Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3944 del 18/02/2011

Cassazione civile sez. trib., 18/02/2011, (ud. 13/10/2010, dep. 18/02/2011), n.3944

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

G.L., rappresentata e difesa dall’avv. Giuseppe Forestiere e

domiciliata in Roma, via Leonardo Libero n. 34 presso lo studio

dell’avv. Aliffi Silvio come da procura in calce al ricorso;

contro

Agenzia delle Entrate Ufficio Imposte Dirette di Siracusa con sede in

(OMISSIS);

Avverso la sentenza n. 106/07/2004 della Commissione Tributaria

Regionale di Palermo emessa in data 30.09.2004 e depositata in data

02 dicembre 2004;

udita la relazione del Consigliere Dott. Renato Polichetti;

udite le conclusioni del P.G. Sepe Ennio Attilio che ha chiesto il

rigetto del ricorso.

Fatto

CONSIDERATO

quanto segue:

La vicenda oggetto del presente ricorso riguarda in via preliminare ed assorbente la validità della notifica di una cartella di pagamento notificata al marito titolare di fatto della ditta Bonaiuto Paolo e C, poi dichiarata fallita, G.L., la quale assume di non essere stata mai messa al corrente del fatto che era stata nominata titolare della suddetta ditta, e di non avere mai ricevuto dal marito il suddetto avviso.

Avverso il suddetto atto proponeva ricorso G.L. affermando di non essere stata mai messa al corrente di essere stata nominata socio accomandante della suddetta ditta dal marito; e che, comunque, mai aveva avuto conoscenza delle notifica del suddetto atto.

Il ricorso era respinto sia dalla Commissione Tributaria Provinciale di Siracusa, sia dalla Commissione Tributaria Regionale di Palermo sezione distaccata di Siracusa, in quanto la notifica del ricorso effettuata con consegna al marito della G.L. era perfettamente valida come stabilito dall’art. 139 c.p.c., comma 2.

Avverso la suddetta sentenza propone ricorso innanzi a questa Corte G.L. per il tramite del suo difensore.

Appare opportuno esaminare per primo il secondo motivo, con il quale è stato dedotto la violazione dell’art. 138 c.p.c. e dell’art. 24 Cost. con riferimento all’art. 360 c.p.c..

Assume la difesa della ricorrente che la propria assistita nulla sapesse di essere stata nominata socia accomandataria della suddetta ditta dal marito che aveva falsificato più volte la sua firma in documenti della suddetta società, ed aveva inoltre comportato il fallimento della suddetta ditta senza che nulla sapesse al riguardo la moglie.

Anzi già in precedenza vi erano state altre notifiche a suo nome ricevute dal marito, senza che nulla le venisse detto al riguardo. Il motivo è infondato.

Come stabilito dalla giurisprudenza di questa Corte: “Nel caso di dichiarazione congiunta dei redditi da parte dei coniugi L. 13 aprile 1977, n. 114, ex art. 17, e per effetto della solidarietà voluta dal legislatore, la tempestiva notifica al marito dell’avviso di accertamento, come della cartella di pagamento, impedisce qualsiasi decadenza dell’Amministrazione finanziaria anche nei confronti della moglie co-dichiarante; allo stesso modo, la pendenza del processo tra l’Amministrazione finanziaria ed il marito determina la sospensione di qualsiasi termine – di decadenza come di prescrizione – riguardo alla stessa moglie co-dichiarante”. (Cass, Sez. 5 Sentenza n. 27005 del 21/12/2007). Ne consegue che nel caso di specie il fatto che la moglie non sapesse che il marito utilizzasse il suo nome al fine di continuare, in modo occulto, l’esercizio della sua funzione imprenditoriale non costituisce una esimente dall’obbligo del recupero delle somme non corrisposte al fisco.

Ciò può costituire – nel caso di specie – un diritto di rivalsa del coniuge nei confronti del marito, ma certamente non comporta una esimente fiscale da parte della stessa.

Il fatto poi che il coniuge abbia approfittato all’insaputa del coniuge del nominativo della stessa, comporta che lo stesso debba risarcirla del danno subito, ma non certamente che la stessa debba essere esentata dalla prestazione tributaria.

Il rigetto di tale motivo rende di conseguenza irrilevanti gli altri motivi ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 ottobre 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2011

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