Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3939 del 16/02/2021
Cassazione civile sez. VI, 16/02/2021, (ud. 24/11/2020, dep. 16/02/2021), n.3939
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRECO Antonio – Presidente –
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –
Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –
Dott. RUSSO Rita – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12969-2019 R.G. proposto da:
I.C.A. – Imposte Comunali Affini s.r.l., società unipersonale, in
persona del legale rappresentante pro tempore, rag. G.O.,
rappresentata e difesa, per procura speciale a margine del ricorso,
dall’avv. Alessandro CARDOSI, ed elettivamente domiciliata in Roma,
al viale Tiziano, n. 110, presso lo studio legale dell’avv. Simone
TABLO’;
– ricorrente –
contro
PUBBLI CITTA’ s.p.a., in persona del legale rappresentante pro
tempore, P.A., rappresentata e difesa, per procura
speciale in calce al controricorso, dall’avv. Vincenzo PIANOFORTE,
ed elettivamente domiciliata in Roma, alla via della Giuliana, n.
73, presso lo studio legale dell’avv. Antonio MARTINOLI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1110/01/2018 della Commissione Tributaria
Regionale del VENETO, depositata il 19/10/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 24/11/2020 dal Consigliere Dott. Lucio LUCIOTTI.
Fatto
FATTO e DIRITTO
La Corte:
costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 – bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue.
La Pubbli Citta s.p.a. impugnava l’avviso di accertamento con cui la I.C.A. s.r.l., quale concessionaria per l’accertamento, la liquidazione e la riscossione dell’imposta comunale sulla pubblicità e dei diritti sulle pubbliche affissioni, aveva chiesto il pagamento dell’imposta di pubblicità per l’anno d’imposta 2015 relativa ad un gruppo di frecce direzionali a contenuto pubblicitario esposte in un unico pannello nel territorio del comune di (OMISSIS).
La CTP di Vicenza accoglieva il ricorso sostenendo che la fattispecie in esame, poichè i messaggi pubblicitari erano riferibili ad un medesimo soggetto passivo ed erano collocati in un unico supporto di sostegno, rientrava nell’ipotesi di unico mezzo pubblicitario prevista dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 7, comma 1.
La CTR rigettava l’appello della I.C.A. s.r.l. condividendo la tesi dei giudici di primo grado.
Propone ricorso per cassazione la società contribuente affidato a un unico motivo, cui resiste l’intimata con controricorso e memoria.
Con l’unico motivo la ricorrente deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 5,6 e 7, commi 1 e 2, censurando la pronuncia impugnata per avere ritenuto che il calcolo dell’imposta comunale della pubblicità, nel caso di specie relativo a più frecce direzionali pubblicizzanti aziende diverse facenti parte di un unico pannello, dovesse essere riferita all’intera superficie del pannello anzichè calcolata autonomamente su quella di ciascuna singola freccia pubblicitaria. Sostiene, altresì, la ricorrente che la CTR, erroneamente interpretando i principi affermati da questa Corte nella sentenza n. 252 del 2012, ha ritenuto che l’imposta sulla pubblicità, nel caso come quello di specie, di gruppo di frecce direzionali a contenuto pubblicitario riferibili a diversi soggetti pubblicizzati, sarebbe applicabile in misura diversa, ovvero in un importo inferiore se a corrisponderla fosse tenuto l’obbligato principale, inteso quale soggetto che dispone del mezzo pubblicitario, ed in un importo maggiore se tenuto a corrisponderlo fossero invece gli obbligati in solido, intesi quali soggetti pubblicizzati.
Il motivo è fondato e va accolto.
Invero, con riferimento a fattispecie del tutto analoga, questa Corte ha affermato che “In tema di imposta comunale sulla pubblicità, il D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 7, comma 1, identifica il presupposto impositivo nel “mezzo pubblicitario”, inteso come qualsiasi forma di comunicazione avente lo scopo di promuovere la domanda di beni o servizi e di migliorare l’immagine aziendale in collegamento inscindibile con la forma adoperata per la divulgazione, con la conseguenza che, nell’ipotesi di plurimi messaggi pubblicitari, concernenti diverse aziende, collocati su un unico pannello, il tributo deve essere determinato in base alla superficie espositiva utilizzata da ciascuna delle imprese pubblicizzate, indipendentemente dalle dimensioni del mezzo pubblicitario cumulativo” (Cass. n. 252 del 2012).
Principio, questo, ribadito dalla Corte in numerose successive pronunce, tra cui Cass. n. 10459 del 2018, n. 29706 del 2018, n. 20948 e n. 20947 del 2019, nelle quali si ribadisce il principio sopra enunciato.
In particolare nell’ordinanza n. 29706 del 2018 si legge: “Questa Corte (cfr. Cass. sez. 6-5, ord. 2 maggio 2018, n. 10459), ha, di recente, riaffermato il principio di diritto di cui dalla succitata pronuncia” (L. n. 252 del 2012), “osservando che esso trova fondamento nell’interpretazione sistematica della citata norma di cui al D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 7, comma 1 e 2, in relazione al citato decreto, art. 6, comma 2, che estende al soggetto nel cui interesse è diffuso il messaggio pubblicitario la solidarietà per l’obbligazione tributaria posta a carico del titolare o comunque di colui che ha la disponibilità del “mezzo pubblicitario”; previsione, quest’ultima, che, come espresso dalla succitata sentenza, non può che trovare “esclusiva giustificazione razionale nell’indissolubile legame tra “mezzo” e “messaggio” pubblicitario individuato come fondamento del presupposto d’imposta”, ovvero nell’unicità di percezione del messaggio in relazione al mezzo che lo veicola”.
Orbene, la sentenza impugnata, che si è discostata dal suddetto principio, va per l’effetto cassata, con rinvio per nuovo esame alla Commissione tributaria regionale del Veneto in diversa composizione, che, nell’uniformarsi al principio di diritto sopra trascritto, provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione tributaria regionale del Veneto, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 24 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2021