Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3913 del 18/02/2010

Cassazione civile sez. III, 18/02/2010, (ud. 14/01/2010, dep. 18/02/2010), n.3913

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETTI Giovanni Battista – Presidente –

Dott. FEDERICO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 15852-2005 proposto da:

DE LIETO COSTRUZIONI GENERALI SPA, (OMISSIS), in persona

dell’amministratore delegato legale rappresentante Ing. D.L.

G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PANAMA 74

presso lo studio dell’avvocato VALENTINO PIERLUIGI, rappresenta e

difende unitamente all’avvocato SCOPELLITI DOMENICO giusta delega in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

SACE SERVIZI ASSICURATIVI COMMERCIO ESTERO SPA, in persona del suo

legale rappresentante in carica pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso gli UFFICI

DELL’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui è difeso per legge.

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5221/2004 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

Sezione Seconda Civile, emessa il 12/10/2004, depositata il

09/12/2004; R.G.N. 9741/2001.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/01/2010 dal Consigliere Dott. GIOVANNI FEDERICO;

udito l’Avvocato MASSIMO SALVATARELLI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARESTIA ANTONIETTA che ha concluso per accoglimento 1 motivo e

rigetto nel resto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La De Lieto Costruzioni Generali s.p.a., premesso che nel 1978 aveva stipulato con la Genco, società di stato libica, dodici contratti di subappalto per la costruzione di edifici scolastici, essendo committente primario il Segretariato per l’Educazione; che aveva stipulato altrettanti contratti di assicurazione con la S.A.C.E. Sezione speciale per l’Assicurazione del Credito all’Esportazione a copertura di vari rischi inerenti agli appalti suddetti; che la Genco aveva ritardato sin dall’inizio l’adempimento delle proprie obbligazioni, determinando così la necessità di accedere a canali di finanziamento per evitare la sospensione dei lavori e la revoca dei contratti; che nel 1981 il massimo organo esecutivo libico era subentrato alla Genco in tutti i contratti meno uno che veniva annullato, aumentando i corrispettivi e prorogando i termini di esecuzione, ma che gli inadempimenti dei libici erano continuati, per cui essa istante era stata costretta a ricorrere a finanziamenti che aveva raggiunto nel 1984 l’ammontare di 8 miliardi di lire; che, divenuta insostenibile la situazione, aveva adito il Tribunale di Napoli per impedire l’escussione, da parte del committente libico, delle fideiussioni accese a suo tempo e che all’esito di altro giudizio, sempre presso il Tribunale di Napoli, era stata dichiarata l’inefficacia di tali garanzie; che essa esponente aveva quindi denunciato alla SACE i vari sinistri, e cioè: l’escussione delle fideiussioni da parte del Segretariato libico, la mancata riscossione delle trattenute a garanzia, la richiesta di indennizzo per i danni originati dalla sospensione o dalla revoca della commessa e dalla confisca e requisizione dei macchinari ed impianti; che aveva sostenuto spesi ingenti per adire il collegio arbitrale di Parigi per la risoluzione delle numerose controversie insorte con il detto Segretariato; conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma la SACE formulando una serie di richieste di indennizzo, per le situazioni sopra prospettate, per oltre L. 12 miliardi, oltre interessi.

La convenuta si costituiva sostenendo che dal 1985 al 1996 aveva liquidato oltre 10 miliardi di L. e che parte degli indennizzi non erano dovuti ed eccependo lo spirare del termine prescrizionale, e chiedeva la restituzione di oltre L. 2.400 milioni.

Interrotta la causa per l’estinzione della Sace, il processo veniva riassunto dal subentrante ISACE – Istituto per i Servizi Assicurativi del Commercio Estero.

L’adito Tribunale, con sentenza n. 30822/01, accoglieva parzialmente la domanda della De Lieto, condannando l’Isace al pagamento delle somme analiticamente esposte in dispositivo.

Avverso tale sentenza proponeva appello in via principale l’Isace, mentre la De Lieto svolgeva appello incidentale.

Con sentenza depositata il 9.12.04 la Corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza impugnata, dichiarava la prescrizione dei diritti azionati dalla De Lieto, respingendone le domande, ed in accoglimento parziale della domanda riconvenzionale proposta in primo grado dalla Isace, condannava la De Lieto alla restituzione della somma di Euro 1.271.056,78.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la De Lieto, con quattro motivi, mentre l’Isace ha resistito al gravame con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 la violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sull’eccezione di prescrizione tempestivamente proposta nei confronti della domanda riconvenzionale dell’Isace e riproposta con l’appello incidentale.

Con il secondo motivo lamenta la violazione degli artt. 2952 e 1914 c.c., nonchè dei principi derivanti dagli artt. 1374, 1227 e 2046 e segg. c.c., non avendo la Corte di merito tenuto conto del fatto che la derivazione di un diritto da una norma di legge esclude che il diritto stesso possa configurarsi come derivante dal contratto di locazione.

Con il terzo motivo lamenta la violazione degli artt. 2952 e 2936 c.c., in quanto l’assoggettamento alla prescrizione breve del diritto alla rifusione delle spese, previsto dalle condizioni generali di polizza, non può porsi in contrasto con la disciplina legale della prescrizione.

Con il quarto motivo denuncia infine la violazione dell’art. 112 c.p.c. per vizio di extrapetizione, avendo la sentenza impugnata pronunciato d’ufficio su un’eccezione (di inefficacia degli atti interruttivi della prescrizione) che poteva essere proposta solo dalla parte; nonchè la violazione degli artt. 2943 e segg. c.c. e dei principi sull’interruzione della prescrizione, e motivazione omessa, insufficiente ed incoerente su un punto decisivo, rilevato dalla ricorrente, relativo al contenuto e alla scansione temporale degli atti interruttivi.

1. Il primo motivo è fondato.

In effetti, con riferimento alla domanda riconvenzionale dell’Isace avente ad oggetto la restituzione di somme indebitamente percepite dalla De Lieto, non risulta nella sentenza impugnata esaminata la questione della prescrizione ex art. 2952 c.c., sollevata pacificamente dalla stessa De Lieto come motivo dell’appello incidentale, come da atto la sentenza stessa a pag. 4.

Tale censura deve ritenersi innanzitutto ammissibile, in quanto proposta ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, secondo l’indirizzo giurisprudenziale assolutamente prevalente di questa C.S. (v. per tutte, Cass. civ., sez. 3^, 15.7.2003, n. 11034), mentre del tutto minoritario risulta l’indirizzo giurisprudenziale favorevole all’inquadrabilità del vizio di omessa pronuncia nell’ambito di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Ma, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto rispetto a quelli compiuti al riguardo nel giudizio di primo grado (v. pag. 16 della sentenza del Tribunale di Roma, il cui esame è consentito nel caso di specie, trattandosi di error in procedendo), la questione può essere decisa nel merito ex art. 384 c.p.c..

Passando, quindi, all’esame del merito dell’eccezione di prescrizione sollevata dalla De Lieto, si rileva che la medesima non presenta alcun fondamento, atteso che la domanda riconvenzionale avanzata dall’Isace per la restituzione di somme versate all’assicurata De Lieto in eccedenza rispetto al dovuto non attiene affatto a diritti nascenti dal contratto di assicurazione, e soggetti perciò alla prescrizione breve di cui all’art. 2952 c.c. in quanto si è in presenza manifestamente di una condictio indebiti, che come tale non può che essere soggetta al termine ordinario di prescrizione di cui all’art. 2946 c.c..

La stessa sentenza di primo grado, pronunciata il 29.8.2001 e pubblicata il 14.9.2001, ha dato atto che al momento della decisione il suddetto termine di prescrizione non era ancora maturato, nè esso può comunque essere maturato successivamente, tenuto conto che, per effetto del combinato disposto dell’art. 2943 c.c., comma 2 e art. 2945 c.c., comma 2, la prescrizione non corre sino al passaggio in giudicato della sentenza definitiva del presente giudizio a seguito dell’interruzione avvenuta in conseguenza della proposizione della domanda riconvenzionale da pare dell’Isace.

Ne consegue che l’appello incidentale proposto dalla De Lieto, per la parte che riguarda l’eccezione di prescrizione della domanda di restituzione dell’indebito, debba essere rigettato.

2. Il secondo ed il terzo motivo del ricorso, che possono esaminarsi congiuntamente per la loro stretta connessione, sono infondati.

Le censure in questione sollevano il problema circa la durata della prescrizione nel caso dei diritti dell’assicurato che, nel quadro dell’obbligo impostogli dall’art. 1914 c.c., comma 1 di “fare quanto gli è possibile per evitare o diminuire il danno”, abbia a tal fine affrontato delle spese (cd. spese di salvataggio) che restano a carico dell’assicuratore, ai sensi del secondo comma della stessa norma.

Le Sezioni Unite di questa S.C. hanno, con sentenza 26.7.2002 n. 11052, risolto la questione affermando il principio che la prescrizione annuale ex art. 2952 c.c. si applica a tutti i diritti che si ricollegano direttamente ed unicamente alla disciplina legale o pattizia del contratto di locazione, nel quale trovano il loro titolo immediato ed esclusivo, con esclusione, quindi, di quei diritti che – sia pure in occasione o in esecuzione del rapporto assicurativo – sorgono o sono fatti valere dall’assicurato o dall’assicuratore sulla base di altro titolo.

E’ l’art. 1374 c.c. a stabilire il principio dell’integrazione del contratto, nel senso cioè che “il contratto obbliga le parti non solo a quanto è nel medesimo espresso, ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge, o, in mancanza, secondo gli usi e l’equità”: si realizza in tal modo un unicum inscindibile, in cui le disposizioni pattizie si intrecciano con le previsioni di legge di determinate obbligazioni a formare in concreto il contenuto del contratto di assicurazione, con la conseguenza che i diritti da questo derivanti, qualunque sia la fonte originaria, pattizia o legale, rimangono assoggettati alla prescrizione ex art. 2952 c.c..

Se si collega, infatti, la suddetta disposizione a quella posta dall’art. 1173 c.c. (“Le obbligazioni derivano da contratto, da fatto illecito…”), risulta chiarissima la volontà del legislatore di individuare soltanto nel contratto la fonte di quelle obbligazioni, anche quando esse derivano in concreto da una statuizione di legge.

2.1. Nè rileva in alcun modo il fatto che la previsione di assoggettamento alla prescrizione breve del diritto dell’assicurato al rimborso delle cd. spese di salvataggio, così come degli altri diritti derivanti dalla polizza, sia contenuta nelle condizioni generali di polizza.

Tale previsione, infatti, sta a dimostrare l’avvenuto compimento dell’operazione di fusione tra diritti derivanti da quanto le parti hanno espressamente pattuito e diritti derivanti direttamente da norme di legge, per cui, contrariamente a quanto sul punto dedotto dalla ricorrente, la “contrattualizzazione” di tali diritti, anche ai fini dell’applicazione della prescrizione breve propria del contratto di assicurazione, non costituisce violazione del principio di inderogabilità delle norme generali sulla prescrizione, sancito dall’art. 2936 c.c., in quanto appunto i diritti stessi non vanno riguardati come entità esterne al contratto di assicurazione, ma parti integranti del contratto stesso.

3. Anche il quarto motivo non è fondato.

3.1. Anzitutto, si rileva l’insussistenza dell’eccepito vizio di extrapetizione, giacchè – una volta che l’Isace aveva eccepito la prescrizione del rimborso delle spese di salvataggio e la De Lieto a sua volta aveva, controeccependo, indicato i vari atti interruttivi della prescrizione stessa – spettava correttamente alla Corte territoriale il potere di valutare se quegli atti fossero o meno idonei al fine dell’interruzione della prescrizione, non potendosi pretendere dalla controparte Isace l’onere di controdedurre in proposito, quanto meno nell’immediatezza dell’avversa controeccezione.

Vero è che, se la controeccezione (di avvenuta interruzione della prescrizione) non è stata proposta, gli atti interruttivi non possono essere rilevati d’ufficio, neppure se la prova di essi è acquisita al processo (v. Cass. civ, sez. 2^, 30.3.2001, n. 4704), ma nel caso di specie tale controeccezione era stata sollevata dalla De Lieto e, quindi, non poteva non essere esercitato dai giudici d’appello il potere di valutazione circa l’idoneità di tali atti all’interruzione della prescrizione, ancorchè la controdeduzione dell’Isace fosse stata articolata solo nella comparsa conclusionale (v. Cass. civ., sez. lav., 20.6.2002, n. 9016 – che riguarda, in particolare, un caso in cui l’eccezione di interruzione della prescrizione è stata fatta dall’interessato nello stesso atto introduttivo del giudizio, per prevenire l’eccezione di prescrizione di controparte, ed è stata accompagnata dalla produzione dell’atto documentativo del fatto interruttivo – dove si legge testualmente:

“fermo restando che spetta al giudice di merito il compito di interpretare e qualificare l’eccezione tenendo conto del contenuto del relativo assunto…”).

3.2. Quanto poi al dedotto vizio motivazionale, si rileva che l’accertamento da parte del giudice di merito circa l’efficacia o meno degli allegati e provati atti di interruzione del corso della prescrizione, se adeguatamente motivato, si sottrae al sindacato di legittimità (v. in proposito la sentenza, sopra citata, n. 9016/02).

E’ indubbio che nel caso di specie la Corte di merito abbia spiegato, con motivazione logica ed adeguata, le ragioni giustificatrici della sua decisione circa la mancata prova, da parte della De Lieto, di validi e tempestivi atti di interruzione della prescrizione in relazione alle varie voci di spese di cui la medesima aveva preteso il rimborso, facendo in particolare riferimento sia al fatto che gli atti allegati come interruttivi non risultavano connotati dai requisiti richiesti dall’art. 2943 c.c., comma 4 in quanto non contenenti una chiara volontà di messa in mora dell’allora Sace e comunque posti in essere oltre il termine annuale da calcolare al momento della notificazione della citazione in primo grado e sia al fatto che da parte della Sace non erano stati compiuti atti inequivocabilmente valutabili come riconoscimento dell’altrui diritto.

Le censure mosse alle argomentazioni in questione risultano assolutamente generiche, in quanto non contengono una precisa indicazione di carenze o lacune logiche identificabili nelle stesse, aggiungendosi – per completezza di motivazione – che la motivazione per relationem, adottata dai giudici di appello per alcune voci delle spese di salvataggio, con rinvio alle argomentazioni svolte in relazione a voci già esaminate, deve ritenersi perfettamente legittima, stante l’identità dei presupposti di fatto e di diritto delle situazioni in discussione.

4. Alla sostanziale soccombenza della ricorrente consegue la sua condanna alla rifusione in favore della controparte delle spese del presente giudizio di cassazione, che vengono liquidate come da dispositivo: concorrono, peraltro, giusti motivi per compensarle nella misura di 1/4, in considerazione della ritenuta formale fondatezza del primo motivo del ricorso.

PQM

Accoglie il primo motivo del ricorso, rigetta il secondo, il terzo ed il quarto motivo e, decidendo nel merito, rigetta l’appello incidentale della soc. De Lieto riguardante l’eccezione di prescrizione del credito vantato nei suoi confronti dall’Isace.

Condanna la ricorrente alla rifusione in favore di controparte dei 3/4 delle spese del giudizio di cassazione, che liquida per l’intero in Euro 17.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2010

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