Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3914 del 11/02/2019

Cassazione civile sez. lav., 11/02/2019, (ud. 08/01/2019, dep. 11/02/2019), n.3914

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21798-2013 proposto da:

INARCASSA CASSA NAZIONALE PREVIDENZA ASSISTENZA INGEGNERI E

ARCHITETTI LIBERI PROFESSIONISTI, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

LUNGOTEVERE RAFFAELLO SANZIO 9, presso lo studio dell’avvocato

MASSIMO LUCIANI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

A.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DELLA

LIBERTA’ 20, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO CAROLEO, che

lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 122/2013 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 02/05/2013, R.G.N. 196/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/01/2019 dal Consigliere Dott. PAOLA GHINOY;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VISONA’ Stefano, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato MASSIMO LUCIANI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Cagliari confermava la sentenza del Tribunale della stessa città che aveva accolto il ricorso proposto da A.S. al fine di ottenere l’accertamento dell’inesistenza del debito contributivo dipendente dall’iscrizione d’ufficio effettuata da INARCASSA in relazione agli anni 1996-2001, con restituzione dell’importo già versato di Euro 7.600,81.

2. La Corte territoriale condivideva la ricostruzione operata dal primo giudice secondo la quale l’ A. nel periodo indicato aveva lavorato in Costarica con l’incarico di procuratore generale e direttore di cantiere per conto della s.p.a. Cantieri Costruzioni Cemento, implicante funzioni organizzative sotto il profilo logistico e tecnico-amministrativo. Aggiungeva che vi era un ingegnere iscritto all’Albo professionale del Costarica che svolgeva l’attività di progettazione ed esecuzione dei lavori tipica della professione di ingegnere. Riteneva che l’attività svolta non comportasse l’insorgenza dell’obbligo di iscrizione e Contribuzione all’INARCASSA ai sensi della L. n. 6 del 1981, art. 21 e art. 7 dello Statuto dell’INARCASSA, adottando la soluzione interpretativa, sposata da Cass. n. 11154 del 2004 e 3468 del 2005 e dall’ordinanza n. 4109 del 2012, secondo la quale l’obbligo di iscrizione e contribuzione discenderebbe soltanto dall’esercizio di attività riservate dalla legge agli ingegneri e architetti iscritti ai relativi Albi.

3. Aggiungeva che comunque INARCASSA non aveva provato che l’attività svolta all’estero dall’ A., seppure ad alto contenuto tecnico, richiedesse l’impiego di competenze che un ingegnere è tenuto a possedere. Argomentava che il direttore del cantiere di impresa di costruzioni non può confondersi con il direttore dei lavori, addetto al controllo dei lavori in conformità al progetto approvato, in quanto si occupa della diversa attività di organizzare il lavoro del cantiere (assicurare il rifornimento del materiale, decidere sull’utilizzo di attrezzature, controllare i lavori effettuati, assicurare il rispetto delle norme di prevenzione e sicurezza lavori) per cui non sono necessarie competenze di ingegnere, ma è sufficiente un diploma di scuola media superiore di indirizzo edile, tanto è vero che l’appellato poteva farsi sostituire da un ragioniere o da un geometra.

4. Per la cassazione della sentenza INARCASSA ha proposto ricorso, affidato a due motivi, cui A.S. ha resistito con controricorso. La ricorrente ha depositato anche memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

5. Come primo motivo INARCASSA deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 6 del 1981, art. 21, art. 7 dello Statuto INARCASSA, 5 dell’allegato alla legge professionale (L. 2 marzo 1949, n. 143), D.P.R. n. 328 del 2001, art. 46 ed insufficienza e contraddittorietà della motivazione.

Contesta la premessa in diritto assunta dalla Corte territoriale e sostiene che essa sarebbe stata superata dalla giurisprudenza successiva, secondo la quale rientra nell’attività professionale l’assolvimento di tutti quei compiti nei quali il professionista si avvale, seppure non esclusivamente, della sua specifica competenza tecnica e quindi che sia strettamente collegato alle sue cognizioni tecnico-scientifiche. Sostiene che nel caso in esame l’attività di organizzazione del lavoro di cantiere e l’assicurazione del rispetto delle norme di prevenzione e sicurezza dei lavori erano legate alle cognizioni relative all’attività professionale, così come si desume anche dal D.P.R. n. 328 del 2001, art. 46 che al comma 2 individua le attività che formano oggetto della professione per il settore dell’ingegneria civile e ambientale. Sostiene che non rileva che le mansioni potessero essere rese anche da figure di diversa formazione professionale, e richiama in tal senso la sentenza della Corte costituzionale n. 402 del 1991, resa in tema di professione legale.

6. Come secondo motivo deduce l’omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia e la violazione e falsa applicazione della L. n. 6 del 1981, artt. 9, 16 e 21 e art. 5 dell’allegato alla legge professionale (L. 2 marzo 1949, n. 143), nonchè D.P.R. n. 328 del 2001, art. 46. Ribadisce che il professionista aveva dichiarato al fisco italiano la produzione di proventi qualificati come professionali e che tale elemento concorreva a provare la ricorrenza degli indici di legge per la sussistenza dell’obbligo di iscrizione.

7. La tesi sviluppata da INARCASSA a fondamento del primo motivo di ricorso è fondata, ed in tal senso la motivazione della Corte d’appello dev’ essere corretta.

Questa Corte ha già affermato il principio, cui occorre dare continuità, secondo il quale l’imponibile contributivo in tema di previdenza di ingegneri e architetti va determinato alla stregua dell’oggettiva riconducibilità alla professione dell’attività concreta, ancorchè questa non sia riservata per legge alla professione medesima, rilevando che le cognizioni tecniche di cui dispone il professionista influiscano sull’esercizio dell’attività. La limitazione dell’imponibile contributivo ai soli redditi da attività professionali tipiche non trova difatti fondamento nella L. n. 1395 del 1923, art. 7, nè nel R.D. n. 2537 del 1925, artt. 51,52 e 53, che riguardano soltanto la ripartizione di competenze tra ingegneri e architetti, mentre la L. n. 6 del 1981, art. 21 stabilisce unicamente che l’iscrizione alla Cassa è obbligatoria per tutti gli ingegneri e gli architetti che esercitano la libera professione con carattere di continuità (Cass. 01/08/2018, n. 20389, Cass. 08/05/2017, n. 11161, Cass. 29/08/2012, n. 14684).

8. Si è dunque chiarito che “nel concetto in questione deve ritenersi compreso, oltre all’espletamento delle prestazioni tipicamente professionali (ossia delle attività riservate agli iscritti negli appositi albi) anche l’esercizio di attività che, pur non professionalmente tipiche, presentino, tuttavia un “nesso” con l’attività professionale strettamente intesa, in quanto richiedono le stesse competenze tecniche di cui il professionista ordinariamente si avvale nell’esercizio dell’attività professionale e nel cui svolgimento, quindi, mette a frutto (anche) la specifica cultura che gli deriva dalla formazione tipo logicamente propria della sua professione” evidenziando come tale interpretazione, valida per tutte le categorie professionali – che si traduce nell’esclusione della sussistenza dell’obbligo contributivo solamente nel caso in cui non sia, in concreto, ravvisabile un intreccio tra tipo di attività e conoscenze tipiche del professionista – sia stata suggerita dalla Corte costituzionale nella nota sentenza n. 402 del 1991, resa a proposito del contributo integrativo dovuto dagli avvocati e procuratori iscritti alla Cassa di previdenza ai sensi della L. n. 576 dei 1980, art. 11, comma 1 e nella quale si è esplicitamente affermato che il prelievo contributivo in parola è collegato all’esercizio professionale e che per tale deve intendersi anche la prestazione di attività riconducibili, per loro intrinseca connessione, ai contenuti dell’attività propria della libera professione.

9. Vi è però da rilevare che la sentenza della Corte di merito poggia su un’ulteriore concorrente ratio decidendi rispetto all’assunto in diritto contestato nel motivo, avendo ritenuto che INARCASSA non avesse comunque provato che l’attività svolta all’estero dall’ A., seppure ad alto contenuto tecnico, richiedesse l’impiego delle competenze che un ingegnere è tenuto a possedere.

10. Tale conclusione è sorretta dall’accertamento fattuale delle mansioni ivi svolte, immune da censure e non passibile di nuova ricostruzione in questa sede, secondo il quale l’organizzazione logistico-tecnico-amministrativa del cantiere in Costarica della società Cantieri Costruzioni Cemento s.p.a. svolta dall’ing. A. (diversa dalla direzione dei lavori, affidata ad un ingegnere) era attinente per la parte preponderante a funzioni amministrative e richiedeva competenze tecniche generiche e di base. Il giudizio di sussunzione che il ricorrente sollecita richiamando il D.P.R. 5 giugno 2001, n. 328, art. 46, che individua le attività professionali che formano oggetto della professione di ingegnere, presupporrebbe dunque una diversa ricostruzione fattuale, che esorbita dal giudizio di legittimità.

11. Parimenti infondato è il secondo motivo.

L’elemento che il ricorrente assume trascurato dalla Corte d’appello, ovvero la qualificazione data dall’ing. A. a fini fiscali ai compensi percepiti per il lavoro svolto in Costarica, non è un fatto, ma appunto la qualificazione data dal percettore ai propri redditi, che non può reagire sull’inquadramento dell’attività svolta a fini previdenziali, che per la natura pubblicistica del sistema pensionistico e previdenziale è indisponibile ad opera dalla parte.

12. Il ricorso deve dunque essere rigettato.

13. Le spese seguono la soccombenza.

14. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dal L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, rimborso delle spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2019

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