Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 393 del 10/01/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 393 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: D’ASCOLA PASQUALE

SENTENZA

sul ricorso 28703-2007 proposto da:
TAI SRL P.I.01990160366,

IN PERSONA DELL’AMM.RE

UNICO, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ORTI
DELLA FARNESINA 126, presso lo studio dell’avvocato
STELLA RICHTER GIORGIO, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato GIULIANO CIRO;
– ricorrente –

2013
contro

2053

IMM CORTINA TRE SRL;
– intimata –

sul ricorso 31109 – 2007 propo to da:

Data pubblicazione: 10/01/2014

IMM CORTINA TRE SRL, IN PERSONA DEL LEGALE RAPP.TE
P.T., P.I.02232050266, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA BARNABA TORTOLINI 13, presso lo studio
dell’avvocato VERINO MARIO ETTORE, che la rappresenta
e difende unitamente agli avvocati RONFINI LUIGI,
MASO GABRIELE;

– controricorrente e ricorrente incidentale contro

TAI SRL;
– intimata –

avverso la sentenza n. 713/2007 della CORTE D’APPELLO
di VENEZIA, depositata il 06/06/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 08/10/2013 dal Consigliere Dott. PASQUALE
D’ASCOLA;
udito l’Avvocato Stella Richter Giorgio difensore
della ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del
ricorso principale, e il rigetto dell’incidentale;
udito l’Avv. Maso Gabriele difensore della
controricorrente e ricorrente incidentale che ha
chiesto il rigetto del ricorso principale e
l’accoglimento dell’incidentale;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA CHE HA CONCLUSO PER
L’INAMMISSIBILITA’

DEL

RICORSO

L’ASSORBIMENTO DELL’INCIDENTALE.

PRINCIPALE
E

il 71

Svolgimento del processo
Nel dicembre 1994 l’odierna ricorrente TAI srl agiva nei confronti
della Soc. Immobiliare Cortina Tre srl, venditrice di un compendio
immobiliare sito in Cortina, chiedendone la condanna alla perfetta

stipulato il 29 dicembre 1992 e al pagamento della penale e di
ogni altro danno subito.
La convenuta resisteva in giudizio domandando il pagamento del
residuo prezzo stabilito; in sede di conclusioni rifiutava di
accettare il contraddittorio sulle domande nuove.
Il tribunale di Treviso accoglieva la domanda relativa al
completamento delle opere; compensava il credito della venditrice
con il controcredito risarcitorio di TAI; condannava la convenuta
al pagamento di circa 134.000 euro corrispondenti al mancato
godimento del bene venduto, per un periodo esteso agli anni 2001
e 2002.
La Corte di appello di Venezia,

eQn 5entenzu 6 giugno 2007,

capnvolagya nqpi rapo della decisione e

condannava la TAI al

pagamento del saldo del prezzo e a restituire quanto ricevuto in
esecuzione della sentenza di primo grado.
TAI con atto notificato 1’8/14 novembre 2007 ha proposto ricorso
per cassazione, affidandosi a due articolati motivi.
Cortina Tre srl ha resistito con controricorso e ha svolto ricorso
incidentale, con 5 motivi.
Memorie di entrambe le parti.
Motivi della decisione
n. 28703-07 D’Ascola rei

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esecuzione di tutte le opere di rifinitura previste nel contratto

2) Con il primo motivo la acquirente Tai denuncia violazione e
falsa applicazione degli artt. 1218 e 2697 c.c. ; 112 e 116
c.p.c., nonchè vizi di motivazione; tutti in riferimento all’art.
360 n. 3 e 5 c.p.c.
IL motivo si articola in tre censure, concluse dai relativi

discussione orale.
Il rilievo è sicuramente fondato quanto alla prima censura, che si
chiude con il seguente quesito:

“Può il giudice imputare alla

parte di non avere provato la domanda senza avere ricercato la
prova pur esistente agli atti?”
2.1) Trattasi con ogni evidenza di un quesito astratto, retorico e
inconcludente, che non offre una sintesi logico giuridica della
questione, ma lamenta tautologicamente il mancato esame di prove.
Quanto al fatto controverso, va rilevato che non è riassunto in un
momento di sintesi, come richiesto dalla giurisprudenza delle
Sezioni Unite (n. 20603/07; 27680/09; 5858/13). Giova precisare
che nella specie la sovrapposizone di censure in fatto e in
diritto imponeva un maggior rigore, poiché secondo le Sezioni
Unite: “E’ ammissibile il ricorso per cassazione nel quale si
denunzino con un unico articolato motivo d’impugnazione vizi di
violazione di legge e di motivazione in fatto, qualora lo stesso
si concluda con una pluralita’ di quesiti, ciascuno dei quali
contenga un rinvio all’altro, al fine di individuare su quale
fatto controverso vi sia stato, oltre che un difetto di

n. 28703-07 D’Ascola rei

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quesiti, tacciati dalla resistente di inammissibilità in sede di

motivazione, anche un errore di qualificazione giuridica del fatto
(Cass. 7770/09; v anche 5624/09).
Va aggiunto, solo per completezza, che la doglianza è comunque
priva di specificità, giacché, per dolersi del mancato
riconoscimento di un danno da mancata consegna del certificato di

all’ottenimento della concessione in sanatoria, cioè a un’attività
molto più ampia, inclusiva del certificato di abitabilità, ma tale
da non consentire di riferire le riportate opinioni del consulente
allo specifico costo risarcibile, ritenuto dalla Corte di appello
privo di prova adeguata.
2.2) Il secondo profilo lamenta che sia stato invertito l’onere
della prova in ordine alla insussistenza di danni “per
impossibilità di utilizzazione o vendita dell’appartamento”, a
causa della sopraindicata mancanza del certificato di abitabilità.
Il quesito conclusivo attiene esclusivamente all’onere della
prova, poiché la Tal sostiene che i danni da mancato utilizzo del
bene non devono essere provati dal contraente (nella specie
l’acquirente) adempiente.
Per la parte che è ammissibile, la doglianza è manifestamente
infondata. La Corte di appello ha escluso la sussistenza di un
danno risarcibile, sia perché non era stato dimostrato che la
mancanza del certificato di abitabilità avesse impedito l’utilizzo
o la vendita del bene, sia perché era emerso che la ricorrente ne
aveva goduto, “attraverso l’utilizzo fattone dal suo
amministratore unico”.
n. 28703-07 D’Ascola rei

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abitabilità, la ricorrente invoca risultanze relative

A fronte di questa puntuale motivazione, era ineludibile l’onere
della parte adempiente, che non aveva limitato la propria pretesa
alla penale pattuita, ma aveva inteso richiedere la liquidazione
del danno subito, di dimostrarne l’effettiva entita’, non potendo
altrimenti risultare provato il danno richiesto (v. Cass

2.3) Il terzo profilo del motivo concerne la condanna alla
esecuzione di opere attinenti alle parti comuni stabilita in primo
grado a carico della resistente. La Corte di appello la ha
esclusa, perché

“solo genericamente indicate”

e perché il ctu

aveva attestato che la proprietà immobiliare poteva comunque
essere affittata o venduta e infine perché le opere controverse
risultavano essere state eseguite nel corso del 2005, con
“conseguente cessazione della materia del contendere”.
Il quesito conclusivo si chiede se in siffatta situazione può il
giudice limitarsi a

dichiarare la cessazione della materia del

contendere o debba invece “provvedere a dettagliarli”.
In tal modo, ferma la vaghezza del quesito, che presta il fianco
ai rilievi già esposti sub 2.1), la doglianza è manifestamente
priva della indispensabile specificità e concludenza anche sotto
il profilo del vizio di motivazione.
Essa infatti non attacca tutte le rationes e in particolare nel
quesito muove dal presupposto che sia “incontroversa” la
incompletezza dell’immobile compravenduto, circostanza
espressamente negata in sentenza.

n. 28703-07 D’Ascola rei

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15371/05).

Il ricorso avrebbe dovuto quindi o censurare questa affermazione,
oppure, se, come sembra dal testo del motivo, voleva invocare la
mancata liquidazione di danni derivati dal ritardo nel
completamento (comunque avvenuto) dell’opera, doveva specificare
come e dove i danni fossero stati allegati e dimostrati, poiché

del bene era stato escluso espressamente per assenza di prova.

3) Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa
applicazione degli artt. 1382, 1385 c.c., 112, 187 e 189 c.p.c.
nonché dei principi generali in tema di rinuncia ad un diritto o
ad un’azione; difetto di attività e difetto di motivazione – tutti
in riferimento all’art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.
La censura si riferisce alla mancata liquidazione della penale
pattuita ex art. 1382 c.c.
La Corte di appello ha affermato che la domanda volta al
conseguimento della penale era stata abbandonata, perché parte
attrice in sede di conclusioni aveva chiesto il risarcimento del
danno e non il danno ulteriore oltre la penale. Aveva quindi
l’obbligo di dimostrare il danno subito e di cui domandava il
risarcimento.
Il motivo si articola in due profili: il primo volto a criticare
la sentenza perché avrebbe ritenuto che la domanda era stata
abbandonata, “senza effettuare un puntuale accertamento” della
volontà della parte.
Questa

doglianza è smentita

dalla lettura della sentenza

impugnata, che reca una precisa motivazione sulla incompatibilità
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già sub 2.2 si è visto che ogni pregiudizio da mancato utilizzo

tra le due domande (semplice risarcimento danni o liquidazione
della penale con aggiunta danno ulteriore) e che quindi ha
interpretato le conclusioni alla luce di un principio giuridico
corretto.
Il ricorso non indica quali altri elementi contrari portassero a

Il secondo profilo mira a negare che “la regola posta” dall’art.
1385 terzo comma c.c. sia applicabile al precedente art. 1382.
La censura è malposta, giacchè la

ratio

della affermata

inammissibilità della pretesa di liquidazione della penale non è
stata fatta discendere dalla norma in tema di caparra
confirmatoria, ma dalla incompatibilità concettuale tra questa
pretesa e la domanda di risarcimento danni svolta in sede di
conclusioni.
In tal modo la Corte lagunare si è attenuta agli insegnamenti (cfr
ad esempio Cass. 10741/08) di questa Corte circa la diversità tra
tali domande, senza ulteriormente addentrarsi sulla ammissibilità
di quella non provata, ma correttamente fermandosi a considerare,
con motivazione in questa sede incensurabile, l’abbandono della
prima.
Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso, restando
assorbito il ricorso incidentale, da ritenere espressamente
condizionato.
Vi è la condanna di parte ricorrente alla refusione delle spese di
lite, liquidate in dispositivo in relazione al valore della lite.
PQM
n. 28703-07 D’Ascola rei

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diverse e più credibili conclusioni.

La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla refusione a controparte delle spese
di lite liquidate in euro 4.000 per compenso, 200 per esborsi,
oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio della 2^ Sezione

Il cons. estensore

Il Presidente

civile tenuta 1’8 ottobre 2013

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