Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3954 del 18/02/2010

Cassazione civile sez. III, 18/02/2010, (ud. 21/01/2010, dep. 18/02/2010), n.3954

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

R.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

MANTEGAZZA 37, presso il cav. LUIGI GARDIN, rappresentata e difesa

dall’avvocato QUARANTA PASQUALE, giusta procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

DUOMO UNIONE ASSICURAZIONI S.P.A. (incorporante per fusione la DUOMO

ASSICURAZIONI S.P.A.), in persona del suo legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MARCO ATTILIO 14,

presso lo studio dell’avvocato MATTICOLI MARIO, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato VITTORIO FORMANDO, giusta procura

speciale alle liti in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

ITALIANA ASSICURAZIONI SPA, F.O.;

– intimate –

avverso la sentenza n. 1623/2008 del TRIBUNALE di LECCE, del 5/6/08,

depositata il 07/08/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/01/2010 dal Consigliere Relatore Dott. MASSERA Maurizio;

e’ presente il P.G. in persona del Dott. PATRONE Ignazio.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, letti gli atti depositati osserva:

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 6 aprile 2009 R.A. ha chiesto la cassazione della sentenza, non notificata, depositata in data 7 agosto 2008 dal Tribunale di Lecce, confermativa della sentenza del Giudice di Pace, che aveva dichiarato la responsabilita’ concorsuale della medesima e di F.O. nel sinistro stradale all’origine della controversia.

La Duomo Unione Assicurazioni S.p.A. (incorporante Duomo Assicurazioni S.p.A.) ha resistito con controricorso.

F.O. e Italiana Assicurazioni S.p.A. non hanno espletato attivita’ difensiva.

2 – I sette motivi del ricorso risultano inammissibili, poiche’ la loro formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366 bis c.p.c.. Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360 c.p.c., per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, e’ ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che e’ inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6 il ricorso per Cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimita’, imponendo al patrocinante in Cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico – giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilita’, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilita’ (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

3. – Con il primo motivo la ricorrente lamenta omessa e insufficiente motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio. Non formula il momento di sintesi redatto con i criteri indicati e necessario per circoscrivere il fatto controverso e per specificare in quali punti e per quali ragioni la motivazione della sentenza si riveli rispettivamente omessa e insufficiente. Inoltre la censura implica esame delle risultanze processuali e apprezzamenti di fatto, attivita’ inibite al giudice di legittimita’.

Con il secondo e il terzo motivo la ricorrente denuncia, rispettivamente, violazione e falsa applicazione (non meglio specificate, come se si trattasse di sinonimi) dell’art. 2054 c.c., comma 2 e dell’art. 2059 c.c.. Nessuna delle due censure contiene un quesito di diritto che postuli l’enunciazione di un principio decisivo per il giudizio e, nel contempo, di applicabilita’ generalizzata. Entrambe sono sviluppate con argomentazioni che attengono al merito.

Con il quarto motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.M. 8 aprile 2004, n. 127; violazione del principio della inderogabilita’ della tariffa professionale. Anche questa censura non postula l’enunciazione di alcun principio di diritto riferito alle violazioni contestate.

D’altra parte ha fatto riferimento ad uno scaglione tariffario (da Euro 2.600,00 ad Euro 5.200,00) che non sembra essere in armonia con la sua stessa domanda, considerato che aveva chiesto l’affermazione della responsabilita’ esclusiva della controparte e la liquidazione di altre voci di danno.

Con il quinto motivo la R. denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. e del principio della soccombenza.

Anche questa censura e’ priva di quesito e anche di specifiche argomentazioni a sostegno.

Con il sesto motivo viene eccepita nullita’ della sentenza per vizio di omessa pronuncia (art. 360 c.p.c., n. 4) e con il settimo nullita’ della sentenza per vizio di ultrapetizione (art. 360 c.p.c., n. 4).

Questi due motivi sono inammissibili per le stesse ragioni indicate per la precedente.

4.- La relazione e’ stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

Non sono state presentate conclusioni scritte ne’ memorie ne’ alcuna delle parti ha chiesto d’essere ascoltata in Camera di consiglio;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380 bis e 385 c.p.c..

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 1.000,00, di cui Euro 800,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2010

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