Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3936 del 18/02/2010

Cassazione civile sez. II, 18/02/2010, (ud. 02/02/2010, dep. 18/02/2010), n.3936

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – rel. Presidente –

Dott. ODDO Massimo – Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 3311-2005 proposto da:

G.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA BOEZIO 16, presso lo studio dell’avvocato IMPARATO DARIO,

che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

SOMAC 23 SRL (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro

tempore P.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SAVOIA

84, presso lo studio dell’avvocato RIGGIO GIANDOMENICO, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 719/2004 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 11/02/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/02/2010 dal Consigliere Dott. ROBERTO MICHELE TRIOLA;

udito l’Avvocato IMPARATO Dario, difensore del ricorrente che ha

chiesto accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MARINELLI Vincenzo che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato in data 11 maggio 1992 G.G. conveniva la s.r.l. SO.MA.C. 23 davanti al Tribunale di Velletri ed esponeva: -di essere proprietario di un appezzamento di terreno in (OMISSIS), posizionato più a valle di quello di proprietà della società convenuta; – che quest’ultima, nella zona di confine, aveva modificato l’originaria quota naturale di campagna con enormi ricarichi di terreno di riporto, creando un dislivello di oltre mt.

4,00 rispetto a quello naturale di mt. 1,80, a protezione del quale era realizzato un muro di contenimento alto in alcuni punti m. 6,30, per una lunghezza di m. 50;

– che tali opere non erano a distanza legale e ricadevano nella previsione di cui all’art. 949 c.c., in quanto determinavano una notevole zona d’ombra all’immobile di proprietà di esso attore, con conseguenti danni e ripercussioni negative sul suo valore.

La società convenuta, costituitasi, contestava il fondamento delle domande, che venivano rigettate con sentenza in data 16 luglio 2000 dal Tribunale di Velletri.

Giuseppe Giuliani proponeva appello, che veniva rigettato dalla Corte di appello di Roma con sentenza in data 11 febbraio 2004, in base alla seguente motivazione:

L’appellata non risulta avere alterato la quota naturale. I due terreni, come è ben mostrato nella aerofotogrammetria agli atti (eseguita per conto del Comune di Velletri nel 1973 e non contestata) erano a diversi livelli naturali di quota (precisamente a m. 248 quella in cui l’appellata ha edificato la palazzina (OMISSIS) e a m. 242 quella dell’appellante) e quindi con un dislivello naturale di ben sei metri. A fronte di tale incontestabile accertamento resta privo di valore il tentativo di del CTU di determinare una differenza di quota esistente prima dei lavori attraverso la documentazione fotografica eseguita dallo stesso appellante e la conseguente affermazione sul fatto che l’appellata non abbia modificato sostanzialmente detta quota innalzandola notevolmente. La questione su cui l’appellante base il fondamento dell’appello, perde comunque di importanza in quanto nella specie, come correttamente rilevato dal Tribunale, trattasi di muro di contenimento, che può superare i tre metri se è a ridosso di un dislivello a tale natura uguale o superiore, come nella specie accertato.

Deve essere escluso, per quanto sopra esposto, che i lavori edilizi realizzati dall’appellata “hanno determinato enormi ricarichi di terreno sul fondo dominante tanto da rendere inevitabile la costruzione del muro di contenimento in contrasto con l’art. 1067 c.c.”. Il riferimento a tale norma è del tutto indebito. Tra i fondi infatti non appare sussistere alcun diritto di servitù nè di esso è stata offerta la minima prova e peraltro dall’esposizione dell’appellante non si comprende neppure quale sarebbe nella specie il fondo dominante gravato dal divieto di cui alla citata norma. Se, invece, l’appellante si è voluto riferire ad una servitù di veduta (che vedrebbe u dominante il suo fondo e non quello della convenuta) va osservato che in astratto è ben possibile configurare un danno risarcibile cagionato da una nuova costruzione che inibisce la veduta. In concreto tale possibilità è ancorata all’accertata illegittimità amministrativa, o per altro verso, civilistica, dell’opera, data nel primo caso dalla violazione delle norme disciplinanti le costruzioni e nel secondo dalla violazione delle distanze. Nella specie è pacifico, come riferisce il CTU che tali norme non siano state violate in quanto la realizzazione della parete in cemento armato …”è stata eseguita in presenza di concessione edilizia ed in conformità di grafici progettuali” e “che la realizzazione della muratura di contenimento è in rispetto dei distacchi dal fabbricato dell’attore”.

Contro tale decisione ha proposto ricorso per cassazione G. G., con un unico motivo, al quale resiste con controricorso la Somac 23 s.r.l..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Nella prima parte dell’unico motivo del ricorso G.G., oltre a dedurre che nessuna rilevanza aveva la circostanza che l’opera realizzata dalla SO.MA.C. 23 s.r.l. avesse conseguito la sanatoria (a prescindere dalla regolarità della stessa) la quale non opera nei rapporti tra privati, sostiene che erroneamente i giudici di merito hanno ritenuto, sulla base della aerofotogrammetria, che il dislivello tra i due fondi fosse di mt. 6,00, e non di mt. 2,40, per cui il muro oggetto della controversia non poteva, considerarsi costruzione ai fini del rispetto delle distanze legali, in contrasto con quanto affermato dal C.T.U..

Rileva il collegio che la questione della regolarità o meno dell’opera per cui è causa dal punto di vista amministrativo, oltre ad essere nuova (non venendo trattata nella sentenza impugnata), è ininfluente ai fini della decisione della controversia, come riconosce lo stesso ricorrente.

E’ fondata, invece, la doglianza relativa alla irrilevanza della aerofotogrammetria.

Alla Corte di appello di Roma è sfuggito che il dislivello tra due fondi (misurato con riferimento alla quota più bassa o più alta degli stessi) non consente al proprietario del fondo superiore di portare tale fondo alla stessa quota della parte più alta (come sembra avvenuto nella specie), ma consente solo di realizzare, nella zona di confine, senza essere obbligo di rispetto delle distanze tra Legali tra costruzioni, opere dirette ad impedire smottamenti, senza superare il livello esistente in tale zona.

La doglianza relativa al mancato riconoscimento del diritto al risarcimento dei danni viene ad essere assorbita.

In relazione alla censura accolta la sentenza impugnata va cassata, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Roma, che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte di appello di Roma.

Così deciso in Roma, il 2 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2010

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