Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3931 del 17/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 17/02/2020, (ud. 25/09/2019, dep. 17/02/2020), n.3931

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14945-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE 13756881002, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato MARIA RITA REMY;

– ricorrente –

Contro

C.C., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

GIUSEPPE LIPERA;

– controricorrente –

contro

INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI

SUL LAVORO 01165400589, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144,

presso lo studio dell’avvocato LORELLA FRASCONA’ che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato RAFFAELA FABBI;

– controricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale procuratore

speciale della S.C.C.I. S.p.A., elettivamente domiciliato in ROMA,

V. CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO,

rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONINO SGROI, CARLA

D’ALOISIO, GIUSEPPE MATANO, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, ESTER

ADA SCIPLINO;

– resistenti –

avverso la sentenza n. 1080/2017 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 13/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 25/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELLA

MARCHESE.

Fatto

RILEVATO

CHE:

la Corte d’appello di Bologna con sentenza n. 1080 del 2017 rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la decisione di primo grado che, a sua volta, aveva dichiarato l’estinzione dei crediti oggetto delle cartelle esattoriali notificate ad C.C. il 3.4.2008 (ad eccezione di una), per intervenuta prescrizione quinquennale maturata successivamente alla notifica delle cartelle stesse; accoglieva, invece, parzialmente l’appello dell’INPS e dell’INAIL;

per quanto solo rileva in questa sede, la Corte territoriale, richiamata la sentenza delle sezioni unite di questa Corte, n. 23397 del 2016, riteneva applicabile la prescrizione quinquennale anche dopo che il credito oggetto delle cartelle esattoriali fosse divenuto irretrattabile;

avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidato ad un unico ed articolato motivo;

hanno resistito, con controricorso, l’INAIL e C.C.;

l’INPS ha rilasciato procura speciale in calce alla copia del ricorso notificato;

è stata comunicata alle parti la proposta del giudice relatore unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.

Diritto

RILEVATO

CHE:

con l’unico motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – è dedotta violazione di legge; si assume l’erroneità della sentenza nella parte in cui non ha applicato il termine di prescrizione ordinario decennale ma piuttosto quello quinquennale, pur trattandosi di crediti iscritti a ruolo ed oggetto di cartelle di pagamento non impugnate dal debitore; a fondamento del dedotto errore, ha richiamato vari indici normativi (D.P.R. n. 602 del 1973, art. 49,D.Lgs n. 112 del 1999, artt. 19 e 20); le censure sono inammissibili ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., poichè la Corte territoriale ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte e l’esame del motivo non offre elementi nuovi per rimeditare la consolidata elaborazione giurisprudenziale (Cass. n. 7155 del 2017);

soccorre, in particolare, il principio di diritto enunciato da questa Corte a Sezioni Unite (Sez. U. n. 23397 del 17/11/2016), secondo il quale: “La scadenza del termine pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo la L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10,) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. Lo stesso vale per l’avviso di addebito dell’INPS, che, dall’I. gennaio 2011, ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto (D.L. n. 78 del 2010, art. 30, conv., con modif., dalla L. n. 122 del 2010)”;

in linea con il richiamato principio, e con riferimento al preteso effetto novativo derivante dalla formazione del ruolo, questa Corte è intervenuta affermando che “In tema di riscossione di crediti previdenziali, il subentro dell’Agenzia delle Entrate quale nuovo concessionario non determina il mutamento della natura del credito, che resta assoggettato per legge ad una disciplina specifica anche quanto al regime prescrizionale, caratterizzato dal principio di ordine pubblico dell’irrinunciabilità della prescrizione; pertanto, in assenza di un titolo giudiziale definitivo che accerti con valore di giudicato l’esistenza del credito, continua a trovare applicazione, anche nei confronti del soggetto titolare del potere di riscossione, la speciale disciplina della prescrizione prevista dalla L. n. 335 del 1995, art. 3, invece che la regola generale sussidiaria di cui all’art. 2946 c.c. (Cass. n. 31352 del 04/12/2018), e ciò in conformità alla natura di atto interno all’amministrazione attribuita al ruolo (Cass. n. 14301 del 19/06/2009)”;

allo stesso modo, non assume rilievo il richiamo alle norme del D.Lgs. n. 112 del 1999, nella parte in cui stabiliscono un termine di prescrizione decennale che questa Corte ha già chiarito essere strettamente inerente al procedimento amministrativo per il rimborso delle quote inesigibili, che in alcun modo può interferire con lo specifico termine di prescrizione previsto dalla legge per azionare il credito nei confronti del debitore (Sez. U. n. 23397 del 17/11/2016, Cass. n. 31352 del 04/12/2018);

in base alle svolte argomentazioni il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile, con le spese liquidate, secondo soccombenza, in favore delle parti controricorrenti;

nulla si provvede in relazione all’INPS che non ha svolto alcuna attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore di ciascuna parte controricorrente, in Euro 3.000,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dell’art. 13 cit., comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 25 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2020

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