Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3926 del 11/02/2019

Cassazione civile sez. VI, 11/02/2019, (ud. 04/12/2018, dep. 11/02/2019), n.3926

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9778-2018 proposto da:

C.D., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA URBANO RATTAZZI

2-C, presso lo studio dell’avvocato DORODEA CIANO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIAMPIERO AMORELLI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimati –

nonchè

O.R.H.;

– intimato –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 14/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/12/2018 dal Consigliere Dott. ORILIA LORENZO;

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1 Con ordinanza 14.2.2018, il Tribunale ordinario di Roma, adito in riassunzione a seguito di sentenza n. 26908/2016 delle sezioni unite di questa Corte, ha liquidato all’avvocato C.D., in sede di opposizione, il compenso per l’attività difensiva svolta in un giudizio di ottemperanza svoltosi davanti al TAR Lazio nell’interesse del proprio cliente O.R.H., ammesso al Patrocinio a spese dello Stato.

Con il medesimo provvedimento il Tribunale ha condannato il Ministero della Giustizia, quale parte soccombente, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità e di quello instaurato a seguito di riassunzione, liquidandole rispettivamente in Euro 1.785,00 per compensi oltre spese generali, IVA e Cassa Professionale e in Euro 106,76 per spese e Euro 1.378,00 per compensi, oltre spese generali, IVA e Cassa Professionale. Ha poi condannato l’avvocato, a sua volta, al pagamento delle spese di lite in favore del Ministero dell’Interno liquidandole, rispettivamente, in Euro 1.785,00 e Euro 1.378,00 per compensi, oltre spese generali, IVA e Cassa Professionale.

La condanna al rimborso delle spese in favore del Ministero dell’Interno è stata giustificata in base alla regola della soccombenza, rilevandosi che quest’ultimo Ministero, del quale era stata esclusa la legittimazione, “non avrebbe dovuto essere convenuto e pertanto non avrebbe dovuto partecipare a nessuna fase e a nessun incidente di questo procedimento”.

2 Contro tale ordinanza l’avvocato C. propone ricorso per cassazione con quattro motivi.

Le altre parti (Ministero della Giustizia, Ministero dell’Interno e il cliente ammesso al Patrocinio a spese dello Stato) non hanno svolto difese in questa sede.

Il relatore ha proposto l’accoglimento del primo, terzo e quarto motivo ricorso per manifesta fondatezza, con assorbimento del secondo.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.1 Con il primo motivo la parte ricorrente deduce ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del combinato disposto del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 84, 170 e 168, nonchè dell’art. 91 c.p.c., comma 1, dolendosi della condanna alle spese in favore del Ministero dell’Interno, a cui il ricorso in opposizione era stato notificato solo con finalità di conoscenza, quale parte del giudizio presupposto, in ossequio al disposto del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 84 e 170.

1.2 Con il secondo motivo, articolato in via subordinata, la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 324 c.p.c. per avere il Tribunale omesso di considerare che sulla partecipazione del Ministero dell’Interno al procedimento si era formato il giudicato interno posto che con l’ordinanza del 31.5.2015 con cui era stato dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario non era stata esclusa la legittimazione passiva del Ministero dell’Interno.

1.3 Con il terzo motivo si deduce, sempre in subordine, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’art. 91 c.p.c., comma 1, per avere il Tribunale condannato l’istante a rimborsare al Ministero dell’Interno anche le spese del giudizio di legittimità in cui essa era risultata vittoriosa.

1.4 Con il quarto motivo, infine, la ricorrente deduce ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’art. 384 c.p.c., comma 2 e art. 91 c.p.c., dolendosi di un altro errore del Tribunale, consistente nell’avere omesso di statuire, nella condanna nei confronti del Ministero della Giustizia, sulle spese affrontate nella fase anteriore al regolamento di giurisdizione.

2.1 Il primo motivo è manifestamente fondato.

Il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 84 (contemplato nella parte del testo normativo che specificamente regola il patrocinio a spese dello Stato) stabilisce che “avverso il decreto di pagamento del compenso al difensore, all’ausiliario del magistrato e al consulente tecnico di parte, è ammessa opposizione ai sensi dell’art. 170”. L’art. 170 (contemplato nella parte del testo normativo che regola i titoli di pagamento in genere), stabilisce a sua volta, al comma 1, che “avverso il decreto di pagamento emesso a favore dell’ausiliario del magistrato, del custode e delle imprese private cui è affidato l’incarico di demolizione e riduzione in pristino, il beneficiario e le parti processuali, compreso il pubblico ministero, possono proporre opposizione, entro venti giorni dall’avvenuta comunicazione, al presidente dell’ufficio giudiziario competente”.

Orbene, se è vero che parte necessaria nel procedimento in esame è il Ministero della Giustizia (v. al riguardo Sez. U, Sentenza n. 8516 del 29/05/2012 Rv. 622818; Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 5314 del 06/03/2018 Rv. 647989), è altrettanto vero che al Ministero dell’Interno, parte del giudizio presupposto, il ricorso era stato notificato solo per mera conoscenza, come dimostra il fatto che nessuna domanda era stata avanzata nei suoi confronti (v. conclusioni in calce all’atto di riassunzione riportate a pag. 5 del ricorso per cassazione da cui si evince invece che la pretesa economica era stata indirizzata nei confronti del solo Ministero della Giustizia).

Appare pertanto palese l’errore di diritto commesso dal Tribunale, consistente nel non avere saputo individuare il ruolo del Ministero dell’Interno, a cui il ricorso in opposizione era stato notificato, non già quale soggetto tenuto a corrispondere la liquidazione del compenso, ma unicamente quale parte del processo presupposto. Così operando il Tribunale ha finito per sanzionare pesantemente l’eccesso di zelo del difensore, azzerando di fatto, attraverso un indebito “dare-avere”, il compenso spettante all’avvocato C. per l’attività espletata.

2.2 Fondato è anche il quarto motivo di ricorso.

Altro grave errore di diritto del Tribunale sta infatti nell’avere completamente obliterato di liquidare le spese della fase anteriore al regolamento di giurisdizione, vanificando così l’attività difensiva che pure era stata espletata davanti al giudice ordinario originariamente – e per giunta correttamente – adito per l’opposizione avverso il decreto di liquidazione del compenso emesso dal giudice amministrativo.

L’ordinanza impugnata va perciò cassata affinchè il giudice di rinvio – che si individua nel Tribunale di Roma in persona di diverso magistrato – ponga rimedio agli errori sopra evidenziati regolando, all’esito, anche le spese del presente giudizio.

Resta logicamente assorbito l’esame del secondo e terzo motivo di ricorso.

PQM

la Corte accoglie il primo e quarto motivo di ricorso e dichiara assorbiti i restanti. Cassa l’ordinanza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, al Tribunale di Roma in persona di diverso magistrato.

Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2019

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