Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3941 del 16/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 16/02/2021, (ud. 24/11/2020, dep. 16/02/2021), n.3941

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 16626-2019 R.G. proposto da:

T.P., rappresentato e difeso, per procura speciale in calce

al ricorso, dall’avv. Giuseppina NEGRO, ed elettivamente domiciliato

in Roma, alla via Aversa n. 39, presso lo studio legale dell’avv.

Andrea IACOBUCCI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 323/01/2018 della Commissione Tributaria

Regionale del MOUSE, depositata in data 23/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/11/2020 dal Consigliere Dott. Lucio LUCIOTTI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Con la sentenza impugnata la C.T.R. del Molise ha respinto l’appello del contribuente avverso un avviso di accertamento per Irpef, Iva ed Irap dell’anno di imposta 2008, fondato sul rilievo della emissione di fatture per operazioni ritenute inesistenti, intercorse tra il contribuente T.P. e la ditta A.B. e l’Associazione Sport Together. Sosteneva la CTR che “l’Amministrazione finanziaria in sede di verifica fiscale non rinveniva alcuna documentazione attestante la avvenuta esecuzione delle prestazioni indicate nei documenti fiscali in oggetto, nè rinveniva alcun bene strumentale e personale dipendente che potessero giustificare la supposta erogazione delle prestazioni”; che “la Associazione Sport Together di fatto iniziava ad operare solo nell’anno 2009 e la ditta individuale A.B. cessava ogni attività a decorrere dal (OMISSIS), risultando evidente la emissione di fatture per prestazioni di servizi mai eseguiti dall’ A.B. in favore del committente, stante altresì la assoluta assenza di organizzazione di impresa per la esecuzione delle prestazioni indicate, la assenza di beni strumentali ai fini dell’esercizio dell’impresa e di personale lavorativo alle dipendenze della stessa”; che non potevano ritenersi veritiere le fatture emesse dall’ A. nel corso del 2008 nei confronti del T. atteso che quest’ultimo “risultava non più operante dal (OMISSIS)”.

Avverso tale statuizione il T. propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui replica l’intimata con controricorso.

Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

Il ricorrente ha depositato il decreto di ammissione provvisoria al patrocinio a spese dello Stato deliberato dalla CTR del Molise in data 03/06/2019.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza impugnata per difetto assoluto di motivazione, sub specie di motivazione apparente, in violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost., dell’art. 118disp. att. c.p.c., dell’art. 132 c.p.c., e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 63.

2. E’ noto che la motivazione è solo apparente – e la sentenza è nulla perchè affetta da error in procedendo – quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., Sez. U, Sentenza n. 22232 del 2016, Rv. 641526-01; conf. Cass., Sez. 6-5, Ordinanza n. 14927 del 2017).

3. Nel caso di specie, per come risulta dall’apparto motivazionale sopra trascritto nella parte in questa sede rilevante, i giudici di secondo grado hanno ritenuto di rigettare l’appello del contribuente evidenziando gli elementi emergenti ex actis, ed in particolare dagli esiti della verifica fiscale condotta dall’Agenzia delle entrate, che dimostravano l’inesistenza delle operazioni commerciali riprese a tassazione. In buona sostanza i giudici di appello hanno espresso una ben chiara ratio decidendi, con argomentazioni idonee a dare conto delle ragioni della decisione assunta, sicchè deve escludersi l’imperscrutabilità della ratio che rende nulla la sentenza per apparenza motivazionale (Cass., Sez. U., n. 22232/2016 cit.).

4. Il motivo in esame è, quindi, manifestamente infondato e va rigettato.

5. Con il secondo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., lamentando l’omessa pronuncia della CTR sul motivo di impugnazione con cui aveva censurato la statuizione di primo grado che aveva rigettato l’eccezione di incompetenza funzionale dell’Ufficio territoriale dell’Agenzia delle entrate, sostenendo che la competenza ad emettere l’atto impositivo, alla stregua di quanto previsto dal Regolamento dell’Agenzia delle entrate, approvato con Delib. del Comitato direttivo n. 4 del 30/11/2000, non spettava all’Ufficio territoriale dell’Agenzia delle entrate (nella specie Direzione provinciale di Isernia).

6. Al riguardo deve ricordarsi che “Alla luce dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell’art. 111 Cost., comma 2, nonchè di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 c.p.c., ispirata a tali principi, una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di gravame, la Suprema Corte può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con quel motivo risulti infondata, di modo che la statuizione da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello (determinando l’inutilità di un ritorno della causa in fase di merito), sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto” (Cass. n. 16171 del 2017; conf. Cass. 9638 del 2018). Pertanto, ancorchè sia vero che la CTR non si è pronunciata sul motivo di appello, ciò tuttavia non giustifica l’accoglimento del motivo, che è infondato e va rigettato atteso che la violazione da parte degli uffici delle disposizioni regolamentari in materia di riparto di competenze tra uffici e, in particolare, di decreti direttoriali come quello cui ha fatto riferimento il contribuente (nota prot. 2008/191630 del Direttore dell’Agenzia delle entrate) non comporta alcun vizio dell’atto impositivo (arg. da Cass. n. 16436 del 2009), che sarebbe invalido solo nell’ipotesi di violazione della competenza territoriale individuata dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 31, nell’ufficio distrettuale nella cui circoscrizione si trova il domicilio fiscale del contribuente, nella specie rispettato.

7. Con il terzo motivo il ricorrente censura la sentenza d’appello per violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., sostenendo che la CTR aveva omesso di valutare le prove che aveva prodotto in giudizio, di cui aveva evidenziato la decisività, recependo senza alcun apprezzamento critico gli elementi invece addotti dall’Ufficio.

8. Il motivo è inammissibile ed infondato.

9. E’ inammissibile in quanto “una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione” (Cass. n. 1129 del 2019).

10. E’ infondato in quanto “In tema di prova, spetta in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, nonchè la facoltà di escludere anche attraverso un giudizio implicito la rilevanza di una prova, dovendosi ritenere, a tal proposito, che egli non sia tenuto ad esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga irrilevante ovvero ad enunciare specificamente che la controversia può essere decisa senza necessità di ulteriori acquisizioni” (Cass. n. 13485 del 2014). Peraltro, con il motivo in esame il ricorrente, non potendo dedurre un vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per la preclusione posta dall’art. 348 ter c.p.c. (c.d. doppia conforme), sotto lo schermo della violazione di legge richiede a questa Corte un’inammissibile rivalutazione delle risultanze processuali esaminate dai giudici di appello e da questi ritenute idonee a dimostrare l’inesistenza delle operazioni commerciali contestate.

11. In estrema sintesi, il ricorso va rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali liquidate come in dispositivo.

12. Va dato atto, ancorchè il ricorrente risulti essere stato ammesso in via anticipata e provvisoria al patrocinio a spese dello Stato, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato ex D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater (Cass., Sez. U., n. 4315 del 2020).

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2021

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