Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3937 del 19/02/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 3937 Anno 2014
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: TERRUSI FRANCESCO

SENTENZA

sul ricorso 19489-2007 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

2013
3489

SALVAGNINI ITALIA SPA;
– intimato –

sul ricorso 24216-2007 proposto da:
SALVAGNINI

ITALIA SPA in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato

Data pubblicazione: 19/02/2014

in ROMA VIALE PARIOLI 43,

presso lo studio

dell’avvocato D’AYALA VALVA FRANCESCO,
rappresenta

e

difende

unitamente

che lo

all’avvocato

MOSCHETTI FRANCESCO giusta delega a margine;
– controricorrente con ricorso incidentale –

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente a ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 55/2005 della COMM.TRIB.REG.
di VENEZIA, depositata il 22/05/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 05/12/2013 dal Consigliere Dott.
FRANCESCO TERRUSI;
udito per il ricorrente l’Avvocato GENTILI che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato TIENGO
delega Avvocato MOSCHETTI che ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso principale, assorbito
l’incidentale.

contro

19489-07
24216-07

Svolgimento del processo
L’agenzia delle entrate, ufficio di Vicenza, notificò alla
Salvagnini Italia s.p.a. un avviso di liquidazione e di
irrogazione di sanzioni per omesso versamento dell’imposta
di registro in relazione a un atto, stipulato il 28

dicembre 1996, di ritrasferimento di crediti al proprio
unico socio Salvagnini s.p.a.
I crediti erano stati anteriormente acquistati con atto
del 22 novembre 1996 e il ritrasferimento, ad avviso
dell’agenzia delle entrate, doveva essere considerato alla
stregua di assegnazione di beni ai soci.
La società contestò la pretesa sostenendo che i crediti
non erano stati ritrasferiti, in quanto semplicemente
erano venuti meno gli effetti del primo negozio di
acquisto, giacché, a fronte dell’atto 22 novembre 1996,
col quale appunto la Salvagnini s.p.a., in prospettiva
concordataria, aveva ceduto i propri crediti alla
Salvagnini Italia s.p.a. in corrispettivo dell’accollo di
tutte le future passività della cedente, era intervenuto
un accordo integrativo, in pari data, che aveva
subordinato la cessione alla condizione sospensiva della
chiusura del concordato preventivo dopo il 31 dicembre
1996; evento non verificatosi, in quanto il concordato era
stato chiuso prima di quella data.
Radicatosi

il

contraddittorio,

l’adita

commissione

tributaria respinse il ricorso affermando, per quanto
ancora rileva, che l’accordo integrativo del 22 novembre

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1996 non poteva essere preso in considerazione in quanto
privo di data certa e quindi inopponibile
all’amministrazione, oltre che sottoscritto da persona
diversa dal liquidatore della società.
Di contro la commissione tributaria regionale del Veneto,
con sentenza in data 22 maggio 2006, accolse il gravame

della contribuente, affermando che quanto eccepito in
ordine all’inesistenza della data certa dell’accordo
integrativo dovevasi ritenere fuorviante, essendosi
confusa la figura del liquidatore della società con quella
del commissario liquidatore, e non essendosi considerato
che la firma del liquidatore era stata apposta durante il
periodo di effettiva permanenza della carica (dall’8
novembre al 17 dicembre 1996); sicché il documento
dovevasi considerare valido agli specifici fini.
Contro la sentenza d’appello, l’agenzia delle entrate ha
proposto ricorso per cassazione sorretto da sei motivi.
La società ha replicato con controricorso e ha proposto,
altresì, ricorso incidentale condizionato in tre motivi.
Al ricorso incidentale l’agenzia ha replicato con
controricorso.
La società Salvagnini ha infine depositato una memoria.
Motivi della decisione
I. – I ricorsi, principale e incidentale, separatamente
iscritti a ruolo, vanno riuniti ai sensi dell’art. 335
c.p.c.
– Deve essere per primo esaminato il ricorso
principale.

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I motivi in cui si articola questo ricorso sono i
seguenti.
Col primo mezzo, deducendo violazione e falsa applicazione
dell’art. 2704, 1° co., c.c., la ricorrente, ai fini della
qualificazione dell’atto di ritrasferimento sottoposto a
registrazione, censura la sentenza formulando il quesito

“se sia opponibile all’amministrazione finanziaria un
accordo privo di data certa modificativo di un precedente
contratto di cessione di crediti, con cui si subordini la
cessione stessa a una condizione sospensiva”.
Col secondo mezzo, deducendo omessa motivazione sul fatto
controverso, decisivo, della non opponibilità all’erario
dell’accordo integrativo del 22 novembre 1996, in quanto
privo di data certa, la ricorrente eccepisce che la
commissione tributaria regionale ha omesso di spiegare le
ragioni per cui la mancanza di data certa dell’accordo
fosse, nella specie, fuorviante.
Col terzo motivo, ancora deducendo violazione e falsa
applicazione dell’art. 2704 c.c. in relazione all’art.
360, n. 3, c.p.c., la ricorrente chiede alla corte di
stabilire se la titolarità da parte di uno dei
sottoscrittori di un contratto della qualità di
rappresentante legale della società che del contratto sia
parte “costituisca un fatto che ne stabilisca in modo
certo la data, e lo renda opponibile ai terzi ex art. 2704
c.c.”.
Col quarto motivo, in relazione all’art. 360, n. 5,
c.p.c.,

la ricorrente censura la sentenza in quanto

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questa, nell’affermare la certezza di data dell’accordo in
dipendenza della sussistenza della carica di liquidatore
nel periodo controverso, sarebbe caduta in illogica
motivazione.
Col quinto motivo,

deducendo violazione e falsa

applicazione dell’art. 167 della legge fall., in relazione

all’art. 360, n. 3, c.p.c., l’amministrazione lamenta che
l’accordo integrativo del 22 novembre 1996 avrebbe
comunque dovuto ritenersi inefficace, in quanto stipulato
senza autorizzazione del giudice delegato.
Col sesto motivo, infine, denunzia la omessa motivazione
su fatto decisivo costituito dall’avvenuto pagamento,
direttamente da parte della Salvagnini s.p.a., di alcune
passività concretizzate dopo la chiusura del concordato.
III. – Prioritariamente vanno essere esaminati il quinto e
il sesto motivo.
Il sesto motivo è inammissibile perché si riferisce a una
frase di chiusura della motivazione dell’impugnata
sentenza, diretta a negare che il concordato era stato
chiuso dopo che i creditori erano stati garantiti
dall’accollo dei debiti da partelSalvagnini Italia s.p.a.,
la quale tuttavia, benché redatta a confutazione di quanto
altrimenti sostenuto dal giudice di primo grado, non
appare elevabile a livello di ratio decidendi.
Il quinto motivo, che devolve la questione della
inefficacia dell’accordo integrativo in quanto non
autorizzato dal giudice delegato, per quanto logicamente
anteponibile a tutte le questioni, è invece infondato.

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La norma di cui all’art. 167 legge fall. (vecchio testo),
nel porre il principio secondo cui gli atti eccedenti
l’ordinaria

amministrazione,

compiuti

dal

debitore

concordatario senza l’autorizzazione del giudice delegato,
sono affetti da inefficacia (relativa) rispetto ai
creditori anteriori al concordato, non inficia la validità

dell’atto, ma opera esclusivamente a favore dei creditori
suddetti (v. tra le tante Cass. 12286-04; n. 27450-05).
Pertanto, la violazione della norma non può esser fatta
valere da chi, come l’amministrazione finanziaria nel caso
di specie, si affermi terzo rispetto ai soggetti coinvolti
dalla procedura di concordato, e pretenda l’imposta di
registro su un negozio di cessione di crediti affermando
la inefficacia dell’atto integrativo col quale, a quel
negozio, è stata apposta una condicio iuris sospensiva.
IV. – Sono invece fondati i primi quattro motivi, tra loro
connessi e suscettibili di unitaria trattazione.
La questione essenziale, che la causa devolveva al giudice
d’appello, era appunto quella afferente l’opponibilità
all’erario del citato atto integrativo, in dipendenza del
fatto di essere, il medesimo, munito di data certa.
Invero, ai fini dell’imposta di registro, va riconosciuta
valenza di principio generale, applicabile anche nei
confronti dell’amministrazione finanziaria, a quanto
disposto dall’art. 2704 c.c. (v. Cass. n. 26360-06).
Questo comporta che non è opponibile all’amministrazione
la data della scrittura non autenticata.

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Consapevole di tale principio, l’impugnata sentenza ha
incentrato la decisione sull’affermazione che l’accordo
integrativo, con cui era stata subordinata l’efficacia
della cessione dei crediti alla chiusura del concordato
preventivo della società dopo il 31 dicembre 1996, era da
considerare valido ed efficace nei riguardi dell’erario,

in quanto avente data certa. Attesa la incontroversa
circostanza che l’atto era stato sottoscritto dal
liquidatore, quella certezza ha desunto dal fatto che il
liquidatore era rimasto in carica giustappunto dall’8
novembre 1996 al 17 dicembre 1996.
Così motivando, tuttavia, la commissione tributaria
regionale ha dato risalto a un fatto neutro, qual è quello
della effettività della carica sociale del sottoscrittore
nel periodo di riferimento. Mentre è del tutto evidente
che una simile circostanza non ha alcuna specifica
attitudine dimostrativa quanto alla data in cui il
documento è stato firmato.
In tal modo la commissione regionale è incorsa in una
falsa applicazione dell’art. 2704 c.c.
E’

ben vero,

difatti,

che è solo esemplicativa

l’elencazione contenuta nell’art. 2704 c.c., quanto ai
fatti, diversi dal momento di redazione del documento, la
data dei quali può valere, rispetto ai terzi, come data
del documento stesso (ex multis, Cass. n. 19136-06).
Ma resta la considerazione che, qualora manchino le
situazioni tipiche di certezza contemplate dall’art. 2704,
1° co., c.c., ai fini dell’ opponibilità della data ai

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terzi, è necessario che sia dedotto e dimostrato un fatto
idoneo a stabilire in modo ugualmente certo l’anteriorità
della formazione del documento.
Ne consegue che tale dimostrazione può anche avvalersi di
prove per presunzioni (come nella specie è stato fatto,
sostanzialmente, dal giudice d’appello), ma solo alla

condizione che esse evidenzino un fatto munito della
specificata attitudine, non anche quando tali prove siano
rivolte, in via indiziaria e induttiva, a provocare un
giudizio di mera verosimiglianza della data apposta sul
documento (v. Cass. n. 13943-12).
Nei termini suindicati, il ricorso principale va quindi
accolto.
V. – Il ricorso incidentale condizionato della società
Salvagnini è invece inammissibile.
In esso risultano dedotte censure afferenti (i) un’
omissione di pronuncia sulla data certa dell’accordo
integrativo sopra citato, come conseguenza dell’essere
stato l’atto asseritamente menzionato in quello, avente
data certa, del 28 dicembre 1996; (li) un’errata
interpretazione del contenuto e degli effetti giuridici
dell’atto 28 dicembre 1996; (iii) un errore di diritto
asseritamente discendente dalla concorrente affermazione
del giudice d’appello circa la mancata verificazione
dell’evento dedotto in condizione e l’effetto di accollo
di potenziali passività in capo al cessionario.

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E’ agevole osservare che i motivi non si palesano
afferenti all’unico profilo sul quale la società
Salvagnini risulta essere stata soccombente in appello.
Dalla sentenza risulta che l’appello della società era
stato consegnato anche al profilo del difetto di
motivazione dell’atto e alla connessa violazione del

diritto di difesa del contribuente.
E solo su questo profilo la sentenza ha respinto la tesi
della contribuente.
L’ammissibilità del ricorso incidentale per cassazione,
anche se condizionato all’accoglimento del ricorso
principale, postula pur sempre la sussistenza di un
interesse giuridicamente rilevante, determinato dalla
soccombenza (cfr. Cass. 23548-12). Interesse che, nella
specie, nell’intimata manca del tutto.
Invero le questioni prospettate potranno essere rivolte al
giudice di rinvio, nel contesto della questione relativa
all’accertamento, che a quel giudice viene espressamente
devoluto, della data della scrittura integrativa.
VI. – Conclusivamente, accolti i primi quattro motivi del
ricorso principale, e dichiarato inammissibile
l’incidentale, l’impugnata sentenza va cassata con rinvio
alla medesima commissione tributaria regionale del Veneto,
diversa sezione; la quale provvederà ad accertare se
l’accordo integrativo opposto alla pretesa fiscale sia o
meno dotato di data certa anteriore a quella dell’atto (28
dicembre 1996) sottoposto a registrazione; e quindi a
considerare opponibile all’amministrazione quanto

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emergente dal ripetuto accordo integrativo alla sola
condizione che codesto risulti infine munito di data certa
anteriore.
All’uopo la commissione tributaria regionale farà
applicazione dei principi di diritto che seguono:
– “ai fini dell’imposta di registro, un accordo privo di

data certa, col quale sia stata apposta una condizione a
un contratto di cessione di crediti, non è opponibile
all’amministrazione finanziaria, onde farne derivare che
un successivo atto di ritrasferimento dei crediti, dal
cessionario al cedente, possa ritenersi consequenziale al
mero fatto del mancato avveramento dell’evento dedotto in
condizione”;
– “per stabilire la data di una scrittura privata, ai fini
della sua opponibilità al terzo (nella specie,
l’amministrazione finanziaria), qualora manchino le
situazioni tipiche di certezza di cui all’art. 2704, l°
co., c.c., è necessario che sia dedotto e dimostrato,
anche per presunzioni, un fatto idoneo a stabilire la data
in modo comunque altrettanto certo, attraverso fatti la
data dei quali può valere, rispetto al terzo, come data
del documento stesso”.
Il giudice di rinvio provvederà infine sulle spese del
giudizio svoltosi in questa sede di legittimità.
p.q.m.
La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie i primi quattro
motivi del ricorso principale, rigetta il quinto motivo,
dichiara inammissibile il sesto; dichiara inammissibile il

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ricorso incidentale; cassa l’impugnata sentenza in
relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese
del giudizio di cassazione, alla commissione tributaria
regionale del Veneto.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta

sezione civile, addì 5 dicembre 2013.

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