Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3927 del 14/02/2017

Cassazione civile, sez. VI, 14/02/2017, (ud. 11/01/2017, dep.14/02/2017),  n. 3927

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18287/2015 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la

sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso

unitamente e disgiuntamente dagli avvocati CARLA D’ALOLSIO, ANTONINO

SGROI, LELIO MARITATO ed EMANUELE DE ROSE, giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

S.S., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

MARIATERESA GRIMALDI, giusta procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza della CORTE DI APPELLO di FIRENZE, emessa il

07/05/15 a conferma la sentenza 294/2014 del TRIBUNALE DI FIRENZE,

emessa e depositata il 13/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata dell’11/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIO

FERNANDES.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Firenze in funzione di giudice del lavoro, con sentenza del 13 marzo 2014, accoglieva la domanda proposta da S.S. nei confronti dell’INPS ed intesa all’accertamento della non debenza alla Gestione Commercianti dell’istituto dei contributi asseritamente da lei dovuti in qualità di socio della società “STAC Immobiliare s.a.s di S.S. & C.”.

Il Tribunale osservava che la predetta società non esercitava un’attività commerciale essendosi limitata a gestire un immobile ed a riscuotere il canone di locazione e, quindi, che l’attività svolta dalla S. quale socia accomandataria necessariamente non poteva avere un minimo di consistenza e di abitualità come attività commerciale.

L’appello proposto avverso tale decisione veniva dichiarato inammissibile dalla Corte di Appello di Firenze con ordinanza ex artt. 348 bis e 348 ter c.p.c. del 7 maggio 2015, non avendo ragionevoli probabilità di essere accolto.

Per la cassazione della sentenza del Tribunale propone ricorso l’INPS, in proprio e nella qualità, affidato ad un unico motivo.

Resiste con controricorso la S..

E’ stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio.

L’INPS ha depositato memoria.

Il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Il ricorso va dichiarato inammissibile in quanto proposto oltre il termine di sessanta giorni di cui all’art. 325 c.p.c., decorrente, dalla lettura in udienza dell’ordinanza ex art. 348 ter c.p.c. (e non dalla comunicazione della medesima), (Cass. Sez. U, Sentenza n. 25043 del 7 dicembre 2016).

Ed infatti l’ordinanza è stata pronunciata e letta all’udienza del 7 maggio 2015 e depositata lo stesso giorno, sicchè non ne occorreva alcuna comunicazione. Di conseguenza il ricorso, avviato per la notificazione il 7 luglio 2015, risulta essere tardivo.

Le spese del presente giudizio, seguono la soccombenza, e sono liquidate nella misura di cui al dispositivo.

Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013). Tale disposizione trova applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame, avuto riguardo al momento in cui la notifica del ricorso si è perfezionata, con la ricezione dell’atto da parte del destinatario (Sezioni Unite, sent. n. 3774 del 18 febbraio 2014). Inoltre, il presupposto di insorgenza dell’obbligo del versamento, per il ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014).

PQM

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna l’INPS al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate in Euro 100,00 per esborsi, Euro 2.700,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 11 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2017

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