Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3920 del 18/02/2010

Cassazione civile sez. II, 18/02/2010, (ud. 09/12/2009, dep. 18/02/2010), n.3920

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. ATRIPALDI Umberto – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 25235/2004 proposto da:

S.G., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA G.G. BELLI 27, presso lo studio dell’avvocato GENTILE GIAN

MICHELE, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

CARRARO LUCIANO;

– ricorrente –

contro

B.C., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA FEDERICO GONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato MANZI

LUIGI, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati ALBA

RICCARDO, PAVAN MASSIMO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 770/2004 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 19/05/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/12/2009 dal Consigliere Dott. VINCENZO CORRENTI;

udito l’Avvocato MEREU Paolo con delega depositata in udienza

dell’Avvocato GENTILE Gian Michele, difensore del ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato COGLITORE Emanuele con delega depositata in udienza

dell’Avvocato MANZI Luigi, difensore del resistente che ha chiesto

il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MARINELLI Vincenzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 23.8.97 B.C. esponeva di essere proprietario in Mira di un terreno del quale faceva parte il mappale (OMISSIS), confinante ad est con la proprietà di S.G. accatastata al mappale (OMISSIS). A seguito di misurazione in contraddittorio era risultato che la recinzione tra le due proprietà non corrispondeva all’esatto confine e conveniva lo S. davanti al Pretore di Venezia, sezione di Dolo, per determinare la linea di confine. Il convenuto si costituiva eccependo l’improponibilità della domanda in pendenza di giudizio possessorio, negava un intervenuto accordo, l’apposizione della recinzione aveva natura confessoria. In subordine chiedeva dichiararsi che il confine coincideva con la recinzione, dandosi atto, in via incidentale, dell’usucapione. Con sentenza 29.1.2002 il Tribunale accoglieva la domanda, dichiarava che la linea di confine correva alla distanza di m. 1,24 dalla facciata est del muretto di recinzione posto sul lato est del mappale (OMISSIS), con condanna alle spese.

Proponeva appello lo S., resisteva il B. e la Corte di appello di Venezia, rigettava il gravame con condanna alle maggiori spese, sul presupposto che il divieto al convenuto di proporre giudizio petitorio in pendenza del possessorio riguarda solo l’ipotesi in cui si contenda circa l’appartenenza della proprietà, mentre nella specie il possessorio tendeva alla rimozione delle opere che impedivano l’accesso; pur riconoscendo la possibilità del regolamento amichevole della linea di confine, nella specie i testi avevano affermato che la recinzione era stata apposta solo per evitare che il pollame passasse da una parte all’altra e lo S. non aveva provato il possesso in via esclusiva per 20 anni.

Ricorre S. con sette motivi, illustrati da memoria, resiste controparte.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorrente denunzia 1) violazione dell’art. 705 c.p.c., vizi di motivazione, violazione dell’art. 2697 c.c.. 2) violazione dell’art. 184 c.p.c., vizi di motivazione, illegittimità costituzionale della norma per avere la Corte rigettato l’eccezione di inammissibilità della prova di controparte perchè la necessità della articolazione derivava dalla formulazione della prova diretta nella memoria 18.2.99. 3)violazione dell’art. 112 c.p.c., erronea qualificazione della usucapione che era mera eccezione per paralizzare la domanda attorea. 4) violazione degli artt. 950, 1322, 2697 e 2735 c.c., ed insufficiente motivazione circa la determinazione del confine; 5) violazione degli artt. 1140 e 1158 c.c., e vizi di motivazione; 6) violazione degli artt. 1140, 1142, 1158, 1165, 1167 e 2697 c.c., vizi di motivazione; 7) violazione dell’art. 950 c.c., e vizi di motivazione per essersi il giudice di merito limitato ad aderire alle conclusioni del ctu e non a quelle del ctp. Osserva la Corte:

In ordine al primo motivo, la Corte di appello ha spiegato che il divieto imposto al convenuto di introdurre giudizio petitorio in pendenza del possessorio riguarda solo l’ipotesi che si controverta sul bene in questione mentre l’altro giudizio riguardava l’asserito impedimento all’accesso dello S.; la decisione è conforme a consolidata giurisprudenza di questa Corte Suprema (tra le altre Cass. n. 8367/2001).

La seconda doglianza costituisce un mero dissenso rispetto ad una decisione correttamente assunta di ammissione di una prova contraria formulata in conseguenza della articolazione di una prova diretta; l’eccezione di incostituzionalità sul punto per l’ipotesi che l’art. 184 c.p.c., sia interpretato nel senso che sia consentito, nella memoria a prova contraria, dedurre capitoli su circostanze anche diverse da quella diretta, appare non rilevante e manifestamente infondata.

Oltre a prospettare una questione nuova, non proposta in sede di merito, costituirebbe proprio violazione degli artt. 3 e 24 Cost., invocati in questa sede, non consentire la formulazione di capitoli di prova in conseguenza della articolazione di una precedente prova.

11 ricorrente non dimostra l’interesse alla censura sul terzo motivo posto che la Corte di appello, alle pagine nove e dieci ha dedotto che il mezzo proposto, pur parzialmente fondato, non modificava l’esito del giudizio ed alle pagine undici e dodici, ha aggiunto che non solo non aveva provato il possesso in via esclusiva per venti anni ma era risultato provato che il B. e suo figlio sono sempre passati e continuano a passare “su detta striscia per potare la siepe e per falciare l’erba che vi cresce spontanea”.

Il quarto, quinto e sesto motivo propongono una diversa lettura delle emergenze processuali che si concreta in un mero dissenso rispetto ad una motivazione logicamente assunta, chiedendo un riesame del merito non consentito in sede di legittimità (e pluribus, da ultimo, Cass. 20.3 2009 n. 6866, 9.8.04 n. 15381, 23.7.04 n. 13839, 21.7.04 n. 13579, 16.3.04 n. 5359, 19.1.04 n. 753).

La settima doglianza non tiene conto della circostanza che la ctp è pur sempre una allegazione di parte e la sentenza, alle pagine 12 e 13 ha elencato e fatto proprie le ragioni dell’elaborato dell’ufficio.

In definitiva il ricorso va rigettato, con la conseguente condanna alle spese.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, liquidate in Euro 1.700,00, di cui 1.500,00, per onorari, oltre accessori.

Così deciso in Roma, il 9 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2010

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