Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3928 del 18/02/2010

Cassazione civile sez. II, 18/02/2010, (ud. 13/01/2010, dep. 18/02/2010), n.3928

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. ODDO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. ATRIPALDI Umberto – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.L. – rappresentato e difeso in virtù di procura

speciale a margine del ricorso dall’avv. Orazi Giovanni Battista del

Foro di Pesaro ed elettivamente domiciliato in Roma, alla via G.

Nicotera, n. 5, presso l’avv. Maurizio Pompeo;

– ricorrente –

contro

Pe.Do., M.M. e M.P. –

rappresentati e difesi in virtù di procura speciale in calce al

controricorso dall’avv. Marcelli Marcello del Foro di Pesaro e

dall’avv. Carla Rizzo, presso il quale sono elettivamente domiciliati

in Roma, alla via Anapo, n. 20;

– controricorrenti –

Pe.Al. – elettivamente domiciliato in Ancona, al corso

Mazzini, n. 156, presso l’avv. Francesco Tardella;

– intimato –

nonchè

Ma.Ma., residente in (OMISSIS) e

D.T., residente in (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Ancona n. 762 del 15

novembre 2003 non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13

gennaio 2010 dal Consigliere dott. Massimo Oddo;

udito per i controricorrenti l’avv. Carlo Rizzo;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

MARINELLI Vincenzo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 1 giugno 1989, P.L. e F. A. convennero M.M., M.P., Pe.Al., Pe.Do. e Ma.Be. davanti al Tribunale di Pesaro e domandarono l’accertamento dell’acquisto per usucapione di un appezzamento di terreno di proprietà dei convenuti sito in Comune di (OMISSIS).

Si costituirono i M. ed i Pe., che resisterono alla domanda, e chiesero in via riconvenzionale la condanna degli attori al rilascio del terreno ed al risarcimento dei danni.

Il processo, interrotto per la morte di Ma.Be., venne riassunto nei confronti dei suoi eredi Ma.Ma. e D.T., che rimasero contumaci, ed il Tribunale con sentenza dell’8 luglio 2002 dichiarò che il P. aveva acquistato per usucapione il terreno dei convenuti e rigettò la domanda della F. e le domande riconvenzionali.

La decisione, gravata dai M. e dai Pe. e, in via incidentale, dal P. e dalla F., venne riformata il 15 novembre 2003 dalla Corte di appello di Ancona, che, nella contumacia del Ma. e della D., accolse l’impugnazione principale, condannando il P. e la F. alla restituzione del terreno oggetto della controversia, e rigettò le impugnazioni incidentali degli attori, compensando interamente tra le parti le spese di entrambi i giudizi.

Osservarono i giudici di secondo grado, per quello che ancora rileva, che l’incertezza probatoria risultante dal complesso delle deposizioni testimoniali in ordine all’epoca nella quale gli attori avevano iniziato a coltivare il terreno (fin dal (OMISSIS) ovvero dopo il(OMISSIS)) non poteva che risolversi in danno degli attori, che erano onerati della dimostrazione dei fatti costitutivi della loro pretesa.

Il P. è ricorso con un motivo per la cassazione della sentenza ed i M. e Pe.Do. hanno resistito con controricorso, illustrato da successiva memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo, il ricorso denuncia la nullità della sentenza impugnata, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, per omessa, insufficiente, contraddittoria ed illogica motivazione nella valutazione degli elementi di prova acquisiti sulla maturazione del termine di usucapione del terreno.

Deduce che i giudici di secondo grado avevano ritenuto attendibile la prova testimoniale articolata dai convenuti, nonostante che: a) la conoscenza diretta dei fatti da parte dei due testi per avere acquistato un terreno contiguo nell’anno (OMISSIS) ed avere preso possesso della casa nel (OMISSIS) non fosse compatibile con la stipula dell’atto di acquisto degli immobili nel (OMISSIS) e con la dichiarazione di altro teste che aveva dichiarato di avere abitato nella casa dalla fine del (OMISSIS) alla fine del (OMISSIS); b) il riferimento alla durata di un anno e mezzo della bonifica terminata nel (OMISSIS) fosse contraddetta dalla documentazione che riferiva del suo inizio nel (OMISSIS); c) nelle varie deposizioni i testi si fossero contraddetti sui tempi e le modalità di un progressivo impossessamento del terreno da parte de gli attori.

Aggiunge che avevano disatteso, invece, la prova testimoniale richiesta dagli attori, nonostante che le circostanze relative alla bonifica da essi riferite avessero trovato riscontro documentale, e tre testi avessero escluso la sosta di mezzi meccanici sul terreno oggetto della controversia durante la bonifica e che avevano escluso l’attendibilità sulla data di inizio del possesso, oltre che di un teste per il rapporto di filiazione con uno degli attori e la circostanza che all’epoca dei fatti aveva dodici anni di età, immotivatamente anche di altri due testi, la cui credibilità non era diversa da quella dei testi dei convenuti.

Il motivo è in parte inammissibile ed in altra infondato.

La Corte d’appello, premesso che le parti avevano reciprocamente cercato di evidenziare l’inattendibilità dei testi che avevano reso deposizioni contrastanti sulla data di inizio del possesso del terreno controverso da parte degli attori, contestando la loro effettiva presenza all’epoca di esso sui luoghi di causa, ha affermato che i documenti prodotti non erano sufficienti ad inficiare la veridicità delle dichiarazioni di nessuno di essi e che le deposizioni di quelli richiesti dai convenuti erano quantomeno idonee ad ingenerare dubbi sulla piena attendibilità di quelle favorevoli agli attori sull’impossessamento in un momento anteriore al completamento dei lavori di bonifica e sulla conseguente maturazione alla data della notifica dell’atto di citazione del possesso ventennale necessario all’usucapione della proprietà. A tale affermazione ha fatto seguire l’applicazione ai fini della decisione del criterio, dettato dall’art. 2697 c.c., comma 1 in forza del quale la mancata prova dei fatti che costituiscono il fondamento del diritto comporta la soccombenza di chi l’abbia fatto valere in giudizio. Orbene, essendo l’accertamento e la valutazione degli elementi probatori acquisiti al giudizio rimessi dagli artt. 115 e 116 c.p.c., al prudente apprezzamento del giudice di merito ed essendo il controllo consentito dall’art. 360 c.p.c., n. 5, sulla motivazione dalla quale sono sorretti limitato alla regolarità delle argomentazioni esposte sotto il profilo formale della adeguatezza e logicità, non può essere sollecitato al giudice di legittimità un riesame degli elementi stessi e, in particolare, detto riesame non può essere giustificato con il richiamo all’ovvia possibilità di un loro diverso apprezzamento. Ne consegue che, avendo la sentenza puntualmente indicato le ragioni per le quali non era attribuibile piena attendibilità alle deposizioni dei testi degli attori e non essendo insufficiente od irragionevole l’individuazione di esse nel loro contrasto con le dichiarazioni di altri testi patimenti attendibili, la motivazione ed il criterio adottati per la riforma della decisione di primo grado si sottraggono all’invocato sindacato della Corte di cassazione.

All’inammissibilità ed infondatezza dell’unico motivo seguono il rigetto del ricorso e la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in Euro 2.600,00, di cui Euro 200,00 per spese vive, oltre spese generali, iva, cpa ed altri accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2010

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