Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3912 del 17/02/2020

Cassazione civile sez. lav., 17/02/2020, (ud. 14/11/2019, dep. 17/02/2020), n.3912

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. RAIMONDI Guido – rel. Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22823/2018 proposto da:

G.K., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GERMANICO

172, presso lo studio dell’avvocato CARLO GUGLIELMI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato DARIO ROSSI;

– ricorrente –

contro

LUCIANO TRASPORTI S.R.L.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1165/2018 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 28/05/2018, R.G.N. 1783/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/11/2019 dal Consigliere Dott. GUIDO RAIMONDI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELENTANO Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato DARIO ROSSI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Adito da G.K. con ricorso ai sensi della L. n. 92 del 2012 depositato il 30.10.2014, il Tribunale di Bari rigettava in sede sommaria la domanda della ricorrente diretta al riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato con la ditta Luciano Trasporti s.r.l. a far data dal 1.1.2014, quando aveva cominciato a prestare la propria opera di camionista, in coppia con il marito P.Y., parte di un parallelo giudizio nei confronti della stessa ditta, senza alcuna formalizzazione, mentre solo in data 10.1.2014 veniva stipulato un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, con un periodo di prova di novanta giorni. Il lavorator faceva valere di essere stato allontanato dal posto di lavoro verbalmente e senza nessuna giustificazione il 10.3.2014. Il Tribunale riteneva che non fosse stata fornita la prova dell’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato a partire dal 1.1.2014, per cui si doveva ritenere la validità del contratto di lavoro a termine con patto di prova stipulato il 10.1.2014, contratto idoneo a legittimare il recesso ad nutum del rapporto nell’arco temporale previsto, recesso che era stato giustificato dalla società datrice di lavoro con riferimento al mancato superamento del periodo di prova.

2. In sede di opposizione, il Tribunale di Bari confermava con sentenza la decisione assunta nella fase sommaria.

3. Nei confronti della sentenza del Tribunale la lavoratrice proponeva reclamo dinanzi alla Corte di appello di Bari. La società datrice di lavoro si costituiva per resistere all’impugnazione.

4. Con sentenza pubblicata il 28.5.2018, la Corte di appello di Bari rigettava il reclamo, confermando la sentenza impugnata, con la condanna della reclamante al pagamento delle spese del grado.

5. La Corte di appello concordava con il giudice di prime cure circa la mancata dimostrazione da parte della lavoratrice, a causa della lacunosità della prova testimoniale, dell’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato con la Luciano Trasporti a partire dal 1.1.2014, prova non raggiunta neanche in seguito all’escussione in appello di un ulteriore testimone. Inoltre, osservava la Corte di appello, anche a volersi basare sulle allegazioni della ricorrente, la prestazione dedotta sarebbe consistita in un unico viaggio, sia pure svoltosi nell’arco di diversi giorni e con varie tappe in diverse località italiane ed Europee, per cui non erano riconoscibili nella fattispecie gli elementi distintivi della subordinazione, rappresentati dallo stabile inserimento della lavoratrice nell’organizzazione produttiva, dal carattere continuo della prestazione. La Corte di appello aggiungeva che le stesse caratteristiche della prestazione allegata, apparivano poco compatibili con la dedotta sussistenza di una effettiva eterodirezione, idonea a caratterizzare un rapporto di natura subordinata a tempo indeterminato.

6. Inoltre, la Corte territoriale osservava che il contratto a tempo determinato assistito da patto di prova stipulato tra le parti il 10.1.2014 aveva natura novativa rispetto ad un eventuale pregresso rapporto di lavoro subordinato, per cui in ogni caso si doveva ritenere la validità dello stesso contratto.

7. Avverso la sentenza della Corte di appello di Bari G.K. propone ricorso per cassazione affidato a nove motivi. La società Luciano Trasporti s.r.l., regolarmente intimata, non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

2. Con il primo motivo G.K. lamenta l’omessa “valutazione” del fatto che la ricorrente guidasse in coppia (multipresenza) con il marito P.Y., nonchè la violazione degli artt. 115,116 e 416 c.p.c., artt. 2607,2712 c.c., art. 2 Reg. 3821/1985 CE, art. 15 Reg. 3820/1985 CE, art. 179 C.d.S., art. 11 bis, e dell’art. 4, lett. o) Reg. CE 5671/2006, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. In questo contesto vengono valorizzati in particolare gli stampati del cronotachigrafo digitale.

3. Con il secondo motivo la ricorrente si duole della violazione degli art. 115,116 e 416 c.p.c., artt. 2697 e 2712 c.c., art. 2 Reg. 3821/1985 CE, art. 15 Reg. 3820/1985 CE, art. 179 C.d.S., art. 11 bis, e dell’art. 4, lett. o) Reg. CE 5671/2006, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 “e/o” 4. Ciò, in via subordinata, sempre in relazione alla prestazione in “multipresenza” dei due coniugi, giacchè, in tesi, vi sarebbe stato un travisamento delle risultanze processuali.

4. Con il terzo motivo, relativo alla mancata ammissione di istanze istruttorie, il ricorrente lamenta violazione del suo diritto di difesa “e/o” nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 “e/o” omesso esame di un fatto decisivo del giudizio; violazione degli art. 112,115 e 116 c.p.c., art. 2697 c.c., art. 24 Cost., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 “e/o” n. 4 “e/o” n. 5. In questo contesto il ricorrente insiste sulla rilevanza delle proprie istanze relative all’esibizione di vari documenti, negandone il carattere generico ed esplorativo.

5. Con il quarto motivo, relativo “alla efficacia probatoria delle riproduzioni meccaniche e all’onere di contestazione gravante sulla convenuta”, si denuncia la violazione degli artt. 115,116 e 416 c.p.c., artt. 2697 e 2712 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 “e/o” 4. Erroneamente la sentenza impugnata non avrebbe dato peso al mancato assolvimento da parte della società datrice di lavoro del suo onere di contestazione, giacchè il disconoscimento operato dalla Luciano Trasporti, riferito non agli scontrini originali prodotti dal ricorrente, ma alle copie fotostatiche prodotte nella fase sommaria, non sarebbe stato per nulla specifico e circostanziato come richiesto dalla giurisprudenza.

6. Con il quinto motivo G.K., in relazione alla allegata natura subordinata dell’attività esercitata prima della formalizzazione del rapporto, lamenta la violazione dell’art. 2094 c.c., artt. 11 e 11bis CCNL Autotrasporto, D.Lgs. n. 285 del 2005, art. 12, D.M. 22 maggio 1998, n. 212, art. 12, art. 82 C.d.S., art. 416 c.p.c., e 2697 c.c.. Nullità della sentenza per violazione degli artt. 112,115 e 116 c.p.c., art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4. Omesso esame di un fatto decisivo del giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “e/o” 4 “e/o” 5.

7. Con il sesto motivo, relativo alla ritenuta “novazione del rapporto di lavoro subordinato ad opera del successivo contratto a termine”, la ricorrente si duole della violazione degli artt. 1230 e 1231 c.c., dell’art. 2697c.c., artt. 112, 115 e 116 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e della violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, per nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

8. Con il settimo motivo si deduce la nullità del patto di prova apposto al contratto di lavoro del ricorrente e si denuncia la violazione dell’art. 2096 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 Ciò in conseguenza dell’accertamento di un rapporto di lavoro subordinato a partire dal 1.1.2014.

9. Con l’ottavo motivo, relativo alla dedotta nullità del termine apposto al contratto di lavoro, G.K. lamenta la violazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Ciò sempre in conseguenza dell’esistenza del rapporto di lavoro dal 1.1.2014.

10. Con il nono, in via subordinata si denuncia la violazione degli Artt. 1230,1231 e 20196 c.c., e del D.Lgs. n. 368 del 2001, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione alla dedotta illegittimità del contratto a termine concluso tra le parti qualora dovesse ritenersi che l’intento delle parti fosse quello di costituire un rapporto di lavoro a termine fin dal 1.1.2014.

11. Deve essere esaminato con precedenza il quinto motivo di ricorso, inerente agli errori di diritto che sarebbero stati compiuti dalla Corte territoriale a proposito del mancato riconoscimento del rapporto di subordinazione tra la ricorrente e la ditta Luciano Trasporti, nonchè a vizi motivazionali sullo stesso punto.

12. In effetti, le altre doglianze proposte dalla lavoratrice non sono autonome, giacchè i primi quattro motivi attengono alla prova dell’effettività della prestazione lavorativa prima della formalizzazione del rapporto con la stipula tra le parti, il 10.1.2014, di un contratto a tempo determinato assistito da patto di prova, mentre i motivi dal sesto al nono attengono alla motivazione sussidiaria della sentenza impugnata, quella basata sulla natura novativa di quest’ultimo contratto.

13. Ora, per quanto riguarda il primo punto, la motivazione della sentenza impugnata, pur riferendosi, in accordo con il primo giudice, alla debolezza della prova offerta dalla lavoratrice, è basata sul mancato riconoscimento dei caratteri della subordinazione sulla base delle stesse allegazioni della ricorrente, assumendone in via ipotetica la realtà. Relativamente al secondo punto, i motivi in questione riguardano una motivazione sussidiaria, la cui critica dovrebbe essere presa in considerazione da questa Corte solo in caso di accoglimento del quinto motivo.

14. Tale però non è il caso, perchè quest’ultima doglianza non ha fondamento, il che comporta il rigetto dell’intero ricorso.

15. Nessuno dei tre profili prospettati, cioè errore di diritto, nullità della sentenza per non soddisfacimento del requisito del “minimo costituzionale” per la motivazione e omesso esame di un fatto decisivo del giudizio oggetto di discussione tra le parti, è meritevole di accoglimento.

16. Sotto il primo profilo la lavoratrice deduce in primo luogo che dal punto di vista legale l’utilizzo di un mezzo per autotrasporto di proprietà di terzi può avvenire o in virtù di un rapporto di lavoro subordinato o grazie ad un contratto di noleggio del mezzo senza conducente ad un’altra impresa di trasporto, ciò che richiede t l’iscrizione all’albo degli autotrasportatori, condizione che la signora G. non soddisfa (come suo marito). Da varie norme di legge, regolamentari e collettive (in particolare il D.Lgs. n. 286 del 2005, art. 12, comma 5), emergerebbe secondo la ricorrente che, in caso di irregolarità, vi sarebbe una presunzione legale di lavoro subordinato. Analoghe considerazioni vengono svolte in ordine al D.M. 22 maggio 1998, n. 212, art. 12, e all’art. 82 C.d.S. e ss..

17. Il Collegio osserva a questo riguardo come, sebbene dalla violazione delle norme invocate possa derivare, evidentemente, una responsabilità amministrativa del legale rappresentante dell’impresa, non si possa parlare di presunzione legale. In particolare, il D.Lgs. n. 286 del 2005, art. 12, comma 5, statuisce che, in caso di irregolarità, oltre alle sanzioni amministrative, si applicano “le sanzioni previste dalle vigenti disposizioni in materia di rapporto di lavoro dipendente”. Non è possibile ricavare da questa frase, nè dalle altre norme invocate dalla ricorrente, la volontà di stabilire una presunzione legale di subordinazione, perchè la norma si limita, senza ambiguità, a far salvo il regime sanzionatorio pertinente in tema di rapporto di lavoro dipendente, ma non contiene alcun elemento che possa condurre ad estendere il perimetro della fattispecie legale di cui all’art. 2094 c.c., ovvero a stabilire presunzioni legali di subordinazione. Anche in ipotesi di guida irregolare di automezzi da trasporto si deve dunque ritenere che il giudice mantenga il proprio potere di accertare la subordinazione (o, come in questo caso, la sua mancanza).

18. Quanto alle disposizioni collettive invocate dalla ricorrente, esse sono assolutamente compatibili con la soluzione adottata dalla sentenza impugnata. In particolare, gli artt. 11 e 11 bis del CCNL di settore, unitamente al D.Lgs. n. 234 del 2007, art. 3, n. 1, lett. c,) n. 2 , si limitano a sancire che per gli autisti il posto di lavoro è “il veicolo usato dalla persona che effettua operazioni mobili di autotrasporto per lo svolgimento delle sue mansioni” e a descrivere l’attività di autotrasporto, ma nulla dicono quanto agli elementi che permettono di individuare il vincolo della subordinazione, essendo pacifico che la prestazione di guida in autotrasporto può effettuarsi sia in regime di lavoro autonomo sia in regime di subordinazione.

19. La sentenza impugnata viene poi criticata in relazione agli elementi presi in considerazione per escludere la subordinazione. In sostanza la Corte territoriale non avrebbe considerato che nell’autotrasporto il posto di lavoro è il camion e che tutto il lavoro si compie in trasferta. La lavoratrice valorizza il fatto che i trasporti erano eseguiti per conto della ditta, cui il mezzo apparteneva, che le direttive in ordine ai luoghi di carico e scarico, ai tempi di consegna e alle destinazioni erano impartite ovviamente sempre dalla ditta, la permanenza sul mezzo aziendale per tutta la durata del periodo in questione, la molteplicità dei viaggi, e il fatto che la ricorrente non dispone di alcun mezzo aziendale e non ha assunto alcun rischio d’impresa.

20. In realtà queste considerazioni non sono idonee a scalfire la statuizione sul punto della sentenza impugnata, la quale è corretta nella sua affermazione in diritto secondo la quale per caratterizzare un rapporto di lavoro a tempo indeterminato occorre considerare lo stabile inserimento del lavoratore nell’organizzazione produttiva, il carattere continuo della prestazione ed una “effettiva eterodirezione”, anche in tema di trasporto su strada. Come si è detto, la prestazione di guida per autotrasporto può svolgersi sia in regime di lavoro autonomo sia in regime di lavoro subordinato. Come questa Corte ha più volte osservato, in tema di lavoro subordinato, la sporadicità dell’attività prestata e l’affidamento – secondo indicazioni di massima e con possibilità del lavoratore di accettarli o meno – di compiti saltuariamente svolti, sono idonei ad escludere la configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato, denotando tali aspetti la mancanza di eterodirezione e dell’inserimento stabile e costante del lavoratore nella compagine organizzativa aziendale (tra molte, Cass. n. 25204 del 2013, n. 58 del 2009 e n. 7304 del 1999).

21. Ora, spetta al giudice del merito accertare il comportamento tenuto dalle parti nell’attuazione del rapporto di lavoro al fine della conseguente qualificazione dello stesso come lavoro autonomo ovvero come lavoro subordinato e la relativa valutazione non è censurabile in cassazione ove correttamente ed adeguatamente motivata (Cass. n. 1238 del 2011). In questo caso la Corte territoriale è giunta alla conclusione che, esaminando le caratteristiche del lavoro prestato dalla ricorrente secondo le sue stesse allegazioni, in particolare l’essersi trattato di un unico seppur lungo viaggio di andata e ritorno, sia pure con varie tappe intermedie, non erano riconoscibili le caratteristiche del lavoro subordinato.

22. Sotto quest’ultimo profilo, quello motivazionale, la ricorrente deduce sia la nullità della sentenza per assoluta insufficienza della motivazione, che sarebbe al di sotto del cosiddetto “minimo costituzionale” sia l’omesso esame di un fatto decisivo.

23. Relativamente al primo aspetto, come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 8053 del 2014, la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella ” motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (v. anche Cass. 12.10.2017 n. 23940; Cass. 25.9.2018 n. 22598).

24. Alla luce di questi principi, ritiene il Collegio che la sentenza impugnata non meriti l’accusa che il ricorso muove ad essa di essere basata su di una motivazione inferiore al “minimo costituzionale”. La sentenza della Corte territoriale è chiara nell’escludere la subordinazione in assenza dei caratteri suoi propri, in particolare l’inserimento stabile del lavoratore nell’organizzazione produttiva, la continuità della prestazione e la eterodirezione. La motivazione permette di comprendere i motivi di fatto e di diritto della decisione oltre che le ragioni e l’iter logico seguito dal giudice di appello per raggiungere il proprio convincimento. Pertanto, l’iter seguito dai giudici di seconde cure è stato logicamente e sufficientemente esplicitato e ciò conduce a ritenere, pertanto, insussistente la violazione denunciata.

25. Infine, per quanto riguarda il denunciato vizio di omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nuovo testo, la doglianza è inammissibile. In questo caso la sentenza impugnata ha confermato la decisione di prime cure, per cui si verte in un caso di “doppia conforme” ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., comma 5. In questi casi, per evitare l’ipotesi di inammissibilità prevista dalla detta disposizione, il ricorrente deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della decisione di appello e dimostrare che esse sono diverse tra loro (tra molte, Cass., n. 10897 del 2018). Una tale comparazione manca del tutto nel ricorso.

26. Tornando agli altri motivi di ricorso, i primi quattro sono inammissibili sia perchè sono nella sostanza diretti a censurare la motivazione della sentenza impugnata, e quindi soffrono della stessa ragione di inammissibilità di cui si è appena detto, mancando anche qui la comparazione con la motivazione della sentenza di prime cure volta a dimostrare l’inesistenza di una “doppia conforme” sia perchè le doglianze in esame riguardano la prova delle circostanze di fatto allegate dalla ricorrente, questione ininfluente rispetto alla ragione del decidere della sentenza impugnata, che ha fondato il proprio assunto sulla base delle stesse allegazioni.

27. Sono inammissibili anche i motivi da sei a nove, perchè come detto essi si riferiscono ad una motivazione sussidiaria della sentenza impugnata, mentre a sorreggere la stessa decisione è sufficiente l’accertamento negativo del rapporto di lavoro subordinato tra la ricorrente e la ditta Luciano Trasporti per il periodo antecedente la stipula del contratto a termine con patto di prova del 10.1.2014, giacchè le doglianze sollevate in questi motivi danno per presupposto proprio l’accertamento di quel rapporto o comunque, in via gradata, per quanto riguarda l’ultimo motivo, un rapporto di lavoro subordinato a termine, pure implicitamente escluso dalla sentenza impugnata. L’accertamento negativo del rapporto di subordinazione, invece, come si è visto, non è stato efficacemente censurato con il ricorso, in particolare con il quinto motivo; di qui, l’inammissibilità delle doglianze in esame.

28. Successivamente all’esposizione del nono motivo, il ricorso, sotto il numero “11” (pag. 52), richiama quanto esposto negli atti di merito relativamente alla quantificazione della retribuzione globale di fatto da utilizzarsi per il calcolo dell’indennità risarcitoria da riconoscere in tesi al lavoratore. Il punto non è presentato come doglianza. Si tratta comunque di rilievi inconferenti.

29. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso è quindi complessivamente da rigettare.

30. Non vi è luogo a liquidazione di spese, non avendo la società intimata svolto attività difensiva in questa sede.

31. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 14 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2020

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