Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3952 del 18/02/2010
Cassazione civile sez. III, 18/02/2010, (ud. 21/01/2010, dep. 18/02/2010), n.3952
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PREDEN Roberto – Presidente –
Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –
Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –
Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –
Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
P.B., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA SAN
PIETRO IN VINCOLI 40, presso BRAMONTI MACRO, rappresentato e difeso
dall’avvocato DI PIRRO UGO, giusta procura speciale in calce al
ricorso;
– ricorrente –
contro
POSTE ITALIANE SPA, in persona del Responsabile della Direzione
Affari Legali della Societa’, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIALE EUROPA N. 190, presso l’AREA LEGALE TERRITORIALE CENTRO DI
POSTE ITALIANE, rappresentata e difesa dagli avvocati VERARDI ROSELLA
e HYERACI LUCIO AGOSTINO MARIO, giusta delega a margine del
controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 59/2008 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI, del
9/11/07, depositata il 14/02/2008;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
21/01/2010 dal Consigliere Relatore Dott. MASSERA Maurizio;
e’ presente il P.G. in persona del Dott. PATRONE Ignazio.
Fatto
FATTO E DIRITTO
La Corte, letti gli atti depositati osserva:
E’ stata depositata la seguente relazione:
1 — Con ricorso notificato il 20 marzo 2009 P.B. ha chiesto la cassazione della sentenza, non notificata, depositata in data 14 febbraio 2008 dalla Corte d’Appello di Cagliari, confermativa della sentenza del Tribunale che lo aveva condannato al risarcimento del danno patito dalla Poste Italiane S.p.A, per le lesioni inflitte ad un suo dipendente.
La Poste Italiane S.p.A. ha resistito con controricorso.
2 – La formulazione del ricorso non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366 bis c.p.c..
Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360 c.p.c., per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.
Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, e’ ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che e’ inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6 il ricorso per Cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimita’, imponendo al patrocinante in Cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico – giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.
In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.
3. – Sotto la dizione “motivi” il ricorrente tratta congiuntamente:
1) violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 113, 115, 116, 188 e 190 c.p.c., dell’art. 191 c.p.c., comma 1 e dell’art. 194 c.p.c., comma 1 c.p.c;
2) illegittimita’ della ordinanza del G.I. del 12 febbraio 2003, recepimento di documenti tardivi, abnorme CTU e abnormi suoi risultati.
Questa tecnica censoria si pone in palese contrasto con la prescrizione dell’art. 366 c.p.c., n. 4. Inoltre con il ricorso per Cassazione puo’ essere censurata soltanto la sentenza d’appello e non direttamente il procedimento di primo grado. Infine l’unico quesito formulato non appare congruo in riferimento alle numerose violazioni denunciate (e non argomentate) e prescinde totalmente dalla motivazione della sentenza impugnata.
4.- La relazione e’ stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;
Non sono state presentate conclusioni scritte ne’ memorie ne’ alcuna delle parti ha chiesto d’essere ascoltata in Camera di consiglio;
5.- Ritenuto:
che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;
che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza;
visti gli artt. 380 bis e 385 c.p.c..
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 600,00, di cui Euro 400,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2010.
Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2010