido tra
loro, al pagamento di € 13.200,00, da cui detrarre quella pari a €
2.582,28, già versata a titolo di provvisionale, e al risarcimento del
danno da lucro cessante, per il mancato godimento ex tunc della somma
dovuta, determinato equitatívamente come indicato in dispositivo
nonché alle spese del doppio grado di giudizio e a quelle di c.t.u..
Avverso la sentenza della Corte di merito i soccombenti hanno
proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.
Ha resistito con controricorso il Ronzoni.
I ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Al ricorso in esame si applica il disposto di cui all’art. 366 bis c.p.c. inserito nel codice di rito dall’art. 6 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 ed
abrogato dall’art. 47, comma 1, lett. d) della legge 18 giugno 2009, n.
69 – in considerazione della data di pubblicazione della sentenza
impugnata (5 febbraio 2007).

3

passiva sollevata dai convenuti, non potendosi ravvisare nella mera

2. Con il primo motivo, corredato da quesito di diritto, si denuncia la
“violazione e/o falsa applicazione degli artt. 525, 519 e 476 c.c. in
relazione all’art. 360, comma I, n. 3, c.p.c.”.
I ricorrenti lamentano che la Corte di merito abbia erroneamente
ritenuto che essi, convenuti in riassunzione, nel costituirsi, sia pure

rinunciato all’eredità del dante causa, e riportandosi, genericamente e
in via subordinata, alle difese già spiegate dal de mins, abbiano accettato
implicitamente l’eredità/ così validamente revocando la precedente
espressa rinuncia alla stessa.
Ad avviso dei ricorrenti la Corte di merito avrebbe erroneamente
“confuso, equiparandole in toto, la condizione del chiamato all’eredità
da un lato e quella del rinunziante dall’altro, ritenendo che le attività
idonee a determinare l’accettazione tacita dell’eredità da parte del
primo siano altresì idonee a consentire la revoca della rinunzia da parte
del secondo”.
3. Con il secondo motivo, assistito da quesito di diritto, si deduce
“violazione e/o falsa applicazione dell’art. 525 c.c. ed omesso
accertamento e/o omessa motivazione di elemento decisivo ai fini
della risoluzione della controversia, in relazione all’art 360, comma I, n.
3 e 5 c.p.c.”.
Assumono i ricorrenti che, pur a voler ravvisare – come sostenuto
dall’attore e ritenuto dalla Corte di merito – nella condotta processuale
dei chiamati in riassunzione un’attività astrattamente idonea a revocare
la precedente rinuncia all’eredità, l’attore avrebbe dovuto provare e la
detta Corte avrebbe dovuto accertare se nel periodo (tre anni)
intercorso tra la rinuncia solenne all’eredità e la presunta accettazione
tacita nessuno dei altri chiamati avesse già acquistato l’eredità e che tali

4

eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva, per aver

circostanze non avrebbero costituito, invece, oggetto di prova e di
accertamento nei due gradi di merito.
4. I due motivi, che per connessione possono essere esaminati
congiuntamente, sono fondati.
Questa Corte ha già avuto modo di affermare che nel sistema

la quale determina la perdita del diritto all’eredità ove ne
sopraggiunga l’acquisto da parte degli altri chiamati – l’atto di
rinunzia deve essere rivestito di forma solenne (dichiarazione
resa davanti a notaio o al cancelliere e iscrizione nel registro
delle successioni), con la conseguenza che una revoca tacita
della rinunzia è inammissibile (Cass. 29 marzo 2003, n. 4846; Cass.
12 ottobre 2011, n. 21014).
A tale principio, che va ribadito in questa sede, la Corte di merito non
si é adeguata e ha, pertanto erroneamente ritenuto che, con la loro
condotta processuale, i ricorrenti abbiano implicitamente revocato la
rinuncia all’eredità di Fabiano Antonio, formulata nel 1997, e ha,
conseguentemente, accolto la domanda avanzata nei loro confronti.
4.1. Alla luce delle considerazioni che precedono, i mezzi all’esame
vanno accolti.
5. L’accoglimento dei primi due motivi del ricorso assorbe l’esame
degli ulteriori due mezzi con i quali i ricorrenti lamentano la “nullità
della sentenza e del procedimento, per violazione dell’art. 112 c.p.c.,
sub ipecie di omissione di pronuncia su una eccezione sollevata da una
parte, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.” (terzo motivo)
nonché la “violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1295 e 754 c.c.
in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.” (quarto motivo).

5

delineato dagli artt. 519 e 525 c.c. in tema di rinunzia all’eredità –

6. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la sentenza
impugnata va cassata e, decidendo nel merito, va rigettata la domanda
proposta dal Ronzoni.
7. Tenuto conto della peculiarità della vicenda e delle questioni
esaminate, vanno compensate, per intero, tra le parti le spese del

P . Q.M.
La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso, assorbiti gli altri; cassa
la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda e
compensa integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, nella C-Amera di consiglio della SUZÌQIn Terra
Cassazione, il 28 no embre 2013,

Civile della Corte Su
Il Consig

sore

• r sidente

presente giudizio di legittimità e dei gradi di merito.

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