Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3916 del 17/02/2020

Cassazione civile sez. lav., 17/02/2020, (ud. 03/12/2019, dep. 17/02/2020), n.3916

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24427/2014 proposto da:

LA NUOVA CAVE S.N.C., in persona del legale rappresentante pro

tempore, F.D., M.A., elettivamente

domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato

VINCENZA MATACERA;

– ricorrenti –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del suo

Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale

mandatario della S.C.C.I. S.P.A. società di cartolarizzazione dei

crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,

rappresentati e difesi dagli avvocati LELIO MARITATO, CARLA

D’ALOISIO, ANTONINO SGROI, EMANUELE DE ROSE e GIUSEPPE MATANO;

– controricorrenti –

e contro

EQUITALIA E.TR. S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 365/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 18/04/2014, R.G.N. 931/2010.

Fatto

RILEVATO

Che:

Il Tribunale di Catanzaro, con sentenza 24/9/2009, rigettava i ricorsi proposti dalla Nuove Cave s.n.c. avverso il verbale ispettivo Inps del 24/7/1998 nonchè i ricorsi in opposizione a due decreti ingiuntivi notificati dall’ente previdenziale ed emessi sulla scorta del citato verbale di accertamento; respingeva i ricorsi proposti rispettivamente dai soci F.D. ed M.A., avverso cartelle esattoriali notificate da Equitalia ETR su istanza dell’Inps, relative al pagamento di contributi artigiani e somme aggiuntive relative agli anni 1993-2005 nonchè quelli proposti da F.D., A.M., F.G. e Fi.Gi. quali eredi di F.F., per il pagamento di contributi artigiani dovuti dal 1993 al 1998.

La Corte distrettuale, in parziale riforma della pronuncia impugnata dalle parti soccombenti, condannava l’Inps alla ripetizione in favore de “La Nuova Cave s.n.c.” delle somme indebitamente versate a titolo di contributi per lavoro subordinato in favore dei soci M.A., T.R., F.F., Ma.Fr. e F.D., nei soli importi eccedenti quanto dovuto dagli stessi soci in favore della gestione speciale artigiani; dichiarava, quindi, non dovuti, i contributi per la gestione speciale artigiani da parte di M.A. per i periodi lavorativi successivi al 31/12/2002.

Avverso tale decisione interpongono ricorso per cassazione la Nuove Cave s.n.c., F.D. ed M.A., sulla base di due motivi ai quali oppone difese con controricorso l’Inps in proprio e quale procuratore speciale della Società di cartolarizzazione dei crediti Inps (S.C.C.I.) s.p.a..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia nullità della sentenza e violazione dell’art. 2697 c.c., artt. 115 e 416 c.p.c., ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4.

Si deduce che l’accertamento operato dagli ispettori Inps nel verbale del 24/7/1998 – alla cui stregua era emerso che i soci della s.n.c. prestavano prevalentemente e manualmente attività lavorativa diretta al raggiungimento dello scopo sociale che ingenerava l’obbligo di iscrizione alla gestione IVS Inps, con conseguente versamento della contribuzione obbligatoria – prescindeva da ogni verifica in punto di fatto, sulle modalità di svolgimento degli incarichi da parte dei soci.

Si aggiunge poi che “quanto agli altri punti del verbale in contestazione, l’INPS basa i suoi accertamenti sulla denuncia presentata all’Istituto previdenziale dalla sig.ra C.”. Si osserva, al riguardo, che la pretesa creditoria azionata sulla base del verbale ispettivo non discendeva esclusivamente dalle irregolarità relative alle posizioni della C., ma anche dal disconoscimento del rapporto di lavoro dipendente dei soci e dalle irregolarità complessivamente accertate dagli ispettori nel verbale da essi stilato, verbale che era stato oggetto di impugnazione in ogni sua parte.

Si deduce, quindi, che con l’azione di accertamento negativo, la società aveva voluto affermare l’intercorrenza di un rapporto di lavoro dipendente dei soci, rapporto che, tuttavia, era stato ritenuto insussistente dai giudici del gravame, alla stregua di una erronea lettura degli atti.

In ogni caso la società ricorrente, ancor prima di tali argomentazioni, segnala l’infondatezza della pretesa creditoria avanzata dall’Inps, in considerazione del mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte dell’ente previdenziale in relazione alla ipotesi, dedotta in lite, dell’accertamento negativo.

Con riferimento, poi, alla disamina delle opposizioni a decreto ingiuntivo, ed in via ulteriore rispetto alle considerazioni già in precedenza espresse, la società rimarca l’estrema genericità dei provvedimenti, in quanto privi di qualsiasi precisazione che consenta di comprendere le ragioni poste a fondamento delle istanze di pagamento, ribadendo che nel giudizio monitorio spetta all’opposto dare prova della pretesa azionata; e detta prova, nello specifico, deve ritenersi mancante, anche tenuto conto della mancata produzione del c.c.n.l. relativo allo specifico settore operativo dell’azienda (che è quello della lavorazione del vetro, non quello del settore metalmeccanico applicato).

Si deduce quindi, conclusivamente, di aver regolarmente versato per tutti i dipendenti, i prescritti contributi previdenziali.

2. Il motivo non è meritevole di accoglimento.

La Corte distrettuale, a fondamento del decisum, ha infatti congruamente posto in rilevo – alla stregua dei dati acquisiti dai funzionari Inps e trasfusi nel verbale ispettivo versato in atti, ed in particolare, delle medesime dichiarazioni rilasciate dai soci – che l’attività espletata non era ascrivibile alla categoria dei rapporti di lavoro subordinato, essendo emerso che i predetti svolgevano “la propria attività di lavoro in azienda, occupandosi chi del taglio del vetro e realizzazione degli infissi, chi del loro montaggio, chi dei rapporti con i clienti, ma senza alcuna sottoposizione a poteri direttivi da parte di altri soci…”.

La valutazione da parte del giudice del gravame del compendio probatorio acquisito in atti – nel cui ambito i verbali ispettivi rivestono per consolidata giurisprudenza, valore di piena prova in ordine ai fatti che i funzionari stessi attestino siano avvenuti in loro presenza, rimanendo liberamente apprezzabili in relazione alle ulteriori circostanze di fatto che i verbalizzanti segnalino di avere accertato – rientra nella tipica valutazione riservata al giudice del merito insuscettibile di sindacato in sede di legittimità, qualora, come nella specie, gli accertamenti di fatto siano stati adeguatamente motivati dalla Corte territoriale.

Deve quindi conclusivamente rimarcarsi come nel giudizio promosso dal contribuente per l’accertamento negativo del credito previdenziale, pur gravando sull’INPS l’onere di provare i fatti costitutivi della pretesa contributiva, il rapporto ispettivo dei funzionari dell’ente previdenziale, nei termini sopra descritti, sia attendibile fino a prova contraria, quando esprime gli elementi da cui trae origine, restando, comunque, tale insieme liberamente valutabile dal giudice, il quale può anche considerarlo prova sufficiente qualora il suo specifico contenuto probatorio renda superfluo l’espletamento di ulteriori mezzi istruttori (vedi ex plurimis, Cass. 25/8/2014 n. 18205 in motivazione, Cass. 6/9/12 n. 14965).

La statuizione impugnata, in virtù del ricordato insegnamento, resiste, dunque, alla censura all’esame.

3. Il secondo motivo prospetta nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 132 c.p.c., nonchè omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti.

Si lamenta che la Corte di merito abbia omesso ogni pronuncia sulla istanza di trasferimento dei contributi già versati dalla società per i soci quali lavoratori dipendenti, nella diversa “gestione lavoratori autonomi” e di restituzione ai contribuenti delle somme percepite in eccesso.

4. Il motivo non è fondato giacchè la Corte di merito, sia pure con involute modalità espressive, ha accertato la possibilità, per la società ricorrente, di ripetere la contribuzione versata in eccedenza e di computarne parte nella gestione ritenuta di riferimento.

In definitiva, alla stregua delle sinora esposte considerazioni, il ricorso è respinto.

Le spese inerenti al presente giudizio di legittimità seguono il principio della soccombenza, liquidate come da dispositivo.

Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, il comma 1 quater) – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 8.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 3 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2020

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