Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3933 del 19/02/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 3933 Anno 2014
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: TERRUSI FRANCESCO

SENTENZA

sul ricorso 17111-2008 proposto da:
FINI SERGIO in proprio e nq di legale rappresentante
pro tempore, F.LLI FINI SRL in persona del legale
rappresentante e Amministratore Unico pro tempore,
SIMONINI VANNA, elettivamente domiciliati in ROMA
PIAZZA CAVOUR, presso la cancelleria della CORTE DI
2013
3465

CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato
RUOZZI EDGARDO con studio in MODENA CORSO CANALCHIARO
116 (avviso postale) giusta delega a margine;
– ricorrenti contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro

Data pubblicazione: 19/02/2014

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
,
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 78/2007 della COMM.TRIB.REG.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/12/2013 dal Consigliere Dott.
FRANCESCO TERRUSI;
udito per il controricorrente l’Avvocato PISANA che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso
per l’accoglimento per quanto di ragione del ricorso
INVIM.

di BOLOGNA, depositata il 07/12/2007;

17111-08

Svolgimento del processo
La s.r.l. f.11i Fini e i conferenti Sergio Fini e Vanna
Simonini (coniugi) impugnarono dinanzi alla commissione
tributaria provinciale di Bologna un avviso di rettifica e
di liquidazione dell’ imposta di registro e dell’Invim in

relazione a una delibera, in data 18-4-2001, di aumento
del capitale sociale mediante conferimento di immobili.
Il valore dichiarato del conferimento era stato
dall’ufficio aumentato in base alle risultanze di una
perizia di stima redatta ai sensi dell’art. 2343 c.c., in
ragione del mancato riconoscimento di passività ritenute
non inerenti al bene conferito, perché derivate da
apertura di credito in conto corrente.
I contribuenti eccepirono l’illegittimità della rettifica
di valore e la decadenza dell’amministrazione dall’azione
suddetta.
L’adita commissione tributaria provinciale respinse il
ricorso e la sentenza fu confermata, in appello, dalla
commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, in
quanto l’atto era stato emesso nel rispetto dei termini
prorogati dall’art. 11, 1° co., della 1. n. 289-02 e in
quanto il valore dell’immobile
sostanziale

operazione

di

vendita

oggetto
era

di una
stato

correttamente individuato nel valore pieno del fabbricato,
senza rilevanza del debito bancario.

1

’ Per la cassazione della sentenza di secondo grado,
depositata il 7-12-2007, i contribuenti hanno proposto
ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
L’amministrazione ha replicato con controricorso.
I ricorrenti hanno depositato una memoria.
Motivi della decisione

I. – Col primo mezzo i ricorrenti deducono la violazione e
la falsa applicazione dell’art. 11, 1° co., della 1. n.
289 del 2002, sul presupposto che tale norma non poteva
ritenersi applicabile alla fattispecie, essendosi trattato
di un atto di recupero di passività accollate dai
conferenti alla società conferitaria in occasione
dell’aumento di capitale attuato mediante conferimento di
immobili gravati da ipoteca.
Col secondo e col terzo mezzo i ricorrenti ulteriormente
deducono l’omessa motivazione su due profili assunti come
fatto controverso decisivo. Si sostiene essere stato
dedotto, dinanzi al giudice d’appello: (a) che l’imposta
di registro, nella concreta fattispecie, doveva operare
come imposta suppletiva, sì da essere l’azione di recupero
soggetta al termine di decadenza triennale di cui all’art.
76, 2° co., lett. c), del d.p.r. n. 131 del 1986; (b) che
il conferimento di beni non poteva essere configurato come
strumento negoziale dissimulante la vendita dei beni
stessi a terzi, mediante cessione delle quote. E la
sentenza, su codesti punti, avrebbe omesso di motivare.
Col quarto mezzo i ricorrenti denunciano, relativamente
all’Invim, la violazione e la falsa applicazione degli

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artt. 52 e 51 del d.p.r. n. 131 del 1986, come richiamati
dall’art. 31 del d.p.r. n. 643 del 1972, chiedendo alla
corte di stabilire “se la rettifica del valore di un
immobile (..) possa dirsi legittima ove esclusivamente
fondata sul valore cosiddetto catastale o automatico, in
difetto di puntuale richiesta avanzata in tal senso dalla

parte”.
– Giova premettere che la sentenza d’appello ha
accertato che l’ufficio aveva provveduto a rettificare il
valore del bene oggetto del conferimento tenendo conto di
una perizia di stima, e disconoscendo la inerenza della
dedotta passività in quanto derivante da un debito
personale del socio.
Ha ritenuto che, sul piano effettuale, l’operazione era
stata di semplice compravendita e che il valore del bene
trasferito doveva essere correttamente individuato nel
valore pieno della fabbricato, in quanto la deduzione
della passività non aveva avuto altro scopo che quello di
abbattere (artificiosamente) l’imponibile.
Invero l’operazione era stata correttamente dall’ufficio
ricostruita nel senso della sequela di atti a ciò
finalizzati, posto che (i) nel marzo 2001 era stata
stipulata l’apertura di credito garantita da ipoteca; (il)
nel maggio 2001 era stato registrato l’atto di
conferimento, con accollo del debito alla conferitaria;
(iii) nel luglio 2001 gli immobili conferiti erano stati
venduti a terzi; (iv) nel dicembre 2001 l’intera

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• partecipazione societaria era stata ceduta dalla Simonini
al marito Sergio Fini.
III. – Tanto considerato, vanno in ordine logico esaminati
per primi il secondo e il terzo motivo, siccome afferenti
il presunto vizio di motivazione, che è l’unico mezzo per
il cui tramite è possibile richiedere alla corte di

svolgere, indirettamente, un sindacato in ordine alla
ricostruzione dei fatti di causa.
Il secondo e il terzo motivo sono inammissibili perché in
parametrati su profili giuridici della controversia. E
tali profili non possono costituire oggetto di censura
secondo la categoria logica invocata, posto che l’art.
360, n. 5, c.p.c. attiene alla sola motivazione in fatto.
IV. – L’inammissibilità dei motivi detti si riflette sulla
sorte del primo motivo.
Questo si presenta concluso da un mero interpello
direttamente concernente la sorte dell’atto tributario [
“se in relazione ad un atto con il quale l’ufficio (..)
recupera ad imposizione di registro le passività accollate
dai conferenti alla società conferitaria in occasione di
aumento di capitale attuato mediante conferimento di
immobili gravati da ipoteca (..) senza rettificare il
valore degli immobili conferiti, si renda applicabile la
proroga biennale (..) prevista dall’art. 11 L. 27.12.2002.
n. 289” ]; sicché omette di considerare quanto ritenuto in
sentenza. Invero, nel rapportare l’asserita
inapplicabilità dell’art. 11 della 1. n. 289 del 2002 a
una fattispecie diversamente qualificata come cioè

4

-

semplice aumento di capitale attuato mediante conferimento
di immobili gravati da ipoteca – il primo motivo suppone
un diverso accertamento di fatto rispetto a quanto dalla
sentenza risultante a proposito della avvenuta
dissimulazione di una vendita.
In ogni caso giova dire che il primo motivo esprime una

tesi giuridicamente infondata.
Il testo dell’art. 11 cit. depone nel senso della
sospensione dei termini di rettifica, ai fini dell’imposta
di registro, “per gli atti pubblici formati, le scritture
private autenticate e le scritture private registrate
entro la data del 30 novembre 2002”, laddove si sia
trattato di valori di beni dichiarati assoggettabili a
procedimento di valutazione definibile a istanza dei
contribuenti, alla condizione che non sia stato
previamente notificato un avviso di rettifica o di
liquidazione di maggiore imposta.
In tal senso la norma possiede un ambito di applicazione
lato e onnicomprensivo, condizionato dal solo fatto che
sia appunto mancata la notifica di un atto tributario
finalizzato a una maggior pretesa. E così si applica anche
in relazione agli atti societari

id est,

alle

deliberazioni assembleari – di aumento di capitale, ove
l’aumento sia stato attuato mediante conferimento di
immobili.
V.

Il quarto motivo è infine inammissibile per

inidoneità del quesito di diritto, oltre che infondato nel
presupposto.

5

• Il quesito, composto dalla frase sopra trascritta [“se la
rettifica del valore di un immobile ai fini dell’Invim
(..) possa dirsi legittima ove esclusivamente fondata sul
valore cosiddetto catastale o automatico, in difetto di
puntuale richiesta avanzata in tal senso dalla parte” l,
non rivela le caratteristiche della fattispecie decisa in

sentenza e si risolve, pertanto, in un astratto
interrogativo circa il limite di applicabilità della
rettifica di valore ai fini dell’Invim, laddove il valore
immobiliare sia stato desunto in modo automatico sulla
base della rendita catastale rivalutata.
Peraltro è anche infondato, giacché dalla sentenza risulta

che la rettifica era stata operata in base al valore
immobiliare desunto da una perizia di stima redatta ai
sensi dell’art. 2343 c.c.; valore superiore al dichiarato
e – per quanto riportato nell’odierno ricorso – elevato
dall’ufficio in conformità della suddetta stima, siccome
“già inferiore alle risultanze delle rendite catastali”.
E’ corretto desumere che non si era trattato, quindi, di
una rettifica fondata sul criterio di valutazione
automatica.
VI. – Il ricorso è rigettato.
Spese alla soccombenza.
p.q.m.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle
spese processuali, che liquida in euro 5.000,00 per
compensi, oltre le spese prenotate a debito.

6

Al •
N. I.;`:

JV1ATERIA ikibUTARII

Deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta

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