Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3928 del 17/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 17/02/2020, (ud. 25/09/2019, dep. 17/02/2020), n.3928

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14188-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

COLA DI RIENZO 69, presso lo studio dell’avvocato PAOLO BOER, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARIA ROSA VERNA;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, V. CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati LELIO MARITATO,

ESTER ADA VITA SCIPLINO, CARLA D’ALOISIO, GIUSEPPE MATANO, EMANUELE

DE ROSE, ANTONINO SGROI;

– controricorrente –

e contro

M.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FLAMINIA 195,

presso lo studio dell’avvocato SERGIO VACIRCA, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ENRICO FRANCESCHETTI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 475/2017 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata l’08/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 25/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARCHESE

GABRIELLA.

Fatto

CONSIDERATO CHE:

la Corte d’appello di Brescia con sentenza n. 475 del 2017, in riforma della decisione di primo grado, ha dichiarato l’estinzione dei crediti INPS oggetto delle cartelle notificate a M.L., per intervenuta prescrizione quinquennale maturata successivamente alla notifica delle cartelle medesime;

avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate con un motivo, cui hanno resistito, con controricorso, M.L. e l’Inps, anche nella qualità di procuratore speciale della S.C.C.I.;

è stata comunicata alle parti la proposta del giudice relatore unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.

Diritto

RILEVATO CHE:

con l’unico motivo di ricorso viene dedotta nullità della sentenza ex art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia in ordine alla validità del ruolo quale titolo esecutivo ex art. 474 c.p.c. nonchè in ordine alla eccepita novazione oggettiva e soggettiva conseguente all’iscrizione a ruolo ed alla consegna all’agente della riscossione, con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5;

il motivo è inammissibile;

in disparte la considerazione del non pertinente richiamo sia al vizio di nullità della sentenza per error in procedendo che al vizio di motivazione, ex art. 360 c.p.c., n. 5, le censure, pure diversamente qualificate, sono inammissibili ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., poichè prospettano questioni di diritto che la Corte territoriale ha deciso in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte e l’esame del motivo non offre elementi nuovi per rimeditare la consolidata elaborazione giurisprudenziale (Cass. n. 7155 del 2017);

soccorre il principio di diritto enunciato da questa Corte a Sezioni Unite (Sez. U. n. 23397 del 17/11/2016), secondo il quale: “La scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo la L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10,) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. Lo stesso vale per l’avviso di addebito dell’INPS, che, dall’1 gennaio 2011, ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto (D.L. n. 78 del 2010, art. 30, conv., con modif., dalla L n. 122 del 2010)”;

in linea con il richiamato principio, e con riferimento al preteso effetto novativo derivante dalla formazione del ruolo, questa Corte è intervenuta affermando che “In tema di riscossione di crediti previdenziali, il subentro dell’Agenzia delle Entrate quale nuovo concessionario non determina il mutamento della natura del credito, che resta assoggettato per legge ad una disciplina specifica anche quanto al regime prescrizionale, caratterizzato dal principio di ordine pubblico dell’irrinunciabilità della prescrizione; pertanto, in assenza di un titolo giudiziale definitivo che accerti con valore di giudicato l’esistenza del credito, continua a trovare applicazione, anche nei confronti del soggetto titolare del potere di riscossione, la speciale disciplina della prescrizione prevista dalla L. n. 335 del 1995, art. 3, invece che la regola generale sussidiaria di cui all’art. 2946 c.c. (Cass. n. 31352 del 04/12/2018), e ciò in conformità alla natura di atto interno all’amministrazione attribuita al ruolo (Cass. n. 14301 del 19/06/2009)”;

allo stesso modo, non assume rilievo il richiamo alle norme del D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 19, comma 4, e art. 20, comma 6, nella parte in cui è stabilito un termine di prescrizione decennale che questa Corte ha già chiarito essere strettamente inerente al procedimento amministrativo per il rimborso delle quote inesigibili, che in alcun modo può interferire con lo specifico termine di prescrizione previsto dalla legge per azionare il credito nei confronti del debitore (Sez. U. n. 23397 del 17/11/2016, Cass. n. 31352 del 04/12/2018);

il ricorso va dunque dichiarato inammissibile e le spese liquidate secondo soccombenza come da dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore di ciascuna parte controricorrente, in Euro 3000,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 25 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2020

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