Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3955 del 19/02/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 3955 Anno 2014
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: SCRIMA ANTONIETTA

SENTENZA
sul ricorso 8751-2008 proposto da:
ARENA GIUSEPPE RNAGPP44A18G2880, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA LUIGI BOCCHERINI 3, presso lo studio
dell’avvocato DE CARIA ALDO, che lo rappresenta e difende giusta
procura in atti;

– ricorrente contro
TERRANOVA DANIELA TRRDNL49A43L063Y, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA CARLO POMA 2, presso lo studio
dell’avvocato ORLANDO FABIO MASSIMO, che la rappresenta e
difende giusta procura in atti;

Data pubblicazione: 19/02/2014

- controrkorrente avverso la sentenza n. 494/2007 della CORTE D’APPELLO di
ROMA, depositata in data 01/02/2007 R.G.N. 11754/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
28/11/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;

udito l’Avvocato FABIO MASSIMO ORLANDO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
GIUSEPPE CORASANITI che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Arena Giuseppe ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di un
unico motivo, avverso la sentenza del 1° febbraio 2007, con cui la
Corte di appello di Roma ha rigettato il gravame avverso la sentenza
depositata il 29 settembre 2003 ed emessa dal Tribunale capitolino che,
tra l’altro, accogliendo parzialmente la domanda di Terranova Daniela,
aveva dichiarato la sussistenza, in capo all’attuale ricorrente,
dell’obbligo di provvedere al pagamento di tutti i ratei del mutuo
acceso dalla Terranova con il Banco di Santo Spirito (poi Banca di
Roma) in data 11 febbraio 1992 per la somma capitale di € 154.937,00
fino all’estinzione anticipata dello stesso nonché alla cancellazione della
trascrizione della garanzia ipotecaria, a favore dell’ente mutuante,
sull’appartamento sito in Roma, via Castelfranco Venero n. 50, di
proprietà della Terranova, in quanto l’Arena era risultato debitore delle
somme che l’attrice, avuta l’erogazione del mutuo, gli aveva versato.
Ha resistito con controricorso la Terranova.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Al ricorso in esame si applica il disposto di cui all’art. 366 bis c.p.c. inserito nel codice di rito dall’art. 6 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 ed
abrogato dall’art. 47, comma 1, lett. d) della legge 18 giugno 2009, n.
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udito l’Avvocato ALDO DE CARTA;

69 – in considerazione della data di pubblicazione della sentenza
impugnata (1° febbraio 2007).
1.1. Questa Corte ha in più occasioni chiarito che nei casi previsti
dall’art. 360, primo comma, nn. 1, 2, 3 e 4, c.p.c. “i quesiti di diritto
imposti dall’art. 366 bis c.p.c. – introdotto dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n.

cultura del processo di legittimità – rispondono all’esigenza di
soddisfare non solo l’interesse del ricorrente ad una decisione della lite
diversa da quella cui è pervenuta la sentenza impugnata ma, al tempo
stesso e con più ampia valenza, anche di enucleare il principio di diritto
applicabile alla fattispecie, collaborando alla funzione nomofilattica
della Corte di Cassazione, il cui rafforzamento è alla base della nuova
normativa secondo N’esplicito intento evidenziato dal legislatore
all’art. 1 della Legge Delega 14.5.2005, n. 80; i quesiti costituiscono,
pertanto, il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico
e l’enunciazione del principio giuridico generale, risultando, altrimenti,
inadeguata e, quindi, non ammissibile l’investitura stessa del giudice di
legittimità” (v. Cass., sez. un., 6 febbraio 2009, n. 2863; Cass. 9 maggio
2008, n. 11535; Cass., sez. un., 14 febbraio 2008, n. 3519; Cass., sez.
un., 29 ottobre 2007, n. 22640; Cass., sez. un., 21 giugno 2007, n.
14385).
Pertanto, affermano le Sezioni Unite di questa Corte che,
“travalicando” “la funzione nomofilattica demandata al giudice di
legittimità” “la risoluzione della singola controversia, il legislatore ha
inteso porre a carico del ricorrente l’onere imprescindibile di
collaborare ad essa mediante l’individuazione del detto punto di
congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del
più generale principio giuridico, alla quale il quesito è funzionale,
diversamente risultando carente in uno dei suoi elementi costitutivi la
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40, art. 6, comma 1, secondo una prospettiva volta a riaffermare la

stessa devoluzione della controversia ad un giudice di legittimità;
dmide la eoninùnata inattunissibilita del motivo di ricorso clic non si
concluda con il quesito di diritto o che questo formuli in difformità dai
criteri informatori della norma. Incontroverso che il quesito di diritto
non possa essere desunto per implicito dalle argomentazioni a

nell’elaborazione dei canoni di redazione di esso la giurisprudenza di
questa Suprema Corte è, pertanto, ormai chiaramente orientata nel
ritenere che ognuno dei quesiti formulati per ciascun motivo di ricorso
debba consentire l’individuazione tanto del principio di diritto che è
alla base del provvedimento impugnato, quanto, correlativamente, del
principio di diritto, diverso dal precedente, la cui auspicata
applicazione ad opera della Corte medesima possa condurre ad una
decisione di segno inverso rispetto a quella impugnata; id est che il
giudice di legittimità debba poter comprendere, dalla lettura del solo
quesito inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l’errore di
diritto asseritamente compiuto dal giudice e quale sia, secondo la
prospettazione del ricorrente, la diversa regola da applicare. Ove tale
articolazione logico-giuridica manchi, il quesito si risolverebbe in
un’astratta petizione di principio che, se pure corretta in diritto,
risulterebbe, ciò nonostante, inidonea sia ad evidenziare il nesso tra la
fattispecie concreta, l’errore di diritto imputato al giudice a quo ed il
difforme criterio giuridico di soluzione del punto controverso che si
chiede venga affermato, sia ad agevolare la successiva enunciazione del
principio cui la Corte deve pervenire nell’esercizio della funzione
nomofilattica. Il quesito non può, pertanto, consistere in una mera
richiesta d’accoglimento del motivo o nell’interpello della Corte in
ordine alla fondatezza della censura così come illustrata nello
svolgimento dello stesso, ma deve costituire la chiave di lettura delle
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sostegno della censura, ma debba essere esplicitamente formulato,

ragioni esposte e porre la Corte medesima in condizione di rispondere
ad esso con l’enunciazione d’una regula iuris che sia, in quanto tale,
suscettibile, al contempo, di risolvere il caso in esame e di ricevere
applicazione generale, in casi analoghi a quello deciso” (v., in
motivazione, Cass., sez. un., 6 febbraio 2009, n. 2863; v. Cass., ord., 24

1.2. Nella giurisprudenza di questa Corte é stato, inoltre, precisato che,
secondo Part. 366 bis c.p.c., anche nel caso previsto dall’art. 360, primo
comma, n. 5, c.p.c., l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a
pena di inammissibilità, la chiara indicazione, sintetica ed autonoma,
del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assuma
omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta
insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la
decisione, e la relativa censura deve contenere un momento di sintesi
(omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i
limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione
del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass., sez. un., 1 °
ottobre 2007, n. 20603; Cass. 27 ottobre 2011, n. 22453). Con
l’ulteriore precisazione che tale requisito non può dirsi rispettato
qualora solo la completa lettura della complessiva illustrazione del
motivo – all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore e
non di una indicazione da parte del ricorrente – consenta di
comprendere il contenuto e il significato delle censure (Cass., ord., 18
luglio 2007, n. 16002; Cass. 19 maggio 2011, n. 11019), in quanto la

ratio che sottende la disposizione indicata è associata alle esigenze
deflattive del filtro di accesso alla suprema Corte, la quale deve essere
posta in condizione di comprendere, dalla lettura del solo quesito,
quale sia l’errore commesso dal giudice di merito (v. Cass. 18
novembre 2011, n. 24255).
5

luglio 2008, n. 20409).

1.3. Secondo il prevalente orientamento della giurisprudenza di questa
Corte, che va ribadito, è ammissibile il motivo di ricorso con cui siano
denunziati sia vizi di violazione di legge che di motivazione, qualora
tale motivo si concluda con la formulazione di tanti quesiti
corrispondenti alle censure proposte, poiché nessuna prescrizione è

nulla rilevando l’art. 366 bis c.p.c., inserito dall’art. 6, d.lgs. 2 febbraio
2006 n. 40, il quale esige che, nel caso previsto dal n. 3 dell’art. 360
c.p.c., il motivo sia illustrato con un quesito di diritto e, nel caso
previsto dal n. 5, che l’illustrazione contenga la chiara indicazione del
fatto controverso, in relazione al quale si assuma che la motivazione sia
omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta
insufficienza la renda inidonea a giustificare la decisione ma non
richiede anche che il quesito di diritto e gli elementi necessari alla
illustrazione del vizio di motivazione siano prospettati in motivi distinti
(Cass. 18 gennaio 2008, n. 976; Cass. 26 marzo 2009, n. 7621).
2. Con l’unico motivo, denunciando violazione degli artt. 2697 e 2729
c.c. nonché insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto
decisivo della controversia (art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c.), il
ricorrente rappresenta che la Corte di Appello di Roma avrebbe fatto
discendere la prova dell’assunzione a suo carico dell’obbligo del
pagamento delle rate di mutuo in questione dalla scrittura privata
datata 27 febbraio 1992 e dalla sua dichiarazione inserita nel verbale di
udienza del 3 novembre 1993, relativo al primo procedimento per
sequestro conservativo, senza tener conto di tutte le deduzioni
dell’attuale ricorrente riportate sia negli scritti difensivi del doppio
grado di merito che nei verbali relativi ai procedimenti attinenti ai
sequestri ante causam richiesti dalla Terranova. Sostiene il ricorrente che,
così argomentando, la Corte di merito avrebbe “contraddittoriamente
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rinvenibile nelle norme processuali che ostacoli tale duplice denunzia, a

preteso di dedurre l’esistenza di un inequivocabile manifestazione di
volontà” dell’Arena di riconoscersi debitore della Terranova
dell’importo mutuato, “di fatto esonerando” quest’ultima dall’onere
della prova dei fatti posti fondamento della pretesa in violazione
dell’art. 2697 c.c..

cui la Corte di merito ha ritenuto sussistente la prova presuntiva del
negozio di assunzione, da parte sua, dell’obbligazione in questione. Ad
avviso dell’Arena, l’obbligazione di garanzia cui egli, secondo i Giudici
dell’appello, sarebbe tenuto non può essere provata per presunzioni e,
comunque, le presunzioni di cui all’art. 2729 c.c. devono essere gravi,
precise e concordanti e tali non sarebbero gli indizi ritenuti dalla Corte
di merito “idonei a fondare la presunzione di riconoscimento del
debito da parte dell’Arena” né, secondo il ricorrente, alla scrittura del
27 febbraio 1992 possono essere attribuiti gli effetti tipici della
ricognizione del debito o della promessa di pagamento ai sensi dell’art.
1988 c.c., mancandone i presupposti.
2.1. In relazione all’unico motivo di ricorso il ricorrente pone i seguenti
quesiti di diritto:
– “accerti la Corte se vi è stata violazione o falsa applicazione degli artt. 2697 e
2729 e 1988”;
– “accerti la Corte se la motivazione con la quale la Corte d’Appello di Roma ha
ritenuto sussistenti elementi gravi, precisi e concordanti, idonei a giustificare
pienamente, alla stregua dell’art. 2729 c.c., la prova presuntiva dell’esistenza del
negozio di assunzione [di] garanzia da parte del Sig. Arffiena, sia insufficiente o
contraddittorid’.
2.2. Il motivo é inammissibile.
2.3. Ed invero, il primo quesito, riferito evidentemente alla lamentata
violazione di legge, risulta inidoneamente formulato, non
7

In particolare il ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in

conformandosi lo stesso ai requisiti prescritti dall’art. 366 bis c.p.c.,
nell’interpretazione che di tale norma ha fornito il “diritto vivente”, e
al riguardo si rinvia a quanto già osservato nel paragrafo 1.1.,
precisandosi che il quesito di diritto non può essere generico e astratto
ma deve compendiare la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto

diritto applicata da quel giudice e la diversa regola di diritto che, ad
avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie; la
mancanza – come nel caso all’esame – anche di una sola di tali
indicazioni nel quesito di diritto rende inammissibile il motivo cui il
quesito così formulato sia riferito (Cass., ord., 25 settembre 2007, n.
19892 e 17 luglio 2008, n. 19769; Cass. 30 settembre 2008, n. 24339;
Cass. 13 marzo 2013, n. 6286, in motivazione). Inoltre, il quesito non
può consistere nel mero interpello della Corte in ordine alla fondatezza
o meno delle propugnate petizioni di principio o della censura così
come illustrata nello svolgimento del motivo (Cass. 7 marzo 2012, n.
3530) e neppure può risolversi – come nel caso all’esame – in una mera
istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata
(Cass., ord., 17 luglio 2007, n. 19769; Cass., ord., 19 febbraio 2009, n.
4044; Cass., sez. un., 23 settembre 2013, n. 21672).
2.4. Il motivo, inoltre, non è assistito, in relazione ai dedotti vizi
motivazionali, da idoneo momento di sintesi (cd. quesito di fatto),
rinviandosi al riguardo a quanto osservato nel paragrafo 1.2., con la
precisazione che difetta di un’adeguata sintesi che metta in luce il fatto
controverso ovvero le aporie e le deficienze della motivazione, nel
contesto della specifica fattispecie dedotta in giudizio. Peraltro, nel
quesito e nella stessa illustrazione del motivo, il ricorrente, pur
denunciando anche la “contraddittorietà della motivazione” della
sentenza impugnata, inammissibilmente non trascrive le proposizioni
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sottoposti al giudice di merito, la sintetica indicazione della regola di

della sentenza a suo avviso contraddittorie, ovvero tra loro
inconciliabili e tali da elidersi a vicenda (Cass. 2 marzo 2012, n. 3248).
2.5. Il motivo è, comunque, inammissibile anche per difetto di
autosufficienza, non riproducendo l’esatto tenore delle deduzioni rese
dal ricorrente nei precedenti scritti difensivi e nei verbali di causa

essendosi l’Arena limitato a riportare in relazione a tanto soltanto le
dichiarazioni rese nel verbale del 3 novembre 1993 nel procedimento
per sequestro conservativo (v. p. 7 ricorso).
2.6. Infine, il motivo tende inammissibilmente ad una rivalutazione del
merito della causa. Ed invero, con la proposizione del ricorso per
cassazione, la parte ricorrente non può rimettere in discussione,
contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici
del merito, tratto – come nella specie – dall’analisi degli elementi di
valutazione disponibili ed in sé coerente; l’apprezzamento dei fatti e
delle prove, infatti, è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento
che nell’ambito di detto sindacato, non è conferito il potere di
riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di
controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica,
l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di
individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare
le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le
risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in
discussione (v., exp/utirnis, Cass., ord., 6 aprile 2011, n. 7921).
3. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile.
4. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo,
seguono la soccombenza.
P.Q.M.

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richiamati a p. 5 del ricorso (Cass. 28 febbraio 2006, n. 4405),

o
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente
giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 8.200,00, di cui
curo 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza

Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 28 no embre 2013.

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