Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3926 del 17/02/2011

Cassazione civile sez. trib., 17/02/2011, (ud. 15/12/2010, dep. 17/02/2011), n.3926

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – rel. Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

SISTEM MAGLIA S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, in persona del liquidatore pro

tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via Crescenzio n. 91,

presso lo studio dell’avv. LUCIDANO Claudio, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avv. Lorenzo Imperato;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso

L’Avvocatura Generale dello Stato, che le rappresenta e difende;

– resistente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale del Piemonte, sez. 10^, n. 10, depositata il 16 aprile

2008.

Letta la relazione scritta redatta dal Consigliere relatore Dott.

Aurelio Cappabianca;

constatata la regolarità delle comunicazioni di cui all’art. 380 bis

c.p.c., comma 3.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso:

– che la decisione di appello indicata in epigrafe, ha ritenuto legittimo, nella prospettiva di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 55 (nella formulazione vigente ratione temporis), il recupero a tassazione operato dall’Agenzia, con avviso di accertamento per Irpeg, Iva ed Irap relative al 2003, in merito a posta di debito verso impresa fornitrice riscontrata dai verificatori nel bilancio 2003, costituente sommatoria di debiti accumulati in anni precedenti e, tuttavia, rivelatisi, per ammissione del medesimo legale rappresentante della società contribuente, inesistenti, in quanto frutto di fatture ad arte redatte per dare vita ad un credito Iva mai e si estinto;

rilevato:

– che, avverso tale decisione, la società contribuente ha dedotto violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 55 e formulato il seguente quesito di diritto: “se costituisca sopravvenienza attiva, tassabile ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 55. La sopravvenuta constatazione, ad opera dell’Ufficio impositore, della insussistenza, già verificatasi in esercizi precedenti, di passività iscritte in bilancio, come tali, in quegli stessi esercizi, senza che sia intervenuto, nel frattempo, alcun fatto sopravvenuto, fra l’iscrizione in bilancio delle passività e la verifica ad opera dell’Ufficio impositore”;

– che l’Agenzia si è costituita senza nulla controdedurre;

osservato:

– che, prioritariamente rispetto ogni altra valutazione, deve considerarsi che il motivo di ricorso proposto dal contribuente è inammissibile per violazione delle prescrizioni di cui all’art. 366 bis c.p.c., giacchè, ai sensi della disposizione indicata, il quesito inerente ad una censura in diritto dovendo assolvere la funzione di integrare il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale – non può essere meramente generico e teorico ma deve essere calato nella fattispecie concreta, per mettere la Corte in grado poter comprendere dalla sua sola lettura, l’errore asseritamente compiuto dal giudice a quo e la regola applicabile (v. Cass. S.U. 3519/08);

– che il motivo è, peraltro, infondato;

– che questa Corte ha, infatti, già puntualizzato che, in tema di imposte sui redditi d’impresa, che la sopravvenienza attiva D.P.R. n. 917 del 1986, ex art. 55, comma 1, consistente nella sopravvenuta insussistenza di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi, si realizza in tutti i casi in cui, per qualsiasi ragione – e, dunque, indipendentemente dal sopraggiungere di eventi gestionali straordinari o comunque imprevedibili – una posizione debitoria, già annotata come tale, debba ritenersi cessata, così assumendo, in bilancio, una connotazione attiva, implicante assoggettamento ad imposizione in riferimento all’esercizio in cui tale posta attiva emerge in bilancio ed acquista certezza (cfr. Cass. 20541/06).

ritenuto:

– che, pertanto, il ricorso va respinto nelle forme di cui agli artt. 375 e 380 bis c.p.c.;

che, stante l’assenza d’attività difensiva dell’intimata, non vi è luogo a provvedere sulle spese.

P.Q.M.

la Corte: respinge il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2011

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