Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3931 del 29/02/2016


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 3931 Anno 2016
Presidente: MAZZACANE VINCENZO
Relatore: ORICCHIO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 22753-2011 proposto da:
WENTER

AIGA

elettivamente

WNTGAI38D67F132S,

domiciliata in ROMA, VIA GIOVANNI PIERLUIGI DA
PALESTRINA 48, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO
PALLADINO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente contro

2016
166

WENTER

HORST

WNTHST36B11F132K,

WENTER

MEINRAD

WNTMRD4OTO2F132J, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA RONCIGLIONE 3, presso lo studio dell’avvocato
FABIO GULLOTTA,

che li rappresenta e difende

Data pubblicazione: 29/02/2016

unitamente all’avvocato FLAVIO MOCCIA;
– controricorrenti

avverso la sentenza n. 92/2011 della CORTE D’APPELLO
di TRENTO – SEZ.DIST. di BOLZANO, depositata il
07/06/2011;

udienza del 26/01/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO
ORICCHIO;
udito l’Avvocato FLAVIO MOCCIA,

difensore dei

controricorrenti, che si riporta agli atti depositati;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RICCARDO FUZIO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

CONSIDERATO in FATTO
I germani Wenter Horst e Meinrad convenivano nel 2003 innanzi
al Tribunale di Bolzano — Sezione Distaccata di Merano la
sorella Wenter Aiga proponendo domanda di scioglimento della

deceduto nel 2001 ab intestato.
Costituitasi in giudizio la convenuta formulava domanda
riconvenzionale di accertamento della proprietà esclusiva in capo
ad essa dei mobili da essa acquistati per l’immobile già abitato
dal defunto padre, nonché la condanna dei convenuti al
pagamento della somma di € 6.500,00, oltre accessori per le
migliorie da essa apportate al medesimo immobile e chiedendo —
inoltre- la divisione dell’immobile in natura e, in via subordinata,
l’assegnazione per intero dello stesso ad essa sola, con
accertamento dei conguagli da corrispondersi agli altri coeredi.
Con sentenza n. 55/2009 l’adito Tribunale, ritenuto non
comodamente divisibile l’immobile relato, lo attribuiva, per
intero, ai due attori congiuntamente, stabilendo in favore della
convenuta un conguaglio , pari ad un terzo del valore di mercato,
di € 106.000,00, oltre interessi dalla sentenza, rigettando le
domande riconvenzionali relative al mobilio ed alle migliorie e
compensando per intero le spese del giudizio.

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Comunione dei bei ereditati dal padre Wenter Wolfgang,

Avverso la succitata sentenza interponeva appello la Wenter
Alga chiedendo la riforma dell’impugnata decisione.
Resistevano all’avverso gravame, chiedendone il rigetto, gli
originari attori- appellati.

Bolzano, con sentenza n. 92/2011, in parziale accoglimento
dell’interposto gravame ed in riforma dell’impugnata decisione
dichiarava la proprietà esclusiva dei mobili di cui in atti in capo
alla Wenter Alga, che veniva condannata alla refusione, in
favore dei due germani appellati, della metà delle spese legali
sostenute nei due gradi del giudizio, salve quelle di CTU poste a
carico di tutti e tre i condividenti in ragione di un terzo ciascuno.
Per la cassazione della suddetta decisione della Corte Distrettuale
ricorre la WenterAiga con atto affidato a sei ordini di motivi.
Resistono con controricorso gli intimati.
RITENUTO in DIRITTO
1.

Con il primo motivo del ricorso si deduce il vizio di

“motivazione illogica e contraddittoria su un punto rilevante ai
fini della decisione”.
Il motivo non può essere accolto.
Esso è, infatti, del tutto carente in relazione al dovuto
adempimento dell’onere di una la specifica indicazione del

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L’adita Corte di Appello di Trento — Sezione Distaccata di

”punto” di fatto in ordine al quale sarebbe stata carente la
motivazione, di cui si denuncia, col gravame, la carenza.
La Corte distrettuale , con sentenza fondata su argomentazioni
logiche ed immuni da possibili censure, ha ritenuto che le

modo del tutto generico, anche con riferimento al periodo di
esecuzione, e —quindi- in modo tale da non permettere neppure
la quantificazione.
I quesiti (anche se non necessari e pure svolti nel ricorso) non
colgono la suddetta ratio della gravata sentenza.
Il motivo è, quindi, inammissibile.
2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di
“motivazione insufficiente, illogica e contraddittoria, nonché di
erroneità della CTU e necessità di rinnovo delle operazione
peritali”.
Il motivo è inammissibile.
E’ carente la dovuta indicazione di una fatto specifico in ordine
al quale si sarebbe verificata la lamentata carenza motivazionale.
L’addotta erroneità della svolta CTU esula dal novero delle
censure il cui esame è proprio di questa Corte (ovvero da censure
alla sentenza gravata) e l’istanza, pure formulata in questa
sede,di “rinnovo delle operazione peritali” si risolve in una

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pretese migliorie sono state addotte dall’odierna ricorrente in

inammissibile domanda di rivalutazione in fatto degli estremi
della controversia, già oggetto dio corretta decisione innanzi al
competente Giudice del merito.
3. Con il terzo motivo parte ricorrente lamenta la “violazione e

illogica e contraddittoria”
Il motivo, corredato dalla formulazione (ancorchè non necessaria
nell’ipotesi) di quesiti plurimi prospetta in un unico indistinto
contenitore censure attinenti sia a violazione di legge che a
carenze motivazionale.
Le censure, sotto entrambi i profili, sono destituite di
fondamento.
La Corte distrettuale, facendo buon governo delle norme e dei
principi applicabili nella fattispecie, ha deciso —in puntocorrettamente sulla base di adeguate argomentazioni qui
condivise ed immuni da vizi logici censurabili in questa sede.
Più in particolare la pretesa, di parte ricorrente, di valutazione
delle addotte migliorie al fine della determinazione dei conguagli
è infondata.
La rilevanza, in proposito, delle dette migliorie è stata del tutto
escluse da parte della Corte territoriale :questa è la vera ed

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falsa applicazione dell’art. 720 c.c. e motivazione insufficiente,

effettiva ratio della sentenza gravata e neppure colta, in punto,
dalla mossa censura in esame.
La stessa parte ricorrente non indica neppure perché andrebbe
modificato l’orientamento giurisprudenziale (correttamente

comportano solo un “mero diritto di conguaglio” a chi le ha
apportate solo durante lo stato della comunione
Quanto al predetto orientamento (Cass. n.ri 857/1999 e
12345/1991), qui ribadito, deve riaffermasi il principio per cui
nel giudizio di divisione ereditaria le migliorie apportate da uno
dei condividenti al bene vengono a far parte, per il principio
dell’accessione, al bene stesso con la conseguenze che di esse
deve tenersi conto ai fini della stima del bene, nonché della
determinazione delle quote”.
Da tanto consegue l’ulteriore conseguenza, sotto il profilo
giuridico (correttamente valutato con la decisione gravata) che
“il coerede che abbia migliorato i beni comuni da lui poseduti,
pur non potendo invocare l’applicazione dell’art. 1150 c.c., che
riconosce il diritto ad una indennità…può pretendere il rimborso
delle spese eseguite per la cosa comune, le quali si ripartiscono al
momento della attribuzione delle quote, secondo il principio

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seguito da Corte App.), alla cui stregua le eventuali migliorie

nominalistico, dato che lo stato di indivisione riconduce all’intera
massa i miglioramenti stessi” ( Cass. n. 1234571991).
In conclusione la parte ricorrente non poteva pretendere, in
dipendenza delle prospettate migliorie, una diretta incisione sulla

Peraltro la medesima parte ricorrente, come correttamente
rilevato dalla Corte distrettuale, non aveva neppure
“specificamente dedotto quali investimenti aveva effettuato solo
dopo essere divenuta comproprietaria”, apportando così —nella
qualità di coerede- le predette pretese migliorie.
Il motivo va, quindi, respinto per infondatezza.
4. Con il quarto motivo del ricorso si prospetta il vizio di

“violazione e falsa applicazione dell’art. 720 c.c. per l’ulteriore
profilo (della) motivazione insufficiente, illogica e
contraddittoria”
Parte ricorrente, in modo —per la verità- neppure facilmente
intellegibile- assume, in sostanza, l’erroneità della gravata
decsione in punto di mancata valutazione delle pretese migliorie
come “parte del bene”.
Al di la di ogni altra ragione e degli stessi elementi già innanzi
evidenziati sub 3., la censura attinendo comunque ad una
rivalutazione in fatto deve ritenersi inammissibile.

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formazione ed attribuzione delle quote.

5.

Con il quinto motivo del ricorso si deduce il vizio di

“violazione e falsa applicazione degli artt. 720 e 1224 c.c.
(nonché di) motivazione insufficiente, illogica e contraddittoria”.
Il motivo, peraltro corredato pure da quesito (la cui formulazione

conguaglio che si assume non correttamente valutata dalla
sentenza impugnata.
Senonchè la Corte territoriale ha correttamente non attribuita la
richiesta ulteriore rivalutazione in quanto non era intercorso sun
periodo sufficientemente lungo da CTU (2008 con sentenza
2009) tale da poter assumere rilievo al fine di un aumento delle
quotazioni degli immobili e, quindi, della concessione
rivalutazione su conguagli già determinati in modo aggiornato.
Peraltro è noto il principio, già affermato da questa Corte e qui
ribadito, che, “in tema di divisione giudiziale immobiliare, il
debito da conguaglio che grava sul condividente assegnatario di
un immobile non facilmente divisibile ha natura di debito di
valore, da rivalutarsi —anche d’ufficio- se e nei limiti in cui
l’eventuale svalutazione si sia tradotta in una lievitazione del
prezzo del mercato del bene tale da comportare una chiara
sproporzione nel valore delle quote di cui sono titolari i
condividenti; l’esistenza dei poteri officiosi del giudice, peraltro,

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non era necessaria), verte sulla determinazione del debito del

non esclude che la parte sia comunque tenuta ad allegare
l’avvenuta verificazione di tale evento, posto che la rivalutazione
non può avvenire tramite criteri automatici” ( Cass. civ., Sez.
Seconda, sent. 3 maggio 2010, n. 19624).

nella decisione gravata) non solo non si erano verificate
apprezzabili lievitazioni dei prezzi e, quindi, una consistente
alterazione delle posizioni divisorie, che necessitava un
riequilibrio con un conguaglio rivalutato per la parte non
assegnataria.
In secondo luogo ed in ogni caso la parte ricorrente non risulta
neppure aver allegato correttamente estremi e dati attestanti
l’intervenuta consistente alterazione delle posizioni divisorie tale
da dover eventualmente giustificare la necessità del prospettato
riequilibrio.
Il motivo deve, dunque, essere respinto.
6. Con il sesto ed ultimo motivo del ricorso si deduce il vizio di

“violazione e falsa applicazione dell’art. 366 c.p.c. (nonché di)
motivazione insufficiente, illogica e contraddittoria”.
Il motivo, corredato —ancora- da quesiti (anche — in ipotesi- non
necessari), pone sostanzialmente la questione delle spese in
dipendenza di una pretesa soccombenza reciproca.

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Orbene nella fattispecie in esame innanzitutto (come evidenziato

Tuttavia l’effetto della soccombenza reciproca non comporta
sempre e necessariamente la totale compensazione delle spese.
Come ben disposto e valutato dalla Corte distrettuale la
soccombenza -anche quando è, come nell’ipotesi, parzialmente

spese che tenga conto della parte maggiore o minore di
soccombenza delle parti in causa.
Il motivo è, quindi,. del tutto infondato e va rigettato.
P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in
favore dei contro ricorrenti delle spese del giudizio,
determinate in € 6.200,00, di cui C 200,00 per esborsi, oltre
spese generali ed accessori come per legge.
Così deciso nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione
Civile della Corte Suprema di Cassazione il 26 gennaio

reciproca- ben può dare adito ad una graduazione del carico delle

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