Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3958 del 18/02/2011

Cassazione civile sez. trib., 18/02/2011, (ud. 25/01/2011, dep. 18/02/2011), n.3958

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – rel. Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.P., elett.te dom.to in Roma, alla via Zanardelli 20,

presso lo studio dell’avv. Lais Fabio, dal quale è rapp.to e difeso,

unitamente all’avv. Bertora Alberto, giusta procura in atti;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rapp.te pro tempore;

– intimata –

per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria

Centrale n. 9184/2005 depositatali 14/11/2005;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/1/2011 dal Consigliere Relatore Dott. Marcello Iacobellis;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale, dott.

Apice Umberto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La controversia promossa da B.P. contro l’Agenzia delle Entrate concerne l’impugnazione dell’ingiunzione di pagamento per imposta di registro a seguito dell’accertamento di maggior valore dell’immobile sito in (OMISSIS) venduto dal sig. B. alla Montisola s.r.l., dopo che era divenuto definivo l’accertamento per mancata impugnazione, ed all’esito dell’infruttuoso tentativo nei confronti del compratore. La CTC riteneva legittima l’ingiunzione nei confronti del B. in base del principio di solidarietà di cui al D.P.R. n. 634 del 1972, art. 55 e art. 1292 c.c.. Escludeva la rilevanza del comportamento della società ” atteso che non è chiaro a quale fatto imputabile esclusivamente all’altra parte si faccia riferimento”; nonchè la condonabilità della lite stante la mancata impugnazione dell’accertamento.

Il ricorso proposto si articola in cinque motivi. Nessuna attività difensiva ha svolto l’Agenzia delle Entrate. Il P.G. ha concluso per l’accoglimento del primo e secondo motivo, con assorbimento degli altri.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con primo e secondo motivo il ricorrente assume la violazione e falsa applicazione del D.L. 10 luglio 1982, n. 429, art. 31 in relazione all’art. 111 Cost. La sentenza ometterebbe “qualsiasi riferimento alla definizione perfezionata dal ricorrente sull’originario avviso di accertamento ai sensi della norma sopra richiamata”. La imposta inoltre avrebbe dovuto essere calcolata sul valore finale definito e non su quello originariamente accertato.

Le censure sono inammissibili per difetto di autosufficienza non avendo il ricorrente trascritto quanto dedotto davanti alla CTC a riguardo. In ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, è infatti necessario che in esso vengano indicati, in maniera specifica e puntuale, tutti gli elementi utili perchè il giudice di legittimità possa avere la completa cognizione dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti del processo, così da acquisire un quadro degli elementi fondamentali in cui si colloca la decisione censurata e i motivi delle doglianze prospettate.

Con terzo motivo il ricorrente assume la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 55 e 76 in relazione all’art. 111 Cost.. La CTC, in modo acritico, avrebbe recepito l’assunto dell’Ufficio secondo cui l’avviso di liquidazione sarebbe stato notificato ad entrambe le parti; la notifica dell’ingiunzione quasi 5 anni dopo l’avviso di accertamento senza atti intermedi sarebbe tardiva.

La censura è inammissibile in quanto l’erronea percezione delle risultanze processuali non è ricorribile in Cassazione sotto il profilo della violazione di legge; va inoltre affermata la inammissibilità della censura relativa alla eventuale decadenza dell’Amministrazione, che non risulta formulata precedentemente.

Con quarto motivo il ricorrente assume la violazione e falsa applicazione del D.L. 30 settembre 1994, n. 564, art. 2 quinquies e del D.P.R. n. 591 del 1994, artt. 1 e 2 in relazione all’art. 111 Cost.. L’eccezione di inammissibilità della definizione di cui all’art. 5 quinquies cit. sarebbe infondata; l’avviso di liquidazione non sarebbe mai stato notificato ad esso ricorrente e l’ingiunzione costituiva il primo atto conosciuto in relazione alla nuova pretesa dell’erario. In subordine deduce che “la definizione avrebbe dovuto essere considerata valida almeno per le sanzioni liquidate con l’ingiunzione”.

La censura è inammissibile perchè fondata su un accertamento di fatto inibito in questa sede – mancata notifica dell’avviso di liquidazione-.

Inammissibile è altresì la richiesta subordinata – definibilità delle sanzioni liquidate con l’ingiunzione – non risultando la questione trattata nella decisione impugnata e non avendo il ricorrente nè allegato l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, nè indicato in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa.

Con quinto motivo il ricorrente assume la violazione e falsa applicazione del D.L. 30 settembre 1994, n. 564, art. 2 quinquies, e del D.P.R. n. 591 del 1994, artt. 1 e 2 in relazione all’art. 111 Cost.. La CTC non avrebbe applicato il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 57, comma 4, secondo cui l’imposta complementare per un fatto imputabile soltanto ad una delle parti contraenti è a carico esclusivamente di questa, nonostante esso ricorrente avesse, fin dal primo ricorso, dedotto il comportamento omissivo della società.

La censura è inammissibile in quanto priva di specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità.

Consegue da quanto sopra il rigetto del ricorso. Nulla per le spese in assenza di attività difensiva.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2011

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